4 aprile 2017

L’INEFFABILE LEGGEREZZA DEL SINDACO BEPPE SALA: LUI “SA”

Lo scialo dei saperi è finito? Una nuova stagione milanese alle porte?


“Non è stato un passaggio indolore [prosegue Beppe Sala] ma ho voluto restare fuori da ogni polemica, anche nei confronti di chi ha parlato senza sapere, per sottolineare la volontà del Sindaco di prescindere dai singoli per puntare esclusivamente al bene della città.” È un passaggio della dichiarazione con la quale il sindaco ha dato il benvenuto al nuovo presidente e al consiglio di amministrazione di ATM.

01editoriale13FBNella sua ineffabile leggerezza butta lì un: “chi ha parlato senza sapere”. Fantastico autogol. A chi si riferiva? A molti certo. Diciamola tutta: forse qualcuno ha parlato senza sapere ma lui che “sa”, come molti altri, perché non ha parlato?

Mai come in questi ultimi mesi della gestione della politica milanese torna in mente la famosa frase andreottiana “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” (think evil is a sin but we often guesses, dicono gli inglesi, tanto per farmi capire da quelli del jobs-act/jobact).

Cosa sapeva che non ci ha detto? Forse che dopo aver tentennato sulla cessione delle quote di Astaldi è arrivata una telefonata di moral suasion dal ministro Delrio? Che l’asse Renzi-Mazzoncini è un asse di ferro e che anche se non si è renziani doc è meglio non mettersi di traverso?

Sempre in quella dichiarazione il sindaco Sala ha anche vigorosamente dichiarato di voler difendere la milanesità di ATM: ci ha fatto piacere ma non abbiamo comunque capito perché volersi sbarazzare tanto in fretta di Bruno Rota, carattere scontroso ma manager capace. Sala ci dice che l’ha fatto in ossequio a una norma del suo predecessore, Giuliano Pisapia, il quale tra l’altro si è dichiarato difensore di Rota. Ma le norme non le fanno gli uomini? Non le possono disfare? Quante norme abbiamo visto cambiare a difesa di politici più o meno inquisiti. Non farne una a difesa di un buon manager? Sorridiamo.

In fine, perché non mostrare nella vicenda degli scali ferroviari la stessa orgogliosa autonomia di cui si è fatto paladino nella sua dichiarazione sulla vicenda ATM? Anche qui qualcuno ha chiesto di non mettere i bastoni tra le ruote alle mire delle FFSS nella loro galoppata trionfale? Lunedì pomeriggio, alla presentazione dei progetti sugli scali, Sala ha recitato il ruolo dell’ospite “invitato” da Ferrovie dello Stato per raccogliere un supporto di contenuti progettuali su di una loro proprietà – gli scali – e a loro cari. FS dovrebbe capire una volta per tutte che in questa vicenda il “loro” è un pronome personale che non esiste: FFSS siamo noi, contribuenti e viaggiatori – i clienti – e basta. Ferrovie dello Stato sono, se Milano lo desidera, una nostra risorsa mai noi una loro.

Ma sempre lunedì scorso, in una gioiosa cornice da “vernissage”, abbiamo avuto anche altre informazioni: l’assessore Maran “a suo tempo” (ma quando?) avrebbe dato ai cinque gruppi di progettazione non si sa bene se delle linee guida o delle informazioni utili per la redazione dei loro progetti. Quali erano? Perché non farne parte anche a tutti quelli che, disordinatamente, si sono messi al lavoro sul tema degli scali? Di che parla nel fantomatico “tavolo tecnico” che sta lavorando sugli scali promosso dal Comune di recente?

L’assessore Maran ci racconta che, sempre sugli scali, ha incontrato oltre 10.000 persone in molti dibattiti pubblici, e l’ha fatto in un momento successivo alla prima manifestazione, quella Dagli Scali la nuova città promossa da FS tra il 15 e sabato 17 dicembre scorso. Non solo in quegli incontri ha taciuto quanto sembra aver detto ai progettisti incaricati da FS ma si è ben guardato dal dire cosa ne ha cavato da quella manifestazione di dicembre. “Stretta la foglia, larga la via, dite la vostra che io faccio la mia!” (Maran – detti). È così?

La vicenda “scali” nel suo ondivago e sconclusionato percorso tra arroganza e curiose pantomime, ha avuto una svolta positiva: i famosi 5 progetti esposti in questi giorni che a un primo sguardo sono di grande interesse e si deve riconoscere ai progettisti un profondo impegno.

Non so cosa ne caverà l’amministrazione ma affrontano con visione olistica il problema della trasformazione della città, facendo giustizia delle rozzezze alla quale ci ha abituato il Documento di Piano del PGT.

I due progetti milanesi, Boeri e Zucchi, sono il meglio: sono forse un vecchio sciovinista? Chiedo scusa. Me li guarderò con calma.

Luca Beltrami Gadola

 



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