7 marzo 2017

L’URBANISTICA “MILANESE” NON DECOLLA ANCORA

Mescolare documenti di programma a norme prescrittive è un errore  


Stanno per scadere i termini per dare suggerimenti e fare proposte per il nuovo assetto della città. Il “tormentone” della politica ha nel suo frullino tante parole e tra le tante “partecipazione” ha il primato assoluto. Non c’è testo politico che almeno una volta non la contenga ma spesso il documento stesso la contraddice, la si chiede ma non la si sa gestire: è il caso della delibera di indirizzo per la nuova stesura del nuovo Piano di Governo del Territorio del 29/12/2016.

01editoriale09FBA questo proposito il 25 gennaio scorso, in perfetto stile burocratico come si conviene, il Comune avverte i cittadiniche chiunque abbia interesse, anche per la tutela degli interessi diffusi, può presentare suggerimenti e proposte entro e non oltre le ore 12,00 del giorno 27.3.2017.”. Il tutto ovviamente non a casaccio ma con riferimento alla delibera di indirizzo della quale stiamo parlando nella quale si fa cenno alle “Linee programmatiche che muoveranno l’iniziativa amministrativa nel prossimo quinquennio” che ovviamente sono quelle della delibera di insediamento del nuovo Consiglio comunale del 7 luglio del 2016.

Quest’ultima delibera indicava i 7 “valori” che avrebbero ispirato l’attività amministrativa – I valori che ci guidano – e le Dieci occasioni per rendere concreta la nostra visione della città. Detto tra di noi, nella  delibera di insediamento manca un allegato fondamentale dal titolo appunto “visione della città”. L’araba fenice. Ogni tanto bisognerebbe andarsi a rileggere questi documenti per valutare il percorso fatto e quello ancora da fare e mentre noto che il Post Expo è il primo dei dieci punti, al secondo posto troviamo Area Vasta – leggasi Città Metropolitana -, decentramento e partecipazione e vi si parla di più di Area Metropolitana di quanto si ritrovi poi nella delibera di indirizzo relativa al PGT.  Sarà un caso. Nello stesso titolo ecco comparire la famosa parola”partecipazione”.

Qui vorrei chiarire che la partecipazione si ha rispettando tre criteri fondamentali: l’obiettivo che si vuole raggiungere, la reale possibilità di svolgere il ruolo richiesto e l’utilità per chi la sollecita. Di questi tre obbiettivi solo il primo mi sembra presente: adempiere a una norma di legge che indica la necessità di una consultazione dei cittadini come prima fase del percorso di stesura di un PGT. Gli altri due sono assenti per due ragioni: per la confusione tra obiettivi e strumenti e la difficoltà per chi lo volesse di presentare suggerimenti e proposte.

Intanto forse bisognerebbe capire qual è lo scopo primo del PGT: dovrebbe essere solo un documento di regole e non di intenzioni o di programmi. Chiunque intenda intervenire nel modificare la realtà fisica del territorio urbano deve conoscere a quali norme deve sottostare. Le norme devono essere chiare, di facile interpretazione, alla portata degli operatori, riducendo al minimo il margine di interpretazione – per ridurre la discrezionalità di chi presiede alla loro osservanza – e non devono contenere alcuna indicazione sulle “ragioni” che ne ha portato alla formulazione.

Sulla riduzione al minimo del margine di interpretazione il perché è ovvio, meno corruzione, meno avvocati, più snellezza nelle pratiche. Sul non indicare le “ragioni” la questione è di analogo tenore: se in una norma o in una legge inserisco anche – inutilmente – le sue ragioni d’essere offro spiragli di controversie legate alle “ragioni” stesse. La legge regionale N°12 dell’11 marzo 2005 già commette questo errore prevedendo il Documento di piano come uno dei tre documenti che formano il Piano di Governo del territorio.

Venendo alla delibera di indirizzo, è un documento pasticciato e già la suddivisione in capitoli – Attrattività e inclusione, Rigenerazione urbana, Resilienza, Qualità degli spazi e dei servizi per rilanciare le periferia, Semplificazione e partecipazione – che sembra soprattutto avere più attenzione agli attuali slogan della politica che non alla funzione di un Piano di governo del Territorio.

Se di capitoli si voleva parlare, meglio e più chiaro sarebbe stato far riferimento a tre atti distinti previsti dalla legge: Documento di Piano, Piano dei servizi e Piano delle Regole, considerato tra l’altro che il Documento di Piano, quello più politico e che contravviene a quanto ha detto in merito alle “ragioni”, non è prescrittivo, non detta norme.

Il “suggerimento” o la “proposta” se si vogliono fare, come chiede il Comune, è una sola: rifare il documento di indirizzo, farlo meglio, distinguere se si riesce tra attese, auspici, indicazioni procedurali e accenni normativi oppure i cittadini coinvolti non capiranno in che modo rispondere all’appello del Comune.

Una considerazione. L’ultimo capoverso del capitolo I valori che ci guidano del documento Linee di indirizzo, parla di “capacità di leggere i bisogni”.  Forse dunque, come preambolo di un documento di indirizzo, ci sarebbero volute alcune più larghe considerazioni di sindaco e Giunta su desideri, bisogni e diritti dei cittadini, che dovrebbero ben conoscere, indicando le priorità proposte, confrontate con le opportunità e le risorse.

Due questioni aperte dunque: tecnica legislativa, e politica urbanistica. Urbanistica modello Milano? Pragmatismo, magari.

 

Luca Beltrami Gadola

 

 

 

 

 



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