10 gennaio 2017

2017, MILANO NON DELUDERÀ

Il futuro di una città “impegnata”


Nei commenti sull’anno trascorso e sulle prospettive per il prossimo la nota dominante è il pessimismo, bipartisan. Che l’opposizione agiti la bandiera grigia e veda un orizzonte cupo al quale solo lei potrebbe porre rimedio (ma come?) è scontato ma che anche gli editorialisti dei quotidiani più vicini all’attuale governo siano così senza speranza lascia perplessi. E se fosse solo una sorta di “rimbalzo” dall’ottimismo renziano del 2016, imperante fino al tonfo del referendum? Forse, chissà!

01editoriale01fbIl rapporto Demos pubblicato da la Repubblica sabato scorso è impietoso e ci si domanda che impatto avrà su chi ci governa, maggioranza e opposizione. Probabilmente nessuno, tutti intenti a prendersi le misure sulla prossima legge elettorale pensando alle proprie sorti parlamentari dietro la (trasparente) foglia di fico di due magiche parole: democrazia e rappresentatività.

Noi cittadini assistiamo inermi, per noi il problema che andrebbe risolto prima è questo: quali norme ci garantirebbero una classa politica più preparata, più onesta, più attenta al bene comune, perché il sistema dei Partiti ormai ha abdicato a questo ruolo? Dovremo ancora vedere uno Scilipoti alla Nato, nelle commissioni su scienza, tecnologia e sicurezza e in quella sull’Ucraina?

Veniamo al “qui e ora”. Credo che in questo panorama pessimista ci sia un’eccezione: Milano. L’ultimo risultato referendario ci ha consegnato la Milano che già conosciamo: sensata, poca pancia e molta testa, poco incline (la città non la sua classe politica) all’autocompiacimento, pragmatica, pronta a spendersi per sostenere le proprie idee e che in molti casi prima si rimbocca le maniche e poi protesta. Forse un po’ poco “romantica” ma che fa?

La sua fortuna non sta solo nel suo carattere ma nell’immenso giacimento di saperi che, pure per merito di Expo, è venuto a galla anche in settori nuovi o inesplorati e che uniti a una forte volontà di partecipazione rappresentano una combinazione vincente, il terreno fertile per una città che vuole essere “resiliente”. Saperi che si organizzano e che finiscono per costituire l’unico antidoto ai cerchi magici, al familismo della politica e alla sua ineffabile”leggerezza”.

L’agenda del 2017 è fitta.

Prima di affrontare tre grandi questioni – aree Expo, scali ferroviari e edilizia residenziale pubblica – dobbiamo chiudere definitivamente la questione Expo2015 sul piano giudiziario e su quello dei conti. La chiusura di quella vicenda ci serve per fare il punto sul modo di gestire in futuro grandi appalti e denaro pubblico.

Sul piano giudiziario la magistratura farà il suo lavoro e speriamo sia sollecita, chiarezza lo vuole. Inutile però nascondersi dietro un dito: quando il sindaco Beppe Sala dice che in quei momenti concitati di Expo può aver firmato carte che non andavano firmate, ci pone davanti a uno dei problemi irrisolti del nostro Paese. Credo che si sia noti in tutta Europa per la nostra produzione legislativa viziata da acribia e da scollamento rispetto alla realtà quotidiana della vita economica e sociale. Questi regolamenti e queste leggi, come tutta la legislazione urbanistica, al momento buono costringono a operare in regime di deroga: la deroga diventa consuetudine necessaria o addirittura cercata. Il sistema delle garanzie non può essere elastico a piacimento. A buon intenditor poche parole.

La magistratura fa poi il suo mestiere ma anche qui i dubbi sulla sua indipendenza sembrano legittimi ma soprattutto arriva il momento nel quale il giudice ricorre ai periti e allora finisce che sono loro, i loro collegi, che nell’incertezza delle norme amministrano la giustizia. Follia.

Guardiamo in faccia la realtà: se Milano ambisce a un ruolo nazionale deve avere il coraggio di dire che con queste norme non si possono gestire in tempi ragionevoli grandi operazioni di trasformazione territoriale e edilizie ma nemmeno quelle piccole e diffuse sul territorio, il dopo terremoto lo ha già messo in evidenza. Continuare a farlo come per il passato è dichiarare che così va bene, col suo bagaglio di corruzione, di malavita organizzata, di degrado delle istituzioni. A qualcuno piace così?

A proposito delle aree di Expo Marco Garzonio sul Corriere della Sera ha già lanciato un primo allarme invocando che il tutto sia una casa di vetro: parole sante ma la sola trasparenza non è sufficiente. Arexpo S.p.A. “ha indetto una procedura ristretta per l’affidamento della ideazione, dello sviluppo e della gestione di un progetto di “Rigenerazione Urbana” dell’Area ex Expo a supporto della medesima Arexpo S.p.A.”. Ma Arexpo chi è? Chi le ha delegato le decisioni sul destino di queste aree e in base a quale mandato? Nell’interesse di chi si muove? Il suo obbiettivo è quello della rimunerazione del suo capitale e pagare i debiti come si addice a una Società per Azioni? Vedremo un nuovo pasticcio come quello della vendita delle aree della vecchia Fiera di Milano, dove alla fine su tutto prevalse il ricavo economico per chi le possedeva? La trasparenza delle procedure è indispensabile ma prima ancora la chiarezza dei ruoli e questo è un fatto politico.

L’agenda non finisce certo qui. Alle aree Expo seguono gli scali ferroviari e il contesto giuridico amministrativo nel quale ci si muove. Agli scali segue l’edilizia residenziale pubblica con le procedure di appalto e le inevitabili implicazioni di carattere tecnico, ambientale e socio-economico.

Un capitolo a parte riguarda ATM, il gruppo Ferrovie Nord Milano, TRENORD e la politica delle fusioni e incorporazioni, non meno che A2A e le altre partecipate del Comune, per chiudere, la ristrutturazione della macchina comunale.

Un’agenda fitta e chi si aspetta da Milano intelligenza e partecipazione non andrà deluso.

 

Luca Beltrami Gadola

 

P.S. – Leggo sui quotidiani che i Radicali milanesi, approfittando dell’occasione del bando per la ricerca di un’amministratore unico per Infrastrutture Lombarde S.p.A., intendono candidare Valerio Federico alla carica dichiarando il suo programma: la messa in liquidazione della società stessa. Questa”provocazione” in puro stile Radicale mette il dito nella piaga dell’esistenza di una società interamente partecipata da Regione Lombardia, una delle tante nate sopratutto per dribblare le norme del Codice degli Appalti. Il suo direttore generale Antonio Rognoni è stato condannato nel giugno scorso a due anni e due mesi per turbativa d’asta, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. Difficile risanare dopo tanti anni di gestione quanto meno discutibile, meglio chiudere.

 

 

 

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti