15 marzo 2017

UNA CITTÀ PER LORO: LA NOIA, IL GIOCO, IL RACCONTO

Diritti per l’infanzia al Forum delle Politiche sociali


Prima di tutto loro”, si chiamava così il pomeriggio dedicato alla politiche per l’infanzia al 6° forum per le politiche sociali. Tra gli interventi si è cercato di stare coi piedi per terra, ma anche un po’ con la testa tra le nuvole, per capire quello che si può e si deve fare per rendere Milano una città sempre più a misura di bambino. Sembra una formula magica questa della “città a misura di bambino”, in realtà, traducendo l’immagine nel linguaggio della concretezza, progettare quartieri e spazi a misura dei più piccoli, significa avere una città più vivibile per tutti.

05cingoli10FBQuando un bambino o un adolescente cresce in un ambiente sereno, anche gli adulti vivono meglio la propria quotidianità. Se la città corre a perdifiato e non lascia spazio per i tempi del vivere sociale, se riduce i luoghi di incontro, se marcia al ritmo del lavoro e basta, finiscono per soffocare gli spazi dei bimbi ma anche le giornate degli adulti.

Così, parlando di diritti dei bambini, se ne sottolinea uno fondamentale, sancito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia: il “diritto al gioco”. Giocare, per un bambino, è vitale come mangiare, vestirsi, riposarsi. Giocando si cresce e si sperimentano dinamiche che serviranno nella vita adulta: dal rispetto delle regole all’accettazione dell’altro, dalla conoscenza dei propri limiti alla mediazione del conflitto.

Nelle grandi città, nella nostra più che mai, dove ogni attimo dell’esistenza è costruito e codificato, anche il gioco finisce per perdersi, soprattutto quello spontaneo e autorganizzato. Oggi i bambini per giocare vengono “accompagnati” dai genitori (almeno quelli che se lo possono permettere) in luoghi deputati: centri sportivi, scuole di musica, teatro o danza che siano, dove degli adulti stabiliscono le regole e governano un tempo cadenzato e pienissimo di attività. Inevitabile allora guardare al passato, tuffarsi nella nostalgia per la Milano che non c’è più, quella dei cortili dove ci si trovava a ciondolare sugli scalini, con una palla o anche nulla, a provare nuovi giochi, a mettere in scena il “facciamo finta che”, l’antenato dei giochi di ruolo. Ore e ore passate così. E il tempo scivolava fino a sera.

Togliere le auto dai cortili e rimetterci i bambini, questa è la prima traduzione pratica di quel “prima di tutto loro”. Negli ultimi decenni però sono cambiate molte cose, si è perduto il tessuto sociale, un tempo i cortili milanesi erano luoghi vivi dove c’era sempre qualcuno a dare un occhio ai ragazzini, oggi si svuotano al mattino e si riempiono alla sera. E allora tocca ripensare gli spazi nei quartieri, progettando luoghi nuovi e sicuri, dove sia possibile tornare al gioco spontaneo, a quei momenti fatti di “a che gioco giochiamo?”, di ginocchia sbucciate e di litigi, perché non è facile mettersi d’accordo tra coetanei, anzi.

Riempire l’agenda dei figli per molti genitori è un modo per strapparli a un mondo che tende a risucchiarli, quello luminoso e passivo dello schermo, che sia tv o tablet o smartphone. Eppure la risposta migliore alla pervasività del web, non è detto che sia la scansione di giornate a suon di attività. I bambini stanno cambiando, sono capaci di apprendimenti multipli e contemporanei, caratterizzati dalla attenzione breve e saltellante, ma continuano, come sempre, a distinguere benissimo i contenuti, ad amare le storie e i mondi pieni di avventura.

Un secondo diritto citato al Forum, diretta emanazione del primo, è il “diritto al racconto”. Una fiaba letta o narrata, una storia inventata all’impronta, l’aneddoto legato a un ricordo: attraverso la narrazione gli adulti possono trasmettere un mondo di emozioni e idee, in una dimensione intima, accogliente e calda. Sembra semplice, ma non lo è. Trovare momenti per leggere e raccontare ad alta voce è sempre più raro. E poi … Perché dovrebbero essere così importante tutto questo? Perché un bambino abituato ad ascoltare storie, imparerà a raccontare a sua volta, saprà costruire un discorso a scuola, riuscirà ad argomentare nel lavoro, avrà sempre un mondo immaginario ricco a cui attingere nei momenti difficili della vita e soprattutto si abituerà a difendersi con le parole, non con le mani.

Per il racconto però, ci vuole tempo, genitori, parenti, insegnanti disponibili e la città che corre a mille all’ora finisce per lasciare i bambini un po’ troppo soli. O forse siamo noi adulti ad avere paura dei momenti vuoti dei nostri figli?

Un ultimo diritto risuona nei pomeriggi vuoti, quelli in cui non c’è nulla da fare se non fissare la parete e magari giocare col gatto, quando si interrompono i corsi e si apre il baratro del tempo libero. E in quel vuoto accade qualcosa di importante: si attiva l’immaginario. Questo diritto si chiama “diritto alla noia”, collegato agli altri due e sembra fatto apposta per dettare i tempi dei bambini alla città del lavoro e degli affari. La noia non è tempo buttato, è un contenitore che si può riempire di creatività.

Milano va in fretta, ma i più piccoli hanno bisogno di lentezza per giocare, raccontare, perfino per annoiarsi. Nella città a misura di bambini, tutto dovrebbe avere tempi più dilatatati, per le strade, nei giardini di quartiere, persino dentro di noi.

Provare a rallentare, potrebbe far bene a tutti.

 

Lorenza Cingoli



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