7 giugno 2017

ELEZIONI AMMINISTRATIVE A LA CARTE

Un'orgia di liste, di simboli. Risultati indecifrabili?


Ai tempi della Prima Repubblica le elezioni amministrative fuori turno svolgevano il ruolo di elezioni di midterm, per valutare lo stato di salute dei partiti, delle leadership e per pesare le dirigenze locali. Allora i sistemi elettorali, pur essendo diversi tra comunali, regionali, provinciali politiche nazionali, avevano una loro coerenza essendo una sorta di variazione sul tema del proporzionale.

02marossi20FBLe liste, i candidati e le alleanze erano generalmente coerenti con il disegno nazionale e le liste civiche erano il prodotto delle scelte di “giovani politici” come Nenni e Togliatti che sceglievano altrettanti “giovani candidati” come Francesco Saverio Nitti a Roma e Arturo Labriola a Napoli.

Oggi con un sistema presidenziale con ballottaggio alle comunali, presidenziale a un turno alle regionali, proporzionale con sbarramento alle politiche, senza sbarramento alle europee, cercare di trarre indicazioni dalle elezioni di metà mandato è invero piuttosto complesso, e potrebbe risultare inutile. Tuttavia, ci proveremo.

In Lombardia si voterà in 139 su 1.523 comuni (9,1%); 30 sopra i 15.000 abitanti, di cui 3 capoluoghi di provincia. Di questi, 21 comuni sono in provincia di Bergamo, 12 di Brescia, 18 di Como, 5 di Cremona, 3 di Lecco, 4 di Lodi, 10 di Mantova, 23 di Milano, 8 di Monza e Brianza, 18 di Pavia, 6 di Sondrio, 11 di Varese. Dovendo definire le amministrazioni uscenti, potremmo dire grossomodo che 54 sono di centrosinistra, 25 di centrodestra, 39 governati da liste civiche.

Tuttavia, la stragrande maggioranza dei comuni al di sopra dei 15.000 abitanti, e tutti e tre i capoluoghi di provincia possiamo definirli di centrosinistra nella sua originaria etimologia prodiana (do you remember l’Unione?) o al massimo ulivista.

In base a un ovvio criterio di continuità, risulta evidente che per il Pd renziano confermare almeno il numero di amministrazioni uscente è il minimo per poter, non solo parlare di continuità, ma anche di successo, mentre per il centrodestra e il Movimento 5 Stelle è vitale, anche in vista delle elezioni politiche e regionali, strappare all’antico centrosinistra un congruo numero di amministrazioni. L’operazione non si presenta facile, e vediamo il perché. Innanzitutto per il meccanismo elettorale:

1- Nei Comuni fino a 15.000 abitanti si vota con una sola scheda per eleggere sia il sindaco che i consiglieri comunali. Ciascun candidato alla carica di sindaco sarà affiancato dalla lista elettorale che lo appoggia, composta dai candidati alla carica di consigliere. Sulla scheda è già stampato il nome del candidato sindaco, con accanto a ciascun candidato il contrassegno della lista che lo appoggia.

Il voto per il sindaco e quello per il Consiglio sono uniti: votare per un candidato sindaco significa dare una preferenza alla lista che lo appoggia. Viene eletto sindaco, il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Una volta eletto il sindaco viene anche definito il Consiglio: alla lista che appoggia il sindaco eletto andranno i 2/3 dei seggi disponibili, mentre i restanti seggi saranno distribuiti proporzionalmente tra le altre liste.

2- Nei Comuni con più di 15.000 abitanti è eletto sindaco al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi .Qualora nessun candidato raggiunga tale soglia si va al ballottaggio. Al secondo turno viene eletto sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Per stabilire la composizione del Consiglio si tiene conto dei risultati elettorali del primo turno e degli eventuali ulteriori collegamenti nel secondo. In pratica, se la lista o l’insieme delle liste collegate al candidato eletto sindaco nel primo o nel secondo turno non hanno conseguito almeno il 60% dei seggi ma hanno ottenuto nel primo turno almeno il 40% dei voti, otterranno automaticamente il 60% dei seggi. I seggi restanti saranno divisi tra le altre liste proporzionalmente alle preferenze ottenute.

Tradotto: nei comuni sotto i 15.000 abitanti le sigle e anche le definizioni politiche scompaiono. È il trionfo dei localismi, non c’è nessuna omogeneità politico-partitica rintracciabile, né nelle alleanze né nei programmi. Se nei comuni sopra i 15.000 abitanti possiamo rintracciare un connotato politico più identificabile, esso è comunque estremamente variegato.

Innanzitutto, vi è un proliferare di liste e di candidati: a Crema 19 liste, 432 candidati, all’incirca uno ogni 40 votanti alle precedenti elezioni (e l’esperienza di allora con una lista che riuscì a ottenere lo 0,26% dei voti sembra non aver insegnato nulla). A Erba le liste sono 14 per 6 candidati a sindaco con 240 aspiranti consiglieri comunali, anche qui 1 ogni 40 elettori delle precedenti amministrative. A Cantù le liste sono 13, a Lodi 19, a Cesano Maderno 13, a Lissone 14, a Monza 13, a Como 11, a Melegnano 11, a Garbagnate 14.

Il proliferare del numero di liste è fondamentalmente dovuto al proliferare delle liste civiche, alcune dalla tradizione antica, altre dal pedigree innovativo, altre puramente di copertura di vecchi professionisti.

Nei nomi, poi, ci si sbizzarrisce: si va da 110elodi (ma il candidato è un ex segretario di Sel), all’impegnativo Rivoluzione Cristiana di Magenta (ma il leader nazionale è Gianfranco Rotondi), al lunghissimo “Melegnano sicura etica la democrazia è una cosa per gente per bene. Pensionati”, alla lista Olivetti di Mortara (un ex sindaco leghista, transitato per i 5 Stelle e approdato ai dissidenti di Forza Italia), alla lista Cinque Lune, alle liste Antonio Fusè da Melzo, che ha commissionato a un grafico 4 simboli coordinati in stile modaiolo.

Già, perché anche nella grafica dei simboli spopola la voglia di distinguersi dai partiti. Abbondano i cuori (Rivoluzione Cristiana, Melzo nel cuore), le mani che si stringono, le lampadine (Tradate, Sesto), gli uccelli che volano (cicogne porte-enfant comprese), ma non mancano le fontane (Giovani per Lodi), i saltatori di ostacolo (Cantù), le corone (Cernusco), arcobaleni, ponti, alberelli e fiori.

Alcuni risultano essere misteriosi nel simbolo (Sandolab di San donato Milanese) e/o nel nome (Zyme per Bià Abbiategrasso) e nella scritta (Pensionati Anziani Sovrani Moderati della lista Bucci di Garbagnate).

In assoluto la più amarcord è la falce e martello trasformata in ruota di bicicletta di saragattiana memoria dall’ispirato grafico della lista Sinistra in Movimento di Sesto San Giovanni, che non sappia che di solito le biciclette nei simboli elettorali portano jella … .

Proliferando le liste e dando quasi ovunque per scontato il secondo turno, le alleanze a loro volta si ‘arlecchinizzano’: centrosinistra con sinistra (Monza), sinistre quasi unite (Sesto) centrosinistra con alfaniani, centrodestra con alfaniani (Como) centrosinistra e sinistre divise (Como), sinistre con Pd e altre da sole (Lodi), Forza Italia con Lega, Forza Italia senza Lega (Cernusco), Meloni da sola (Erba), Meloni con qualcuno (Cantù), etc; a ristoro dei nostalgici compaiono financo liste socialiste (Erba), del Partito Liberale (Sesto) e comuniste. Insomma alleanze à la carte dove lo sforzo principale sembra quello di mimetizzarsi rispetto al dibattito politico nazionale.

La più parte dei candidati del centrosinistra sembra avere come ispiratore il donabbondiano sindaco di Milano Sala: né con Renzi né contro Renzi; la più parte dei candidati del centrodestra sembra catafottersene dei dissidi Berlusconi – Salvini.

Si va verso una giolittizzazione del sistema politico, con la dimensione amministrativa locale del tutto avulsa da quella nazionale. Lontani i tempi in cui le giunte anomale mettevano in crisi i governi. I partiti sono sempre più degli ectoplasmi ed anche il ricostituente delle primarie sembra aver esaurito i suoi effetti, visto che in pratica solo a Como sono servite ad indicare il candidato.

Non è un bel segnale per Renzi e le sue manie leaderistiche; queste elezioni hanno piuttosto l’impronta del suo vice: Maurizio Sughero Martina, che del galleggiamento giolittiano ha fatto un’arte (ndr per me è un complimento); mentre i molti laudatores del civismo democratico e del presidenzialismo localistico gioiscono.

I più coerenti come simbolo e alleanze sono sicuramente i 5 Stelle nella loro beata solitudine, anzi a dirla tutta le uniche liste che hanno una coerenza politico-culturale programmatica tra locale e nazionale sono proprio quelle di Grillo, ma la forza trainante di questo movimento sembra tanto più impoverirsi quanto più si scende nel locale. In pratica, i 5 Stelle alle amministrative sembrano una lista civica tra le altre.

Tuttavia, trarre conclusioni da questa fase della campagna elettorale, come dicevasi all’inizio, è impossibile: occorre attendere il voto del ballottaggio per capire gli orientamenti dell’elettorato. Per ora siamo solo ai preliminari.

Walter Marossi



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