21 giugno 2017

GRANDI EVENTI E PERIFERIE

Oltre le kermesse. Il vero obiettivo di Milano è ridurre la distanza centro-periferie


I quotidiani, ormai anche sulle pagine nazionali, raccontano di una Milano che, senza soluzione di continuità, ospita kermesse importanti, di una città centro dell’innovazione diffusa e proiettata nella competizione economica e culturale internazionale. Nel dibattito milanese però altrettanta attenzione viene data alle periferie, che non stanno al passo di questa corsa, rallentate dal degrado dell’edilizia popolare e dal disagio sociale che ne consegue. Si passa dall’angloitaliano dei grandi eventi industrial-culturali al milanese dei toponimi di quartiere: Ortica, Giambellino, Rogoredo, Lambrate, Bovisa.

03ponzini23FBMilano sarà all’altezza della competizione internazionale se riuscirà a ridurre la lontananza, non solo geografica, tra il centro e le sue periferie, diventando modello per altre città che pagano questa distanza. E ora potrebbe farlo davvero, sfruttando l’occasione epocale delle grandi trasformazioni urbane in essere, in particolare dei due importanti progetti che si intersecano: il Piano per le Periferie e la riqualificazione degli Scali Ferroviari.

Il Piano per le Periferie della giunta Sala, con i suoi 356 milioni di euro, rappresenta il più importante intervento di cura per la città dal dopoguerra a oggi e gli Scali Ferroviari, con più di 120 ettari di superficie e la disposizione a semianello intorno alla città, sono l’occasione per un ripensamento strategico di servizi, spazi e funzioni pubbliche. Nonostante i tempi di intervento diversi, se questi progetti urbanistici dialogheranno il Piano per le Periferie avrà l’opportunità di non restare un intervento di riparazione, di non rimanere un lavoro puntuale e circoscritto contro degrado e disagio sociale sui quartieri ai margini.

I sette scali infatti confinano con aree che corrispondono a periferie complesse e, se la previsione di spazi e funzioni avrà una forte regia pubblica, si potrebbe risolvere anche la carenza di servizi che i quartieri sui bordi lamentano e rispondere a bisogni primari della città.

Una delle zone in cui i due grandi Piani andrebbero a intrecciarsi è quella intorno allo Scalo San Cristoforo che rappresenta il fronte infrastrutturale del quartiere Lorenteggio-Giambellino, vera e propria emergenza per la fatiscenza delle case popolari Aler e il malessere sociale che ne deriva. Altra parte della città in cui i due interventi potrebbero dialogare, e quindi reciprocamente arricchirsi, è quella intorno allo scalo Rogoredo, area tristemente nota alle cronache per essere teatro di spaccio e micro criminalità.

I cinque team di architetti incaricati dalle Ferrovie per immaginare scenari di riqualificazione degli scali raccontano di “pratoni”, piazze, cohousing e mobilità sostenibile sul ferro della rete esistente. Visioni fatte di sostenibilità dei materiali edilizi, di efficienza energetica, di spazi collettivi per nuove tipologie di socialità, di aree verdi ampie e aperte, di costo delle abitazioni rispondente anche alle esigenze dei giovani e adatto quindi a promuovere quel mix sociale che tanto servirebbe nelle periferie milanesi.

Un quadro futuribile di ottime intenzioni e di buone pratiche che include integrazione tra creatività e produzione industriale, funzioni culturali e attività lavorative. Uno dei progetti disegna anche una moschea, irrinunciabile per una città che voglia davvero essere metropoli internazionale.

Se dopo l’approvazione dell’accordo di programma tra Comune e Ferrovie previsto nei prossimi mesi questo tipo di visioni, che diventeranno con bandi e concorsi progetti veri e propri, si espanderanno anche sui bordi, Milano non perderà tale occasione epocale di riaggregare, trasformando le cesure degli scali in cerniere che uniscono centro e periferie.

E le stesse grandi manifestazioni, già ora importanti per la città, saranno davvero week internazionali quando dialogheranno con ogni quartiere, coinvolgendo il mosaico completo della cittadinanza.

Chiara Ponzini



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