18 ottobre 2017

CHE FARE CON I BENI CONFISCATI A MILANO?

Riflettere su legalità e nuove opportunità per le associazioni del terzo settore


La Lombardia è la quinta regione italiana, dopo Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, per numero di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Secondo i dati dell’ANBSC, Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, solo nel 2016 risultano confiscati in Lombardia 1.266 immobili pari al 7,2% del totale nazionale.

08livigni34FBAnche il numero delle aziende sequestrate (283) è significativo, dato che fa della Lombardia, dopo Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, la quinta regione per entità del fenomeno. Quasi il 50% dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata è già stato destinato agli enti territoriali, il 41% è in gestione all’ANBSC e il resto mantenuto dallo Stato.

Tali numeri significativi fanno, certamente, riflettere sulla presenza, diretta o indiretta, della criminalità organizzata in Lombardia, nel recente passato, e, del resto, la cronaca giudiziaria di questi anni ha mostrato il radicamento delle mafie in Lombardia, anche in località in cui il fenomeno pareva distante.

Il decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159 (cosiddetto Codice Antimafia) prevede che l’azione di contrasto patrimoniale dello Stato alla criminalità organizzata si articoli in due grandi fasi. La prima comprende indagini e attività svolta per giungere ad individuare, sequestrare e confiscare i beni, la seconda l’uso che Stato ed enti locali fanno dei patrimoni e dei beni confiscati.

Si ricorda che, con il riformato Codice Antimafia, diventato legge in data 27 settembre, viene, anche, riorganizzata l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, dotata di un organico di 200 persone, che rimane sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno, con sede centrale a Roma e un direttore (non necessariamente un prefetto ma anche un tecnico esterno) che si occuperà dell’amministrazione dei beni dopo la confisca di secondo grado.

Vengono, quindi, ridefiniti i compiti, potenziata l’attività di acquisizione dati e il ruolo in fase di sequestro dell’Agenzia, con l’obiettivo di consentire un’assegnazione provvisoria di beni e aziende che possono essere destinati anche ad associazioni ed enti del terzo settore.

La maggior parte dei beni immobili confiscati, come si accennava in precedenza, si trova nella provincia di Milano dove maggiore è la presenza della criminalità organizzata. Ecco qualche esempio, fra tanti, per dare l’idea del fenomeno che va dal centro alla periferia. Appartengono alla vasta categoria dei beni confiscati a Milano alcuni appartamenti, in zona centrale, acquistati grazie a patrimoni formati con prestiti a usura, così come alcuni negozi, in periferia, utilizzati per il commercio di stupefacenti e come base per inviare danaro sporco verso la Svizzera.

Altrettanto, sono state sottoposte a confisca alcune lavanderie in cui, accanto all’attività lecita, vi era traffico di droga e anche una lussuosa villa, vicino all’Abbazia di Chiaravalle, vero e proprio quartier generale della criminalità, da dove partivano ordini per il narcotraffico internazionale.

I beni confiscati a Milano e in Lombardia raccontano storie di malavita organizzata, infiltrazioni mafiose, presenza sul territorio e ramificazioni anche in politica che, negli ultimi vent’anni, hanno portato ad inchieste e arresti.

Operazioni che hanno coinvolto membri e affiliati di famiglie di spicco della criminalità organizzata, nomi noti per la loro presenza e pervicacia nel gestire attività illecite e nel conquistare fette sempre più grandi di affari, dall’import export della frutta allo smaltimento dei rifiuti. Mafie inserite nel sottobosco della società.

Attualmente, il patrimonio di beni confiscati e trasferiti al Comune di Milano conta 172 unità immobiliari, 163 assegnate e 9 in fase di acquisizione da parte dell’Amministrazione. Come previsto dalla legge, il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata ha un fine strettamente sociale, 42% beni viene utilizzato per finalità di housing sociale, 10% per finalità educative (asili, centri educativi etc) e 16% per assistenza a disabili e anziani.

È quindi auspicabile che, a latere dell’impegno nella gestione dei beni confiscati, lo Stato e gli Enti locali favoriscano, con bandi ad hoc, le associazioni del terzo settore che possano gestire questi beni per finalità utili alla collettività. Infatti, si tratta spesso di immobili di notevoli dimensioni, a volte interi plessi o cascinali, di cui è necessaria manutenzione costante ed in alcuni casi veri e propri lavori di ristrutturazione.

Spesso, le associazioni che operano sul territorio e che si occupano di educazione primaria, servizi culturali o servizi sociali non dispongono di fondi per la gestione straordinaria di tali beni e devono essere concretamente aiutati, direttamente o indirettamente, con sgravi fiscali. Solo così i beni confiscati alla criminalità potranno, davvero, essere messi a disposizione della collettività per il bene dei soggetti più deboli, creando quel senso di riscatto, anche simbolico, di cui si sente necessità e aiuto concreto al mondo dell’associazionismo, così rilevante nell’equilibrio della nostra città.

Ilaria Li Vigni



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