21 febbraio 2017

“FUTURO PROSSIMO”, SINISTRA COME “SENTIRSI A CASA”

Campo progressista visto da Milano


Che cosa chiede in fondo il cittadino alla politica, se non uno spazio accogliente, di condivisione e inclusione, in cui sentirsi considerato come persona? Potrebbero sembrare condizioni ovvie, lo sono meno di quanto si immagini. Lo scorso 14 febbraio, alla presentazione milanese di Campo Progressista – con Giuliano Pisapia, Laura Boldrini, Massimiliano Smeriglio, Franco Monaco e Gad Lerner – il commento più ricorrente dei quasi mille partecipanti alla fine è stato proprio questo: “ci siamo sentiti a casa”. Non è un modo di dire. Riconoscersi in un linguaggio e un ordine di valori, prima che in un programma, non è affatto scontato, di questi tempi a Sinistra. D’altra parte, diventa sempre meno facile, per un esponente politico, riuscire a comunicare entusiasmo e speranze, sogni concreti che possano apparire alla portata di tutti.

02poli07FBTemi nazionali, ma l’incontro si è svolto a Milano dove Pisapia, il promotore di questo nuovo progetto, è stato sindaco fino a pochi mesi fa. Campo Progressista non può quindi che nascere un po’ Milanocentrico e del resto non c’è forse in Italia realtà più adatta per testare stati d’animo e aspettative. Il punto di vista da cui riparte è per forza diverso da quello di un amministratore che si confronta con i problemi della città, ma la distanza non è grande come appare: è proprio Pisapia a citare, in uno degli interventi della serata, un’espressione di Giorgio La Pira: “occuparsi delle lampadine nella strade e della pace nel mondo …“.

Per ricordare che su scale differenti si può comunque muovere dagli stessi ideali, e con lo stesso metodo. Anzi, così occorre fare per acquistare o ritrovare credibilità. Se si indicano come tratti caratterizzante di Campo Progressista l’ascolto e la politica “dal basso”, subito scattano nelle persone un interesse e attese speciali. L’esperienza mostra che quando queste intenzioni programmatiche non vengono messe in pratica, individui e collettività sono meno disposti a transigere. Altre promesse si possono al limite mancare, queste no.

Anche a rischio di tralasciare altro, Pisapia dovrebbe cercare a tutti i costi di non perdere mai i contatti e le sintonie di base che a Milano ha costruito.

Nell’affollata sala del Santeria Social Club – dove si è svolto l’incontro – sono mancate tanto le “zone”, intese come voci del territorio, volontari, comitati, cittadini dei quartieri, attivisti di sinistra senza specifica appartenenza partitica. Se quest’assenza non possono certo averla notata Boldrini, Smeriglio e gli altri, è impossibile invece che sia sfuggita a Pisapia, perché volti e soggetti li conosce bene, lui. Nelle fasi di avvio di un movimento nazionale, quando gli interlocutori sono le istituzioni e i dirigenti di partito, sindaci e presidenti di Regione, non è facile mantenere un filo diretto anche con le costellazioni del territorio.

Con quest’immensa periferia, intesa non come luogo fisico, ma come marginalità assoluta rispetto alle sedi del potere dove si decide, lì e solo lì, in che modo andare avanti e in quale direzione. La periferia, simbolo emblematico di problemi che si trascinano immutati da un’amministrazione all’altra, da un governo all’altro, è lo spazio dell’essere fuori dai giochi, coinvolti solo di riflesso e liberi, al limite, di contestare. Nelle aree più difficili e degradate delle città tutti ci possono andare, in ottima fede e preparati.

Da rappresentanti delle istituzioni, poi, è un dovere: non si avverte snobismo nelle parole della presidente della Camera Laura Boldrini, quando racconta di essere stata a Quarto Oggiaro, a Scampìa … No, non c’è esibizionismo, si coglie semmai l’impossibilità di calarsi – lei, terza carica dello Stato – nelle radici profonde del disagio sociale, abitativo e umano di tali luoghi. Eppure è questa la via da seguire: non passeggiate nelle aree “a rischio”, ma ricerca costante di soluzioni alle questioni aperte insieme ai diretti interessati, sempre con autocritica e realismo.

I piani si devono intersecare, da subito, i cittadini non vanno tenuti fuori dagli esordi di questo percorso. Sono passati sei anni ormai, eppure non si può dimenticare la semplicità con cui Giuliano Pisapia, allora candidato sindaco, entrava nei quartieri milanesi, partecipava a feste e dibattiti, soprattutto ammetteva di non sapere, di dover imparare da chi vive lì, studiare e osservare sul campo; quando, di fronte a criticità infinite, diceva di non poter fare promesse ma di voler cercare strade possibili. Siamo convinti che quest’approccio non si fosse interrotto, dopo la sua elezione: si era scontrato con altre priorità senza che ne andasse mai persa l’essenza.

Ora si rivede la stessa persona. Il “campo” si è ampliato, coinvolgerà gli 8.000 Comuni italiani; tuttavia, solo riagganciando la consapevolezza di essere “uno di noi”, ma tra i pochissimi in grado di contribuire al vero cambiamento, Pisapia potrà raggiungere fino in fondo gli altri, a ogni livello. C’è l’ex lista elettorale da lui promossa – SinistraxMilano – che si è trasformata in un gruppo politico; ci sono i comitati e le associazioni, i singoli con problematiche e idee: perché non ripartire da questo patrimonio, fatto di soggetti che non vedono l’ora di esserci e fare?

Intorno a Campo Progressista, la Milano a sinistra del PD si divide tra la fiducia immutata nel suo leader e una diffidenza pregiudiziale, talora velata d’ironia. “Sarebbe bello ma … Vogliono allearsi con Renzi!”. Ma la possibilità di allearsi in un’eventuale, futura coalizione, non significa affatto essere la stessa cosa del PD, rinunciare a un’identità forte; del resto, per una Sinistra che aspira a essere “di governo e non minoritaria”, non è razionale e auspicabile un dialogo aperto e critico proprio con le diverse componenti democratiche? “Campo progressista, sarebbe bello ma … Divide anziché unire”. E se invece fossero gli altri, quelli che dividono? “Ho sentito tante belle parole, ma …”.

Ascoltiamole allora una volta, perché no, tutte queste belle parole: non sono in molti a saperle dire con altrettanta convinzione, trasparente e rassicurante. Alternativa, discontinuità, integrazione, nessuna alleanza con le destre: tutto quello che un cittadino aperto al rinnovamento vorrebbe sentirsi dire. Nell’appello di adesione lanciato sul sito di Campo Progressista anche il “cambiamento che sfidi, le disuguaglianze, la povertà, la precarietà” non suona né retorico né stonato, bensì molto naturale. La politica gentile non fa sorridere, fa sperare. Per tutti questi motivi ci si sente a casa, per questi sogni così impossibili e così concreti, per questo modo vecchio e nuovo di leggere la Sinistra. Perché dopo anni di delusioni ci si stanca persino di essere scettici e cinici: questa sembra davvero una buona opportunità per provare a impegnarsi ancora.

Eleonora Poli

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti