5 ottobre 2009

LUIGI CACCIA DOMINIONI ARCHITETTO MILANESE E SIGNORE


A tutti è noto che in piazza Sant’Ambrogio a Milano abita ed ha studio professionale l’architetto Gigi Caccia. È stato abbreviato per simpatia il cognome e non vi è persona che vive e partecipa agli accadimenti di questa città che non conosca almeno tre edifici da lui progettati e non abbia in casa qualche oggetto d’uso disegnato da lui. Sono stato a trovarlo in questi giorni a mezzogiorno perché seguo sempre con interesse la storia dei grandi vecchi, che per generazione mi precedono, cui sono legato per professione alla loro storia e alle loro tracce. Mi accoglie la figlia Lavinia che pure conosco da molto tempo che dal piano rialzato, dove si sviluppa una parte di studio, mi conduce al piano semi interrato dove trovo sorridente quel signore amico di mio padre e dei miei fratelli antiquari.

L’ambiente mi è famigliare pur non avendo mai avuto prima d’ora occasione di frequentare questi spazi. C’è di tutto come in qualunque studio, ma un tutto che ha per differenza una eleganza discreta che corrisponde al portamento del vecchio signore compagno di scuola di Ponti ed amico dell’ intelligenza milanese e delle sue tradizioni mantenute in vita da quella società di intellettuali ed imprenditori di cui Milano è sempre stata sostenitrice. Parla con voce ferma, ironizza, ricorda. Forse è l’unico degli architetti milanesi del 900 ad essere riuscito, con la sua architettura, a creare uno stile riconoscibile, una architettura che è milanese usando forme, materiali, lavorazioni strettamente legate alla tradizione anche se aggiornate con sapienza. Ha avuto molti imitatori che il più delle volte non avevano capito dove stesse il segreto della sua architettura accattivante, degli spazi e dei suoi colori sempre in assoluta sintonia con i paesaggi della città ed il suo hinterland. Non avevano capito che le capacità nascono dalla cultura e dalla sensibilità che va coltivata con passione e generosità. Ha sempre goduto dell’appoggio e della fedeltà dei migliori artigiani che, come credenziali, offrivano l’onore di lavorare con “Caccia” e lo seguivano nelle continue sperimentazioni e ricerche.

E’nato il 7 dicembre giorno di Sant’Ambrogio in piazza Sant’Ambrogio e suo padre si chiamava Ambrogio.

All’ interno della chiesa vi è una sua opera importante che rimodella la base dell’altare, molto discusso questo suo intervento come la sistemazione di piazza San Babila. Non vorrei parlare però delle sue opere che sono molto note e che non hanno bisogno di ulteriori affermazioni quanto piuttosto dell’uomo: della sua presenza elegante, non aggressiva e discreta. Di un maestro che non ha insegnato ufficialmente in qualche facoltà ma un maestro in campo. Erano note allora a noi ancora studenti le due scuole di pensiero che riguardavano la pratica del disegno: la prima che disegnava tutto sulla carta come facevano Albini-Helg, l’altra invece che preferiva , come Caccia, disegnare sui muri in cantiere discutendo con i capomastri e gli esecutori.

Azucena produce dal ’47 suoi oggetti di design divenuti famigliari per almeno due generazioni di giovani sposi. E oggi?

Dalle finestre dello studio si vedono cesate che proteggono malamente un cantiere abbandonato. Le proteste quotidiane dei cittadini forse contano poco. La piazza Sant’Ambrogio sembra morta e soffocata da un dedalo di sentieri improvvisati.

Subito dopo la guerra nel ’45 quando Milano pensava alla sua ricostruzione un piccolo gruppo di persone tra cui Gigi Caccia Dominioni e Lodo Belgiojoso si erano battuti per ricostruire il Teatro alla Scala come era e ci sono riusciti. E oggi?

Antonio Piva



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