31 gennaio 2017

IL BELLO E IL BRUTTO NEGLI EDIFICI

Gli elementi per un giudizio critico sulle nuove architetture milanesi


Quando scrivo sulle nuove architetture i termini bello o brutto per classificare gli interventi non li ho mai utilizzate, sono definizioni che si possono tollerare alle scuole elementari o medie ma già ai licei e poi definitivamente alle università i criteri per giudicare queste opere devono tenere conto di altri parametri che devono esprimere la complessità e la delicatezza della cultura architettonica e urbanistica della città.

10zenoni04FBLa qualità dell’intervento deve essere ricercata attraverso un approfondito esame del sito, e da una prudenza (intesa come qualità positiva) di approccio alla progettazione che manca spesso ai progettisti e ai committenti più interessati a lasciare un “segno” della loro presenza sul mercato.

Un modesto tentativo di individuare termini più adatti a questa valutazione lo ho fatto trovando in due semplici parole, ma di grande contenuto,“Continuità e Contestualizzazione” (pubblicato su ArcipelagoMilano n° 8/ 2014).

Continuità ripreso dal libro di Rogers “Esperienza dell’Architettura” che considero la Bibbia per chi progetta a Milano e “Contestualizzazione” documento da allegare al progetto che una Commissione Edilizia del recente passato aveva identificato per spingere i progettisti a una ricerca dei valori emergenti dal sito edificatorio.

Documentazione non più richiesta dalla attuale Commissione del Paesaggio alla quale anche il termine “Continuità” sembra sconosciuto e che in definitiva sembra negare l’esame dei contributi storici che avevano contribuito a produrre una architettura milanese fino ad allora abbastanza integrata nell’esistente.

Questa nuova tendenza alla quale ho attribuito il termine “o famo strano” che ho individuato prelevandolo impropriamente da un film di Verdone e che ha trovato peraltro conferma nel contenuto dell’editoriale di presS/Tletter n° 2 del 2016 deromanizzato in “farlo strano” (a proposito dell’edificio Feltrinelli) .

E che può coincidere anche col “va bene tutto purché sia moderno” espresso nel suo intervento sul Corriere della Sera del 22 settembre 2016 da Armani che parlando alla presentazione delle settimane della moda a Milano, esprime il suo malumore sulla qualità dell’architettura milanese parlando di edifici che si presentano come “un pugno nell’occhio”. Ma questo non è solo l’ultimo personaggio culturalmente preparato che si aggiunge all’elenco dei critici delle architetture milanesi. Perché anche Gregotti il 24 settembre pochi giorni dopo sul Corriere nel suo linguaggio più complesso si allineava ad Armani.

Come anche l’articolo del professor architetto Alberto Secchi su ArcipelagoMilano sunto della sua pubblicazione in elaborazione intitolata “Per questa città”. Come d’altronde anche Luca Beltrami Gadola, che ospita su queste colonne la critica a questi interventi del sottoscritto e pochi altri, ha colto questo periodo sfortunato per Architettura e Urbanistica a Milano con l’editoriale “Archistar maledette archistar” nel settembre del 2016.

Senza scordarci l’episodio delle clamorose dimissioni, con relativo articolo sul l’Espresso del 7 febbraio 2013, del professor architetto De Seta facente parte della commissione giudicatrice del nuovo progetto della Bocconi sulla area della ex Centrale del Latte. Personalmente ritengo questo articolo, nelle motivazioni di rifiutare il progetto vincitore, la migliore interpretazione del concetto di Continuità e Contestualizzazione

Ma lo stesso concetto più generalmente su Milano era già stato ribadito da Tadao Ando, Oliviero Toscani e Giorgio Armani in un articolo sul Corriere nel 2007 chiedendosi se Milano è una bella città.

Allora possiamo dire che tutta la nuova architettura degli ultimi anni ha mancato l’integrazione con la Città producendo edifici anomali e strani che potevano trovar posto in tutto il mondo trascurando la Continuità e ignorando ogni forma di Contestualizzazione e volta soprattutto a evidenziare la “gloria televisiva del cliente e dell’architetto” come cita Gregotti nel suo articolo di cui sopra

A questi personaggi di qualità vorrei aggiungere anche i semplici cittadini che scrivono lettere ai giornali per esprimere la loro insofferenza su questi interventi e che in questi ultimi mesi stanno incredibilmente aumentando dimostrando che il problema della qualità esiste e che prima o dopo il Comune dovrà affrontare. Mentre invece sembra perseverare, vedi piazza del Liberty e l’ampliamento della Scala che nella parte che si affaccia sulla via Verdi si merita un’ esame più approfondito.

 

Gianni Zenoni



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