10 gennaio 2017

LA GESTIONE SBAGLIATA DI UN CONCORSO ESEMPLARE

Lettera a Salvatore Carrubba, Presidente del Collegio di Milano


Ho partecipato al concorso di progettazione per l’ampliamento degli immobili del Collegio, la cui sede in via S. Vigilio è un’opera di Marco Zanuso del 1974, un’opera eccellente della cultura architettonica milanese di quegli anni. Il riferimento esplicito alle opere di Leslie Martin e anche di Stirling e Gowan rappresenta lo spessore della ricerca di Zanuso e la sua apertura internazionale.

09caruso01fbCerto della condivisione di gran parte dei 60 partecipanti al concorso, voglio sottolineare il merito esemplare di un’istituzione di diritto privato che, non avendo obblighi di legge, ha scelto di affidare un mandato professionale di tale rilievo attraverso un concorso, e non attraverso un mandato diretto. Nel contempo, voglio testimoniare come, in modo altrettanto esemplare, la gestione sbagliata del concorso abbia sortito l’effetto di umiliare il lavoro di sessanta architetti – appassionati dalla sfida di progettare accanto all’architettura di Zanuso – annullando di fatto il merito della scelta concorsuale.

Il bando richiedeva la redazione di un progetto in scala 1:100, con stima dei costi e con viste dimostrative della relazione che il progetto stabiliva con il fabbricato di Zanuso, in un contesto spaziale reso complesso e interessante dalla morfologia irregolare del sedime fortemente alberato. In verità il bando, nella versione originariamente pubblicata, prevedeva anche la presentazione di un’offerta di onorario. Durante l’assemblea aperta agli iscritti al concorso sono intervenuto osservando che l’offerta avrebbe condizionato il giudizio della giuria, che invece doveva essere pienamente libera di valutare soltanto le diverse proposte spaziali. In fase di risposta ai quesiti, la mia osservazione è stata accettata e l’entità dell’onorario è stato rimandata alla trattativa con il vincitore.

Il primo errore della gestione del concorso è stato la composizione della giuria. Oltre al Presidente Carrubba, sono stati nominati l’arch. Leonardo Cascitelli e il dott. Giorgio Colombo. Lei, egregio Presidente, è conosciuto a Milano soprattutto come un intellettuale che ha interpretato in modo largamente apprezzato il ruolo pubblico di Assessore alla Cultura in una passata amministrazione comunale. Ricordo il concorso a inviti che promosse per il nuovo allestimento della Pietà Rondinini, vinto da Alvaro Siza, concorso il cui esito è stato poi tradito da amministrazioni successive che hanno proceduto con mandato diretto.  L’arch. Cascitelli è un grande esperto di pianificazione e di strategie immobiliari. Il dott. Giorgio Colombo è un uomo di scienza. Tutte persone autorevoli e competenti nel loro settore, ma non specificamente preparate – come potrebbe esserlo, per esempio, un progettista o un critico di architettura di valore riconosciuto – di questioni spaziali, impegnato sul terreno della disciplina architettonica propriamente detta, dotato dell’esperienza necessaria per giudicare una sfida progettuale di questo livello.

Solo in Italia è dato di conoscere i nomi dei giurati dopo, e non prima, della chiusura delle iscrizioni a un concorso. Ciò deriva da una sciocca presunzione di garantismo rispetto alla partecipazione di parentele e clientele del giurato. Di fatto, si impedisce ai partecipanti di adottare un saggio criterio di scelta del concorso cui iscriversi, quello della valutazione dell’orientamento culturale della giuria destinata a giudicare il proprio lavoro.

Il concorso si è svolto ed è stato giudicato, ma a nessun concorrente è stato dato il modo di conoscere in base a quali criteri e valutazioni. Nel sito della Fondazione sono stati pubblicati i verbali delle tre riunioni della giuria, nei quali sono riportati i motti che distinguono i progetti delle tre successive selezioni, senza una parola sui temi affrontati dalla giuria, sulle ragioni per cui un progetto è stato giudicato migliore di un altro.

Infine, sono passati ormai circa tre mesi dall’aggiudicazione, la Fondazione non ha nemmeno assunto l’iniziativa di organizzare una mostra dei progetti dei premiati e dei partecipanti. È apparsa soltanto, sul sito della Fondazione, un’immagine del progetto vincitore. Ovviamente non sarebbe serio esprimere giudizi sulla base soltanto di una vista 3D, e comunque da questa non si comprende quale sia la qualità della relazione proposta tra il progetto vincitore e l’architettura di Marco Zanuso.

La morale è disarmante. Sessanta studi di architettura (oltre agli specialisti la cui consulenza è necessaria) impegnati per due/tre mesi hanno investito tra tutti risorse comprese tra 600.000 e 1.200.000 euro, per che cosa? Per essere giudicati da una giuria di persone colte e responsabili, ma non specificamente preparate. Per non conoscere per quali ragioni il loro progetto è stato escluso. E senza poter conoscere i progetti premiati e poter esercitare l’attività del confronto e del dibattito, che è la ragione più profonda e ultima – e utile alla crescita professionale – della partecipazione a una gara.

La gestione dei concorsi deve essere sì finalizzata all’obiettivo di fornire all’ente banditore un’occasione di scelta tra diverse soluzioni, ma deve anche offrire ai partecipanti trasparenti garanzie di confronto alla pari e di un giudizio culturalmente qualificato e razionalmente motivato. Non esiste, oltre agli architetti, una categoria professionale che si sottoponga a gare così onerose, sia per le competenze professionali che per le risorse economiche impiegate. Ma se l’impegno non viene onorato da una procedura corretta e da un esito comprensibile, allora si tratta di una vera offesa alla dignità del lavoro.

L’architettura sta subendo un declino di ruolo senza precedenti. Il mercato edilizio richiede immagini da vendere – che più sono spettacolari più sono vendibili – e poi vorrebbe appaltare la progettazione vera e propria a specialisti dell’”ingegnerizzazione esecutiva”. Di contro, c’è anche chi – istituzioni, imprenditori – comprende le ragioni della cultura architettonica e lavora per promuovere il progetto contemporaneo. La cultura dei concorsi è un elemento decisivo di questo scontro. Un’istituzione come il Collegio di Milano, che deve il suo prestigio anche e soprattutto alla qualità dell’immobile dove risiede, da che parte sta?

 

Alberto Caruso



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