26 luglio 2017

IL “SISTEMA” DELLE IMPRESE CULTURALI FATTORE DI SVILUPPO

La missione cultura e l'utilità sociale


La premessa, o meglio, la precondizione è la consapevolezza che la cultura sia fattore costitutivo, e non aggiuntivo, dello sviluppo sociale ed economico. Il corollario conseguente è il riconoscimento della rilevanza del sistema delle imprese culturali nella crescita dell’economia del presente e del futuro, del loro strategico valore sociale per la capacità di produrre welfare e integrazione.

06bocci28FBLa necessità di una maggiore consapevolezza di questo valore da parte dei diversi livelli istituzionali, è condizione necessaria ma non sufficiente per cambiare punto di vista. La volontà e capacità di dare reputazione al comparto, di sostenerne le reti e di raccontare esperienze e risultati, aiuta.

Questo il punto di partenza della prima Conferenza Nazionale dell’Impresa Culturale La Cultura fa Impresa, promossa da Federculture insieme ad Agis, Alleanza Cooperative Italiane, Ministero del Turismo e Beni Culturali e Forum nazionale del Terzo Settore, che con scelta coraggiosa e felice si è svolta il 5 luglio a L’Aquila, città di intensa bellezza, ancorché ferita dal terremoto.

Tanti soggetti – gestori di musei, teatri, monumenti, aree archeologiche, centri di produzione culturale – che tengono insieme buona cultura e buona impresa culturale, si sono confrontati tra loro e con referenti istituzionali, sugli elementi distintivi del sistema culturale, sulle possibilità di fare fruizione pubblica, sulla necessità di presenza qualificata e qualificante di associazioni culturali per produrre benessere sociale, sulla sostenibilità dei progetti, sul rapporto con le Istituzioni pubbliche e sulle possibilità di riforme e strumenti di sostegno e agevolazione.

Federculture ha presentato a inizio lavori un dossier molto articolato illustrato dal suo Direttore Claudio Bocci e discusso nel corso della giornata di approfondimento. Qualche dato.

Il sistema delle imprese culturali, non ancora compiutamente codificato, fa parte del più vasto comparto delle “imprese culturali e creative” (da cui le culturali si distinguono per la finalità pubblica) che raggiungono complessivamente quasi un milione e mezzo di occupati, il 6% del totale, e producono economia per quasi 90 miliardi di euro.

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Per guardare in casa nostra, in Lombardia le imprese culturali e creative, sommate arrivano a più di 30.000 e crescono di anno in anno, con Milano come centro trainante. Quali gli obbiettivi futuri di un’impresa culturale emersi dal confronto de L’Aquila? Semplificare: rapportarsi in modo più semplice con le istituzioni. Essere sostenibile e misurabile in termini di valore aggiunto. Coniugare missione culturale a finalità di utilità sociale.

Se a livello locale le amministrazioni riconoscono alla cultura la valenza di asse strategico di sviluppo, gli strumenti attuativi capaci di dare risposte e soluzioni, gestionali e amministrative  non sono adeguati, ma obsoleti e troppo complicati. Occorre maggiore semplificazione nel contesto normativo, procedurale e fiscale. Bisogna studiare e applicare nuove forme per regolare i rapporti di partenariato pubblico-privati e i contributi agli investimenti, introdurre incentivi all’occupazione e agevolazioni fiscali.

È urgente ripensare il modello dei bandi per la gestione di Beni e risorse comuni, come dice Claudio Bocci, non è sufficiente copiare i precedenti, o riferirsi a modalità buone per altri ambiti, ma inadeguate a quello culturale. Non esiste un unico modello buono per tutti. Snellire procedure per la concessione o la co-gestione del bene culturale per favorire partenariati, e ripensare il sistema di agevolazioni per le donazioni e sponsorizzazioni.

Una chiave di volta è che le Istituzioni locali investano sulla formazione degli operatori  e funzionari amministrativi in ambito culturale, perché nonostante i 50 master universitari sparsi in Italia, mancano professionalità specifiche di tipo istituzionale nelle strutture pubbliche. Ottima la proposta uscita dalla Conferenza de L’Aquila di dare vita a una Scuola di governo per lo sviluppo locale a base culturale per affiancare amministratori pubblici e operatori nel processo di progettazione e gestione di politiche culturali integrate.

Sostenibilità e valutazione (accountability) sono due obiettivi centrali: dati obbiettivi chiari e precisi l’impresa deve essere capace di durare nel tempo e le sue azioni devono poter essere misurabili non solo in tema di fruizione pubblica e resa economica, ma anche di ricadute positive in termini di welfare sul territorio, tenendo insieme vocazione culturale e finalità sociale. Il rapporto con le Istituzioni pubbliche richiede uno sforzo da entrambe le parti: ci vuole un’attenzione le istituzioni devono investire  a sistema sul comparto, su progetti e non solo sui loro contenitori, semplificare e dare reputazione, e le imprese devono impegnarsi ad essere sostenibili e a farsi valutare su esiti e raggiungimento degli obbiettivi.

Due parole sulla geolocalizzazione delle Imprese Culturali, per riprendere le fila di quanto ho scritto sempre su queste pagine. Anche a L’Aquila emerge la ricchezza di competenze ed esperienze gestionali innovative  al Sud, (come Officine Culturali a Catania, esempio di no profit che produce impatto sul benessere sociale) e nelle aree interne dell’Appennino centrale (con la premiata esperienza marchigiana dell’ Ecomuseo della Valle dell’Aso).

C’è una legge, richiamata più volte nella conferenza, promossa ai tempi da Fabrizio Barca su Aree Interne e Cultura e ci sono strumenti per attuarla, e anche soldi sembrerebbe. In questi luoghi la sfida della cultura è la sfida di Futuro. Come ha detto Claudia Fiaschi, “farà la differenza nella ricostruzione delle macerie dei terremoti fisici e sociali”, perché strumento per contrastare le disuguaglianze territoriali. Vale anche per le periferie urbane. Le imprese culturali rigenerano i territori e producono welfare, quando uniscono vocazione  culturale e finalità sociale.

Milano è ricca di esperienze di questo tipo. Ne cito due, una nel mezzo del cammino, ma con una battuta d’arresto, e una del futuro che verrà. La prima è Atir – Teatro Ringhiera, un teatro in Municipio 5 in mezzo a case popolari che si affacciano sulla piazza Fabio Chiesa. Ringhiera ha rivitalizzato questo pezzo di città, area in abbandono e piazza di spaccio, con dieci anni di lavoro creativo prezioso e incessante con la comunità abitante del quartiere. Dimostrazione della possibilità di tenere insieme  un’alta qualità della produzione teatrale a una capacità altrettanto straordinaria di essere teatro di territorio e di fare coesione sociale. Ora ha una battuta d’arresto, perché l’edificio che lo ospita necessita di interventi. Ma tutti, abitanti e affezionati spettatori, ci auguriamo che sia solo un temporaneo arrivederci.

Il futuro che verrà, sta in Mare Culturale Urbano che in via Novara propone una futura nuova piazza culturale per aggregare e costruire comunità. Un modello innovativo di centro di iniziative e produzione culturale, luogo vivo e aperto alla cittadinanza in una zona a grande rischio di degrado urbano.

A loro il compito di continuare a generare welfare attraverso la propria vocazione culturale, a noi amministratori, quello di semplificare l’agire quotidiano, di incoraggiarli, e dare loro fiducia. Fiducia che ritornerà tutta, rendendo migliore la vita nei territori dove queste imprese sociali abitano e costruiscono comunità.

Paola Bocci
Presidente dalla Commissione consigliare cultura Comune di Milano
Componente Dipartimento Cultura e Turismo ANCI Nazionale 



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