29 marzo 2017

PROVE TECNICHE DI FUTURO NELLE SCUOLE PRIMARIE MILANESI

Le regole per fare strada: Siamo nati per camminare


A ridosso della chiusura delle iscrizioni alla settima edizione di Siamo nati per camminare in rete è comparso questo appello: «Ultimo giorno utile per iscrivere la propria classe o scuola alle prove tecniche di futuro che i Genitori Antismog realizzano ogni anno». Cosa facciamo, ormai da sette anni, per meritarci una così lusinghiera presentazione?

10parrino12FBAi bambini delle scuole primarie di Milano chiediamo di andare a scuola per una settimana evitando, quanto più possibile, l’uso di auto e moto. Da questo invito, raccolto quest’anno da 65 istituti, nasce una competizione virtuosa in cui gli alunni fanno squadra e le scuole si sfidano per cercare di guadagnare punti e vincere premi.

Ma il progetto non parla solo del mezzo che scegliamo per arrivare fino a scuola, parla anche e soprattutto di come la qualità della vita della comunità dipenda dal modo in cui impostiamo la nostra relazione con le persone con cui condividiamo la strada, dal rapporto che ognuno di noi ha con le regole.

Gherardo Colombo, che da oltre dieci anni incontra gli studenti di tutta Italia per discutere della relazione tra regole e persone e di come questa relazione influisca sulla vita pratica di ciascuno di noi, ci ha aiutato a inquadrare il tema spiegandoci perché è tanto importante portarlo all’interno della comunità scolastica: «Interrogarsi sui motivi che ci spingono ad osservare una regola, discuterne con i propri compagni e insegnanti, capire meglio i motivi che ne stanno alla base, le conseguenze del suo mancato rispetto è fondamentale per motivare i bambini a farsi custodi del valore della regola e, in prospettiva, formare cittadini in grado di immaginare in futuro nuovi diritti e forme migliori di convivenza».

Basta fare un giro per la città per rendersi conto che molte persone non sembrano aver chiaro a cosa servano le regole e quale influenza abbiano sulla qualità della vita della comunità; serpentoni di auto in doppia fila davanti a scuola, auto e moto che manovrano sui marciapiedi per raggiungere parcheggi illegali ma tollerati, bici che viaggiano sui marciapiedi come se fossero su una ciclabile, furgoni parcheggiati comodamente sulle ciclabili come su un’area carico e scarico.

Pochi ma significativi esempi da cui risulta evidente che le regole sono spesso vissute come un fastidio, un male necessario da eludere ogni volta che sembra essere conveniente (per risparmiare tempo, essere più comodi, se non si rischia di essere sanzionati, etc.). Un cittadino non dovrebbe parcheggiare la macchina in divieto di sosta non per paura della multa, ma perché è lui stesso che controlla il proprio comportamento, perché consapevole delle conseguenze che questo ha sulla vita degli altri. Dovrebbe mettersi nelle regole e comprenderne i motivi, fino a farsi custode del valore della regola.

Se ciò non accade diventa quasi normale non osservarle. Si tratta di un problema culturale complesso e con radici profonde, di cui sarebbe opportuno prendersi cura per tempo. Munari scriveva che dipende dagli educatori e da ciò che impariamo nei primi anni di vita se la nostra società potrà migliorare. E aggiungeva che, se si vuol far crescere la collettività e ritrovarsi in un mondo civile, occorre prendere esempio da ciò che si fa nelle scuole materne giapponesi: «si dice ai bambini che ognuno deve esprimere il proprio impegno, ma non imporlo».

Imparare sin da piccoli a dare il meglio di sé nel rapporto con la collettività e uscire dalla logica della regola come imposizione è un invito che suona piuttosto rivoluzionario alle orecchie di noi occidentali abituati a pensare che, un buon sistema di regole unito al potere coercitivo esercitato dall’autorità incaricata di farle rispettare, è tutto ciò di cui c’è bisogno per far girare bene il mondo.

Quando poi le cose non girano come previsto, di solito, evitiamo di addentrarci nel fastidioso tema della responsabilità individuale e ci affidiamo al potere taumaturgico delle regole con due classiche invocazioni «ci vorrebbero più regole» e, in alternativa o a rafforzare la prima, «ci vorrebbe qualcuno o qualche sistema in grado di farle rispettare veramente».

Come raccontare un tema così complesso a 19.630 alunni, tanti sono gli iscritti al progetto, della scuola primaria? Ci abbiamo provato attraverso un gioco, una rivisitazione del classico gioco dell’oca in cui ogni bambino ha la possibilità di esprimere la propria idea e contribuire alla riflessione sulle regole illustrando una delle 36 caselle, e una domanda «Come si fa a vivere bene con le persone con cui condividiamo la strada?». Il risultato? Tirando i dadi e saltando da una casella all’altra i bambini incontrano le idee degli altri e confrontano le proprie esperienze con quelle dei compagni. Ogni classe avrà elaborato alla fine la sua originale versione del gioco, unica e irripetibile.

Giocando insieme faremo strada è una goccia nel mare ma è il nostro contributo, come cittadini e come associazione, a tenere vivo il dibattito pubblico sulle ragioni delle regole perché di prove tecniche di futuro c’è sempre un gran bisogno: «Senza rispetto delle regole non potremmo vivere in società. Ma senza una discussione pubblica sulle ragioni delle regole, la vita in società non potrebbe fare passi avanti, non saprebbe proiettarsi verso il futuro in modo dinamico, non riuscirebbe a immaginare nuovi diritti, né a creare forme migliori di convivenza»*.

 

Francisca Parrino
Responsabile del progetto Siamo nati per camminare

 

*da libro di Gherardo Colombo, Sulle regole, Milano, Feltrinelli 2008



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti