4 aprile 2017

COMINCIAMO DAI PICCOLI

Laboratori d’arte come azione sociale nelle scuole primarie


 

«I bambini hanno organi misteriosi: di presagio e di corrispondenza», così scrive Cristina Campo ne Gli imperdonabili. Lo fa parlando della poesia e della sua capacità di rendere visibile l’invisibile. Una capacità che noi tutti abbiamo naturalmente da piccoli e che, inevitabilmente, perdiamo crescendo. Gli artisti impiegano poi un’intera vita per tornare a quella condizione primigenia: «A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino», diceva Picasso di sé.

09_gentile_13La domanda è: quanto noi adulti ci rendiamo conto che stare con i bambini, specie se molto piccoli, significa avere l’occasione di rientrare in contatto con una sensibilità particolare, a cui non siamo più abituati? quanto investiamo per offrire loro spazi di espressione in cui questa sensibilità possa manifestarsi e venire ascoltata?

«L’attenzione» sempre per citare Cristina Campo, «è il rimedio e riscatto alla pigrizia dell’abitudine». Prestare attenzione significa ‘dare valore’. Prestare attenzione a ciò che i bambini sentono, pensano e immaginano significa riconoscere la ricchezza di cui sono portatori, l’azione sociale che possono compiere. Ma è importante che sia ascolto concreto, sincero, profondo.

Il nostro lavoro di Alchemilla, cooperativa sociale nata dall’incontro di sensibilità e professionalità differenti, parte proprio dalla volontà di offrire ai bambini spazi di espressione attraverso l’arte (teatro, pittura, danza, canto, scrittura e poesia), che sfocino in occasioni di comunicazione all’esterno.

La nostra ricerca ha come obiettivo l’individuazione di strumenti e occasioni attraverso cui gli adulti possano entrare in contatto con la capacità di sentire dei bambini, con la bellezza e l’immaginazione che abitano in modo immediato e naturale. Un percorso che si inserisce nel solco di una grande tradizione di artisti e maestri, da Maria Montessori a Loris Malaguzzi, da Don Milani a Mario Lodi, da Gianni Rodari a Bruno Munari. (1)

Per Alchemilla il luogo per eccellenza in cui questo scambio può realizzarsi è il laboratorio, uno spazio privilegiato in cui bambini e adulti, grazie al tramite dell’arte, possono allenarsi all’incontro, all’ascolto, all’attenzione e cura verso se stessi e gli altri (2). In queste esperienze centrale è la corporeità come dimensione profonda in cui i vissuti si radicano e diventano parte integrante di ciò che siamo.

Tra i numerosi laboratori realizzati fino a oggi nelle scuole dell’infanzia, ce ne sono due particolarmente rappresentativi dell’impatto sociale che il lavoro con i bambini può avere. Si tratta di due contesti nella città di Milano, estremamente diversi.

Il primo riguarda la scuola dell’infanzia Ruffini nel Municipio 1. Qui, da anni, il laboratorio teatrale rappresenta l’occasione in cui i bambini di 5 anni rielaborano alcune delle esperienze vissute a scuola e le raccontano alle famiglie, attraverso uno spettacolo teatrale di cui sono autori oltre che attori. Il punto di partenza sono le esperienze didattiche che i bambini fanno dentro e fuori la scuola, come le mostre che visitano a Milano (Pollock, Kandinskij, Chagall, etc.). Il loro incontro con le opere e la poetica degli artisti si traduce in uno spettacolo in cui loro stessi, autori e attori al tempo stesso, restituiscono agli adulti i vissuti e le emozioni provate.

Il secondo contesto è in Municipio 4. La scuola dell’infanzia è quella di via Montevelino, un territorio dove convivono culture differenti, non senza complessità. Alcune mamme, provenienti dalle nazioni più diverse (Brasile, Svizzera, Filippine, Egitto, Ucraina, Italia), hanno partecipato a laboratori espressivi nei quali hanno condiviso le proprie storie. Per molte di loro era la prima volta. Non tutte parlano bene l’italiano, ma ciascuna ha trovato il modo per mettere in gioco le proprie qualità.

Ancora una volta sono stati il gioco, l’arte e il corpo a creare il giusto spazio di incontro. Ogni anno hanno restituito qualcosa alla loro comunità: uno spettacolo, una festa in cui preparare insieme il pane, piccoli racconti dei loro paesi di origine. I bambini hanno sperimentato sulla propria pelle una modalità diversa di stare delle proprie mamme all’interno della scuola.

Sono due esempi di come i percorsi, se co-progettati e realizzati in sinergia con le educatrici, possono diventare patrimonio condiviso all’interno della scuola. Il teatro, atto in questa forma, diventa sociale perché costruisce processi evolutivi non solo per l’individuo, ma anche per la comunità. Creando legami l’esperienza del laboratorio riafferma il valore della coralità e del gruppo.

Si tratta di processi che acquistano pienamente senso quando il cerchio che i bambini formano, sedendosi l’uno accanto all’altro durante i laboratori, diventa l’epicentro di un coinvolgimento più ampio che chiama in causa tutti, bambini, educatori e genitori. All’interno di questi progetti i genitori vedono i loro figli con occhi diversi, ma soprattutto si vedono insieme a loro in una prospettiva diversa. C’è una presa di coscienza, di consapevolezza di quello che sono le potenzialità sia dell’adulto nei confronti del bambino, che del bambino nei confronti dell’adulto.

È lungo questo cammino che, non più tardi di un anno fa, è nato Artoo, il progetto di Alchemilla selezionato da Fondazione Cariplo tra i dieci più interessanti nell’ambito del bando Innovazione Culturale 2016. Artoo mette al centro l’autorialità dei bambini e utilizza le nuove tecnologie per allargare i processi di partecipazione culturale sperimentati all’interno delle scuole. Ancora una volta il cuore di questo processo è la straordinaria capacità di intuizione dei più piccoli.

Artoo mette i bambini a confronto con l’arte e raccoglie e organizza ciò che provano davanti alle opere, dando vita ad un atlante poetico ed immaginativo. Attraverso un’applicazione per tablet possono registrare le proprie emozioni, riascoltare ciò che altri bambini hanno detto e condividere questi contenuti con educatrici e genitori. È la loro capacità di intuire e sentire che ci guida nell’esplorazione dell’universo poetico di un artista.

Proprio in questi giorni, in concomitanza con la mostra Il cavaliere errante ospitata al MUDEC, è in corso una sperimentazione sull’opera di Kandinskij, che vede coinvolti 160 bambini, 20 educatrici e 80 genitori. Quello disegnato con Artoo è un processo virtuoso che mira a coinvolgere quante le istituzioni culturali e le agenzie educative interessate a progettare, a partire dai contenuti prodotti dai bambini, nuove modalità di avvicinamento all’arte, inclusive e partecipate.

Sogniamo dei bambini che portino gli adulti nei musei. E degli adulti che riscoprano l’arte attraverso il sentire dei loro figli. Sogniamo attenzione e fiducia nelle capacità dei bambini, e spazi e tempi in cui questa cura abbia la possibilità di manifestarsi, per diventare patrimonio comune.

 

Francesca Gentile
Fondatrice della Cooperativa Sociale Alchemilla

 

(1) ndr per una Milano «a misura di bambino» si veda Lorenza Cingoli su ArcipelagoMilano del 15 marzo 2017.

(2) ndr della stessa idea è Francisca Parrino (ArcipelagoMilano del 29 marzo 2017), per un gioco nelle scuole primarie volto a imparare il rispetto civico e vivere una città più ecologica

 



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