16 novembre 2016

MILANO APPALTI. SPENDERE BENE I SOLDI SENZA ANAC O MAGISTRATI

Le vicende giudiziarie devono insegnare qualcosa


Nei giorni scorsi Il procuratore generale della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha avocato a sé il fascicolo riguardante l’appalto della “piastra” di Expo. Le ragioni di quest’avocazione non le conosco nel dettaglio ma sembra riguardino alcune anomalie nelle procedure di gara, rivelate da uno degli imputati: le disposizioni erano di non compiere controlli per non ritardare l’avvio dei lavori.

01editoriale37fbPer l’ennesima volta ci troviamo di fronte a una situazione nella quale l’emergenza – in questo caso il rischio di non finire in tempo i lavori – giustifica tutto, dalle deroghe all’applicazione di alcune leggi fino alla più totale trascuratezza nelle procedure di controllo.

Emergenza “subita” o “cercata”? Nel caso di Expo senz’altro subita e forse sul banco degli imputati dovrebbero sedere molti che in questa tribolata vicenda ci hanno messo del loro a ritardare tutte le decisioni per ragioni di bassa politica, per interesse personale o per fare pressioni sulle scelte dei dirigenti e del management.

Dopo questa doverosa premessa andiamo al nocciolo della vicenda non per ripercorrere il tribolato iter dei lavori di Expo – un’operazione quest’ultima per altri aspetti di successo – ma perché siamo alla vigilia di molti interventi in materia di opere pubbliche – sviluppo delle aree ex Expo, edilizia sociale, periferie. Vale allora la pena di capire se ci troveremo di nuovo di fronte a episodi di mala gestione e perché ma anche com’è possibile che i soldi per Milano non siano spesi male.

Dopo quarant’anni di attività di costruttore, cessata qualche anno fa, credo di aver partecipato ad almeno 2.000 gare d’appalto tra lavori pubblici e privati e dunque ho vissuto personalmente la degenerazione legislativa del settore e il totale fallimento della stessa rispetto agli obiettivi dichiarati dal legislatore: tutelare la pubblica amministrazione perché il rapporto tra il costo di un’opera e la sua qualità fosse il migliore possibile, regolare il mercato perché fosse competitivo e si esprimessero tutte le potenzialità di un regime concorrenziale.

Questi obiettivi non sono mai stati raggiunti: la pessima qualità delle opere è sotto gli occhi di tutti e si rivela drammaticamente oggi nei terremoti, nei crolli dei ponti, negli edifici scolastici resi insalubri e inagibili, ieri nelle esondazioni e domani chissà. La competitività e la concorrenza non sono certo garantite perché i meccanismi previsti per la scelta delle imprese, i cosiddetti contraenti, sono passati alternativamente da qualcosa che sembrava una lotteria – le medie tra le offerte pervenute e l’assegnazione a chi vi si avvicinava maggiormente – a meccanismi complessi e affidati a valutazioni soggettive di commissari – spesso manipolate – su parametri aleatori come i costi di manutenzione stimati.

Non mi voglio addentrare nei dettagli tecnici ma il nuovo Codice dei Contratti pubblici, del quale l’attuale Governo sembra andar fiero – con l’aggiunta di alcune norme che prevedono l’intervento dell’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione) – non solo non risolverà il problema del raggiungimento degli obiettivi, ai quali ho accennato prima, ma rallenterà l’attività degli Enti locali, soprattutto quelle dei Comuni minori, costringendoli a ricorrere al coinvolgimento di strutture centralizzate per l’indizione e la gestione degli appalti, allungando ancora i tempi burocratici. Alcuni sindaci dei Comuni terremotati hanno già sollevato il problema.

Ma torniamo alla cronaca milanese sottolineando un fatto che anch’esso merita qualche riflessione: l’appalto per la piastra aveva una base d’asta di 272 milioni e l’Impresa Mantovani fece un ribasso del 42% aggiudicandosi il lavoro a 149 milioni. I rumors di allora furono che fosse una follia e, io aggiungo, una follia in sé ma non nel mondo delle gare pubbliche. Pare poi che la liquidazione finale dei lavori sarà vicina alla base d’asta.

Come ho detto di gare pubbliche ne ho fatte anch’io moltissime e ho visto assegnare con ribassi anche maggiori in gare nelle quali tra l’offerta più alta e la più bassa c’ara un divario magari del 50%.

Una prima osservazione: ma in gare con questi ribassi chi ha stabilito la base d’asta rendendo possibili sconti di quel tipo? Un incompetente, uno che non sa fare le somme? Da quanto tempo si osserva però che a lavori finiti il ribasso d’asta è stato totalmente ricuperato a favore dell’impresa tra varianti, nuovi prezzi e beneficienze varie? Perché nessuno batte ciglio?

Ho partecipato anche a molte gare d’appalto, anche per rilevantissimi importi, bandite da società immobiliari private o da semplici clienti, persone fisiche. Erano tutte offerte secche al miglior offerente, il cosiddetto e tanto vituperato massimo ribasso: tra il primo e l’ultimo le differenze erano di qualche punto percentuale, raramente più del 10%. Perché non c’erano sconti del 40%? Se qualcuno se lo chiede gli darò la spiegazione.

Tutto questo vi sembra normale? Quanto dobbiamo aspettare perche uomini di buona voglia rimettano mano al Codice dei contratti pubblici senza farsi fuorviare da burocrati amanti della complessità e delle perfette architetture di leggi e regolamenti che seminano la nostra quotidianità di episodi di cronaca giudiziaria e impediscono una sana crescita del settore delle imprese di costruzione e salvino lo Stato dalle scorribande di imprenditori disonesti? Si parla tanto di “rottamazione”, di cancellare il vecchio e i suoi guasti: cancelliamo il Codice dei contratti pubblici, un frutto velenoso del passato, e ripartiamo da zero.

I lavori pubblici a Milano cominceranno prima che questa “rivoluzione” legislativa possa anche solo essere immaginata, non ci resta che utilizzare l’attuale normativa scegliendo nel gestire gli appalti tra le opzioni possibili quelle più organiche rispetto agli obbiettivi, ai quali ho accennato, ed escludendo quelle disorganiche: è possibile, basta volere. Tanto per confermare lo spirito pragmatico milanese.

Luca Beltrami Gadola

 

P.S. – Non ho parlato di Codice dei Contratti Pubblici versus corruzione, mafia e ‘ndrangheta. Sarà per un’altra volta.

 

 



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