19 settembre 2017

SETTIMANA EUROPEA DELLA MOBILITÀ: OLTRE LO SHARING

Creare nuovi percorsi sostenibili condividendo anche spazi privati


Anche quest’anno dal 16 al 22 settembre a Milano si svolgeranno gli eventi per la Settimana Europea della Mobilità Sostenibile (European Mobility Week). Ad oggi (16/09/2017) risultano iscritte 48 nazioni per un totale di 2.310 città. Sebbene le iscrizioni siano aumentate in modo sensibile nell’arco dell’ultima settimana, la partecipazione complessiva si attesterà probabilmente sui numeri dell’anno scorso.

03pontiFB_Austria e Spagna contano le maggiori partecipazioni anche questa volta, seguite dall’Ungheria. L’Italia ha recuperato posizioni nell’arco degli ultimi giorni, superando la soglia di 100 città iscritte. Interessante che le partecipazioni italiane siano rapidamente aumentate nell’ultima settimana (da 44 a 115), così come la presenza di Cagliari sottoforma di Città metropolitana, unica nell’elenco con questa fattispecie, interpretando in chiave strategica il senso dell’iniziativa.

Milano si è inserita formalmente nell’elenco dei partecipanti negli ultimi giorni, ma con un ricco calendario di eventi a tema. Gli eventi spaziano da incontri e seminari a laboratori, da installazioni sperimentali a promozioni di scelte sostenibili. Il tema della Settimana Europea della Mobilità di quest’anno è “sharing”, e per una volta sarebbe bello non riferirsi solo alla condivisione di mezzi e modi che costituisce sì il fondamento della mobilità sostenibile, ma risulta essere argomento ormai ampiamente trattato sia in campo teorico che operativo. Le esperienze di sharing nelle principali città italiane (ed estere) sono ormai diffuse, con molteplici esperienze, e sufficientemente solide proprio a Milano (Car2go, Enjoy, solo per citare le più pubblicizzate). Contrariamente alla natura sociale della strategia di condivisione, il fenomeno è evoluto a tal punto, da avvicinarsi a uno strumento potremmo dire di “intermediazione speculativa”, ancorché commercialmente di successo, e dai contenuti etici in secondo piano.

Allora, perché non pensare a cos’altro condividiamo che ha a che fare con la mobilità? L’aria? Sì certo, ancora non può essere di proprietà privata. Ma non possiamo risparmiarla respirando di meno, solo inquinarla meno riducendo le emissioni. Nessuna novità fin qui: la qualità dell’aria è già alla base dell’evento.

Allora, perché non provare invece a condividere lo spazio? Ma non pensiamo sempre e solo all’oggetto “strada”. Pensiamo ai marciapiedi, dove da norma del codice stradale non si potrebbero utilizzare biciclettine, monopattini e skate (accolte nel limbo della tolleranza).

E, cosa ancor più difficile, proviamo a uscire dal confine della città moderna iperefficiente e cerchiamo di immaginare come interpretare la stessa visione di alternativa modale, sostenibile ma efficiente, in contesti suburbani, di provincia , laddove spesso l’auto privata risulta essere l’unico reale modo di trasporto. Pensiamo agli spazi verdi o informali anche – e soprattutto – privati che potrebbero essere utilizzati per rendere più facilmente raggiungibili scuole, parchi e palestre, evitando le correnti di traffico veicolare.

Ho in mente un comune in provincia di Varese – circa 4.000 anime – una nuvola di frazioni poco connesse fra loro e con il centro storico. Un luogo – come ce ne sono tanti nelle aree a bassa urbanizzazione – dove non esiste alternativa all’auto, anche per la più innocente commissione. Qui, fra boschi e strade poderali, reti e recinti di pascolo, piuttosto che qualche pertugio fra villette o gli spazi delle corti, il poter condividere stringhe di spazio, privato, in punti strategici, potrebbe rendere i percorsi con modi sostenibili così efficaci da diventare più attrattivi di quelli su auto.

Sia chiaro, è un sogno: come coinvolgere privati, amministrazioni, utenti, scuole e sciogliere i nodi anche giuridici di tali contesti? Sarebbe bello se canali di finanziamento quali il bando regionale per “Infrastrutture verdi a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità” considerassero anche questa lettura del territorio, ovvero che il senso di rendere pubblico (ovvero condiviso dalla cittadinanza o meglio ancora fra i cittadini) ciò di cui la cittadinanza ha realmente bisogno.

Claudia Ponti



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