31 ottobre 2017

TAGLI AGLI ENTI LOCALI E TAGLIA EXTRA-LARGE PER LA REGIONE

Problematici riflessi delle riforme a strappi


Il 24 ottobre si sono tenuti a Palazzo Isimbardi gli “Stati generali sul futuro della Città metropolitana di Milano” all’ombra del clamoroso esito del referendum regionale. Futuro prossimo poiché si tratta di chiudere con una pezza il bilancio 2017 mentre “la prospettiva per il 2018 appare tuttora segnata da elevata criticità … in un quadro segnato acuta sofferenza” (dal documento conclusivo) causa tagli ai trasferimenti che hanno gravato nel quinquennio per circa il 40% della spesa corrente.

04ballabio36FBDunque la questione si ridurrebbe, come emerso dalle scarne parole del Sindaco anche metropolitano, nel far quadrare i conti sostenendo un’estenuante trattativa mercantile tra Governo, ANCI ed enti locali? Oppure la grave situazione economico-finanziaria che si è determinata non è la causa bensì l’effetto di un ancor più grave deficit di prospettiva politica, di caos delle idee in materia istituzionale seguente la fallita riforma costituzionale dell’anno scorso.

Per la verità lo stesso Sindaco Sala ha ammesso, a denti stretti, la incongruità della legge Delrio nelle condizioni attuali, e la discussione in aula – non solo negli interventi delle minoranze – ha rilevato la necessità di una sua revisione. In realtà tale legge non è emendabile; però dall’esperienza del suo esaurimento risulterebbe possibile, se la nostra politica fosse più avveduta e lungimirante, trovare la via per una reimpostazione generale dell’assetto istituzionale locale e intermedio.

Qui la questione si intreccia con il recente referendum regionale teso – nelle intenzioni dei promotori e degli incauti sostenitori – ad ampliare competenze e funzioni nelle materie “concorrenti” elencate all’articolo 117 della Costituzione, con l’obbiettivo di un’ulteriore espansione burocratico-amministrativa della maxi-regione, ovvero di aggravare i difetti già generati dalla parte più discutibile della riforma del Titolo V del 2001.

Tale riforma, operata dal centro-sinistra al termine di una tormentata legislatura, ebbe infatti origine da due spinte contrastanti. Da un lato il modello europeo improntato al principio di sussidiarietà che aveva mosso il trattato di Maastricht, con gli articoli 114 e 118 che configurano una scala di livelli istituzionali progressivi e non interferenti. Dall’altro la spinta separatista / federalista della Lega della prima ora che indusse, con il classico meccanismo della “rivoluzione passiva”, l’incerta maggioranza dell’epoca a consentire un’ampia sovrapposizione di poteri statali e regionali (artt. 116 e 117).

Il primo scenario è aperto e inclusivo: io sono nello stesso tempo cittadino del quartiere e del comune, della provincia e della regione, della nazione e dell’Europa, potenzialmente del mondo. Il secondo scenario è chiuso ed esclusivo: sono padrone in casa mia e autonomista / indipendentista entro un recinto ritenuto identitario. Va comunque riconosciuto che la Lega ha esercitato per più di un ventennio, nel bene e ancor più nel male, una vera e propria egemonia sulla questione istituzionale, rimorchiando all’inseguimento un centrosinistra abulico e subalterno (fino all’improvvido strappo renziano Boschi-Delrio) e ultimamente anche un cinquestelle ignaro e innocuo.

Che fare allora? I guasti sono irreversibili o è possibile, registrati gli errori, invertire la rotta? Sulla carta la soluzione è duplice e insieme semplice. Primo: abolire le modifiche perverse nel rapporto Stato-Regioni introdotte nel 2001 per tornare al resto aureo del 1948. Secondo: abrogare la legge Delrio e rovesciarla per ricostruire con i piedi per terra un sistema istituzionale razionale, essenziale, sostenibile.

Ma nella realtà il compito appare purtroppo al di là della portata di una classe dirigente – non solo politica – timida e reticente, come evidenziato dagli apporti formali e rituali (molti auspici e pochi stimoli) espressi anche dai rappresentanti delle organizzazioni sociali, economiche e sindacali componenti gli “Stati generali” metropolitani!

Valentino Ballabio



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