10 maggio 2017

SE ENTRI (DI NOTTE) TI SPARO, FIRMATO PD

“Legittima difesa” o “licenza di uccidere”


Siccome la madre dei cretini, come diceva Gianni Brera, è sempre incinta, anche la classe dirigente ne è largamente infetta. Cos’altro pensare leggendo la formulazione dell’emendamento approvato alla Camera dell’art. 52 del Codice Penale dove si dice “si considera legittima difesa, nei casi di cui all’art. 614, primo e secondo comma, la reazione ad un’aggressione commessa in tempo di notte, ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicati con violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia o inganno”.

03ucciero17FBUn testo abborracciato che, mentre certifica lo stato confusionario del legislatore, costituisce un ulteriore grave cedimento del pensiero democratico alla narrazione proprietaria della destra. Se distinguere tra giorno e notte è risibile nel configurare la condizione di legittima difesa, il tema vero, politicamente rilevante, è la conferma da sinistra del mancato rispetto del principio di proporzionalità della reazione, già leso nel suo fondamento da Berlusconi nel 2006.

La legittima difesa è sempre esistita nel nostro ordinamento che la regolava in modo chiaro, anzi icastico la situazione. Recitava, e recita tuttora, l’art. 52 del Codice Rocco che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

La difesa di un diritto proprio o altrui, non importa se a casa propria o in piazza, di giorno o di notte, a mani nude o con armi da fuoco, legittimava una reazione a condizione che fosse proporzionata a un’offesa ingiusta.

La formulazione lasciava al giudice la determinazione concreta della proporzione, e quindi della non punibilità, in base alle circostanze concrete della singola situazione e al comune sentire. Vale la pena di sottolineare che già per il Codice Rocco la difesa delle proprie cose poteva consentire l’uso della forza, ma “sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

In concreto: a) se entri nel mio campo e mi rubi delle mele, l’uso di un fucile da caccia contro il ladro è proporzionale? Ne possiamo dubitare; b) se entri in casa mia, dove dorme la mia famiglia, con un machete per rubare e io ti sparo, il caso è diverso anche se va comunque approfondito; c) se il ladro armato di machete, per le grida, desiste dal suo intento e se ne va, e io gli sparo alle spalle, il caso appare diverso ancora, venendo meno “l’attualità” del pericolo.

Lo spazio interpretativo lasciato al giudice è sembrato però eccessivo al governo Berlusconi del 2006 che è intervenuto “precisando”, nel quadro dell’art. 52, il concetto di legittima difesa nell’ipotesi di “violazione di domicilio”:

Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma (reato di violazione di domicilio, ndr), sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumità; b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.

Come ben si capisce, la norma introdotta per “specificare” il concetto di proporzionalità letteralmente lo volatilizza, lo annulla, restringendo la valutazione discrezionale del giudice: nel mio domicilio ti posso anche ammazzare per difendere persone e cose, indipendentemente dalla proporzionalità della reazione all’offesa.

La valutazione si sposta da circostanze e intensità della reazione alla sua finalità: se usata per difendere persone o cose nel proprio domicilio, la forza è per definizione proporzionata e quindi legittima: ti posso sparare per difendere le mele nel mio campo, i prosciutti nel mio negozio, la moto del mio cortile.

La tutela della roba prevale sulla vita della persona. Ti posso sparare, se entri in salotto, o in giardino, o anche in negozio, nel momento stesso in cui questo tuo atto incrina oggettivamente “la mia e altrui incolumità”, indipendentemente dal “pericolo attuale di un’offesa ingiusta”.

La tutela delle mie cose, naturalmente ammantate dalla sacralità della casa violata, legittima qualsiasi mia reazione, anche sproporzionata. La paranoia proprietaria della destra lego-forzista, trova finalmente la sua gratificazione: per difendere la roba, si ammazza, altroché, e neppure importa se parliamo dell’argenteria di casa, o dei prosciutti del negozio, tantomeno se, non vivendoci, sono accorso per difenderli.

Il principio di proporzionalità della difesa all’offesa appariva perfino al regime fascista un muro invalicabile necessario per distinguere tra valore delle cose inanimate e valore delle persone vive ancorché delinquenti, ma oggi non soddisfa neppure lo stesso Pd.

Nell’intento di accreditarsi come partito d’ordine, s’inventa una revisione dell’art. 52, che, se nulla aggiunge al concetto di violazione del domicilio come circostanza in sé sufficiente a scatenare la “legittima” difesa, ne restringe contraddittoriamente l’ambito applicativo alle sole ore del giorno, cosa ridicola e indifendibile.

Corre dunque Matteo Renzi col cappello in mano da Pietro Grasso al Senato, quel Senato che, le mani in tasca, voleva ridotto ad “aula sorda e grigia”, e chiede l’urgente revisione del testo, e insiste pure umiliandosi di fronte a quello che sulla porta lo accoglie con un “meno male che c’è il Senato”. Ma di grazia quale revisione?

La sua attenzione focalizza l’eliminazione della distinzione tra notte e giorno, seguendo un fiuto politico che ha subìto troppo smentite per essere ancora autorevole. Ci permettiamo però di concordare senza riserve con Andrea Orlando, che da Ministro della Giustizia qualche voce in capitolo ce l’ha, per raccomandare una più profonda rivisitazione della norma.

Per favore, lasciamoci alle spalle lo stucchevole interrogativo se la sicurezza sia di destra o anche di sinistra, e chiediamoci piuttosto se la “licenza di uccidere” concessa al cittadino sia un valore che fa parte di un ordine democratico o piuttosto di una pratica sanguinaria da legge della giungla: negli USA dove la circolazione delle armi è assoluta si registrano i maggiori tassi criminali.

Certo, il cittadino si preoccupa della sua sicurezza, ma come non vedere che la sua “preoccupazione” è largamente indotta da un sistema mediatico che trasforma ed enfatizza singoli episodi in epidemie criminali, e come non vedere che la diffusione delle armi non tutela chi ne fa uso una volta nella vita ma piuttosto premia gli specialisti “professionali?

Dice Andrea Orlando e condivido: “Ero e resto contrario al messaggio che accompagna la discussione sulla legittima difesa. Ovvero, che la sicurezza si costruisca con più armi in giro. Le armi vanno tolte ai delinquenti, non date ai cittadini”. Parole sante.

Giuseppe Ucciero



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