7 novembre 2017

PIAZZA CASTELLO E IL CONCORSO INTERNAZIONALE

Qualche considerazione prima di una scelta definitiva


Le ripetute intenzioni espresse dal Comune di Milano di creare più zone pedonali nel Centro Storico della Città non possono che essere elogiate. Rientra in questo disegno la decisione di vietare il traffico automobilistico all’interno di Piazza Castello e proseguire così facendo la operazione già collaudata in Corso Vittorio Emanuele, Piazza del Duomo e Via Dante.

07gardella37FBTuttavia la pedonalizzazione di alcune piazze e di alcune vie richiede molta attenzione ed esige la capacità di prevedere le conseguenze che subirà la circolazione in prossimità delle zone rese pedonali. Ed è ciò che il Comune si è dimenticato di fare: la abolizione dei veicoli in Piazza Castello ha provocato pesanti inconvenienti stradali lungo il percorso del vicino Foro Bonaparte.

Si sarebbe dovuto tentare un intervento di raggio più ampio e pensare ad un tunnel interrato sotto Viale Gladio per collegare Viale Alemagna con Via Legnano ed evitare il transito lungo Foro Bonaparte. Viale Gadio, oggi polveroso e trascurato percorso pedonale, dovrebbe diventare una piacevole passeggiata fiancheggiata lungo i suoi due lati rispettivamente dagli alberi del Parco e dalle Mura del Castello.

Se è stato un errore non avere pensato alle negative conseguenze viabilistiche prevedibili dopo il divieto di circolazione in Piazza Castello non si può negare tuttavia che sia stato un grande merito avere deciso la pedonalizzazione della Piazza; ed avere successivamente bandito, circa un anno fa, un concorso per la sistemazione di questa località milanese unica, inconfondibile, eccezionale per la sua forma a mezzaluna e per la presenza imponente del Castello Sforzesco.

Oggi, liberata dal traffico, Piazza Castello si presenta come un grande spazio vuoto, dispersivo, poco accogliente, privo di una sua destinazione chiara e senza una funzione precisa. Il Concorso avrebbe dovuto trasformare e dare vita a questo luogo per trovargli una vocazione decorosa e definitiva; ma così non è stato. E’ passato quasi un anno dalla premiazione dei concorrenti, ma del destino di Piazza Castello non si sente più parlare.

Già nel Bando di Concorso comparivano alcune pesanti lacune; tra queste la più grave era la perimetrazione dell’area di intervento che veniva circoscritta soltanto alla zona di Piazza Castello, Largo Cairoli, via Beltrami; e non allargata a comprendere il complesso del Castello Sforzesco né estesa al retrostante Parco Sempione.

Piazza Castello è uno spazio unico e non comune sia per le sue eccezionali dimensioni sia per la sua insolita forma ad arco. Come tale va difeso, potenziato, valorizzato. Sarebbe errore gravissimo distruggerne e spezzarne la continuità che va dall’uno all’altro dei suoi due estremi. Sarebbe un delitto affastellare in questo grande ampio imponente spazio una miriade di aggiunte accessorie. Sfortunatamente così è stato poi fatto dalla maggior parte dei concorrenti che invece hanno riempito ogni angolo libero con padiglioni, chioschi, opere d’arte, panchine, muretti, lampioni, totem, pali luminosi (e sonori!), tettoie, vasche d’acqua, dislivelli di terreno, rampe, gradini, aiuole, ed infiniti altri oggetti del tutto superflui e casuali.

La Piazza al contrario non deve essere concepita come un grande deposito a cielo aperto da riempire di cose inutili ed insignificanti; come una immensa spianata entro cui far stare qualsiasi oggetto di aspetto curioso, divertente, originale. E’ bene che rimanga interamente vuota: libera da intrusioni, priva di corpi ingombranti, sgombra da aggiunte non necessarie. E’ bene che resti il magnifico vuoto a forma di mezzaluna che fa da superba corona alla mole del Castello. E’ indispensabile che conservi una grande flessibilità d’uso per potere accogliere manifestazioni di ogni tipo e di volta in volta diverse.

Oggi la Piazza è uno spazio male definito e squilibrato. Mentre il semicerchio verso la città è chiuso da una perfetta e nobile cortina di palazzi eclettici, il semicerchio verso il Castello presenta il margine slabbrato, irregolare, impreciso di un prato poco fruibile risalente sino ai piedi del Castello.

Foto a pagina interaSe lungo questo margine di sicuro non decoroso venisse elevato un porticato continuo, ininterrotto e prolungato per tutta la lunghezza del semicerchio, lo squilibrio della Piazza verrebbe corretto; la attuale incerta delimitazione del suo lato verde verrebbe corretta; la omogeneità dell’involucro verrebbe riacquisita. I due lati in curva, una volta che si presentassero interamente costruiti, conferirebbero alla piazza la dignità di un luogo ben delimitato, ben individuato, ben concluso; e lo racchiuderebbero in un involucro architettonico perfettamente leggibile.

Il porticato sarà di altezza ridotta per non ostacolare la vista né degli alberi retrostanti né del Castello leggermente sopraelevato; sarà di profondità contenuta sia per non erodere il verde che scende dalle mura sia per non restringere il centro della Piazza; sarà fiancheggiato lungo il lato verso il Castello da piccoli negozi che lo renderanno frequentato ed animato; ed infine pur essendo costruito in forme moderne sarà conforme al ritmo ed alle cadenze che caratterizzano la architettura de Palazzi eclettici allineati di fronte. Verrà così ripresa la saggia prescrizione del piano Beruto che disciplinava l’edilizia dell’intero complesso di Via Dante, Largo Cairoli, Foro Bonaparte e Piazza Castello; e che stabiliva regole chiare e precise da rispettare sia nelle altezze di gronda sia nel ritmo delle aperture di facciata.

Piazza Castello è uno spazio per il momento senza una destinazione soddisfacente. Come individuarne una appropriata e rispondente alle esigenze dei cittadini? La risposta viene data dalla attualissima e dibattuta proposta di apertura dei Navigli. Pensare di ricostituire l’intero percorso dei vecchi Navigli è una magnifica utopia, un sogno affascinante ma irrealizzabile. Ma non è una utopia riportare l’acqua all’interno della città; non è una utopia introdurre questa presenza magica ed affascinante in alcune zone particolari dell’abitato, in alcuni punti di eccezionale interesse urbano. L’elemento liquido sottratto quasi cento anni fa alla cerchia dei Navigli ritornerebbe in città sotto forma di vasche, di fontane, di specchi d’acqua, di bacini, di piccoli laghi, di brevi canali, di presenze idriche distribuite con sapienza paesaggistica all’interno del tessuto urbano.

Piazza Castello rientrerebbe nella serie di questi luoghi speciali ed acquisterebbe un inatteso, impensato, attraente fascino. L’anello di asfalto che oggi percorre il centro della Piazza si trasformerebbe in un bacino a forma di arco, in uno specchio d’acqua semicircolare. Un ponte attraverserà l’acqua in asse con la Torre del Filarete ed il vialetto alberato già esistente continuerà ad assicurare l’accesso pedonale e carraio ai Palazzi allineati lungo la sponda verso città; mentre sull’altra sponda verso il Castello l’acqua andrà a lambire le arcate del porticato; la copertura di quest’ultimo ospiterà una passeggiata sopraelevata concepita per dominare dall’alto la veduta sul sottostante bacino.

La presenza di acqua circondata da edifici può vantare esempi precedenti ed autorevoli sia in Italia che all’estero. In Italia il Prato della Valle a Padova è una spianata ellissoidale percorsa da un canale curvo e concentrico dal preciso disegno geometrico.

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In Germania il recinto delle Zwinger a Dresda è un recinto porticato occupato all’interno da un bacino d’acqua di elegante disegno in stile barocchetto .

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Perché anche Milano non potrebbe avere un suo lago dalla curiosa forma ad arco? Perché non potrebbe offrire lo spettacolo di un limpido specchio d’acqua in cui si riflettono la Torre del Filarete e le alte mura del Castello?

Tra le opere presentate dai vari concorrenti è da segnalare il progetto di Angelo Torricelli per il modo coraggioso ed originale con cui viene risolto il difficile problema urbanistico rappresentato dallo slargo di Via Luca Beltrami: slargo non facilmente definibile perché troppo largo e troppo corto per essere una via e d’altra parte poco circoscritto e mal delimitato per apparire una piazza.

Foto a pagina interaLa soluzione proposta da Torricelli è astuta e brillante: non essendo facile risolvere la destinazione da dare alla via si è avuto il coraggio di abolirla e di farla scomparire del tutto: un fitto boschetto di alberi la sostituisce e la riempie. L’idea è ripresa da una sistemazione neoclassica dell’architetto Karl F. Schinkel (1781-1841), segno eloquente della buona conoscenza storica posseduta dal progettista.

È da notare che nel progetto di Torricelli il boschetto viene usato non come elemento ornamentale per decorare un ambiente ma come volume architettonico per costruire uno spazio; ed è concepito non come un gradevole giardinetto disegnato da un abile paesaggista ma come una fitta massa di vegetazione progettata dalla mente di un vero architetto. Era necessario separare due situazioni ambientali dissimili e tra loro incompatibili: Piazza Castello dominata dalla residenza medioevale degli Sforza; Largo Cairoli circondato dal perimetro dei palazzi ottocenteschi e collegato sia spazialmente che viabilisticamente con Foro Bonaparte di cui rappresenta il dignitoso baricentro. Tra i due ambienti urbani di Largo Cairoli e di Piazza Castello era giusto interporre una massa compatta e piena là dove oggi si estende la anonima e vuota spianata di Via Beltrami priva di forma e di significato.

La esposizione dei progetti tenuta nella Sala Viscontea del Castello era stata presentata in veste così povera ed affrettata da domandarsi se il Comune abbia ancora interesse a sistemare Piazza Castello oppure se lascerà morire la iniziativa e tutto rimarrà come prima.

Jacopo Gardella



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