16 aprile 2014

PARTECIPAZIONE. USCIRE DALL’EQUIVOCO PRESSAPOCHISMO DI COMODO


La possibilità di partecipare al dibattito politico e alla determinazione delle scelte della pubblica amministrazione è destinata a diventare sempre più la discriminante tra un sistema istituzionale capace di comunicare con i cittadini e la definitiva frattura tra questi ultimi e la politica. Per questo anche in Lombardia si sta discutendo, con molte timidezze, di una possibile regolamentazione dei processi partecipativi. Se n’è parlato anche in un convegno, promosso dal gruppo consiliare regionale del PD, che ha visto il contributo, tra gli altri, di Fiorella De Cindio dell’Università degli Studi di Milano e di Fiorello Cortiana di Green Italia, oltre che la presentazione di alcune buone pratiche già attuate sul territorio.

03pizzul15FBPare fondamentale, come ha sottolineato con chiarezza la De Cindio, avere al più presto una legge che regoli, sostenga e finanzi i processi partecipatici, ponendosi come obiettivo la possibilità di coinvolgere più cittadini possibile in questi processi. La pubblica amministrazione dovrebbe esplicitare il vincolo, ovvero il patto che è disponibile a siglare con i cittadini, sugli esiti delle consultazioni: capire fin da subito che fine faranno le idee elaborate non è un elemento secondario per promuovere una effettiva partecipazione che troverà negli strumenti informatici un complemento ormai inevitabile.

La partecipazione non può essere costruita attraverso eventi isolati, deve poter continuare e diventare strutturale, fino a diventare un processo naturale per qualsiasi iter decisionale dell’ente pubblico. Quest’ultimo deve essere disponibile a cedere una quota, seppur piccola, della propria sovranità per garantire un peso politico a quanto il processo partecipativo elabora e per far sì che la partecipazione non sia solo una buona intenzione, ma giunga a concreti risultati. Dal punto di vista pratico, è necessario costruire spazi che abilitino alla partecipazione, per i quali Internet è uno strumento di estensione e non di sostituzione: in un tempo in cui il rinchiudersi nel privato pare diventata una regola generale, individuare modalità accessibili di partecipazione non è affatto scontato.

La logica vincente, in questo senso, ha ricordato Fiorello Cortiana, non può che essere quella della rete in cui tutti hanno diritto di parola e di protagonismo, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Una logica che dovrebbe essere elemento caratterizzante anche un cammino complesso come quello della costruzione della Città Metropolitana a Milano. Solo un ente locale capace di comunicare con chiarezza le proprie intenzioni e di raccontare con trasparenza i passi fatti può suscitare partecipazione e recuperare un rapporto con i cittadini del proprio territorio. È bene diffidare da una pratica della partecipazione che emerga solo occasionalmente e non sia in grado di costruire percorsi e processi chiaramente identificabili.

La mancanza di partecipazione e di trasparenza crea inevitabilmente conflittualità e tensione sociale. Vicende come quella delle vie d’acqua per l’Expo o dei 54 impianti (tra siti di smaltimento rifiuti, cave o simili) attualmente contestati in Lombardia parlano chiaramente di procedimenti che non hanno tenuto conto, se non in minima parte, delle opinioni di coloro che abitano i territori interessati.

Dal convegno è emersa anche la necessità che le pubbliche amministrazioni si dotino di progetti consolidati di partecipazione e di budget a essi dedicati: investire in partecipazione significa poter risparmiare tempo e risorse per il perseguimento dei propri obiettivi di governo. La partecipazione presuppone fiducia, ma soprattutto genera fiducia e consente alla pubblica amministrazione di costruire un rapporto stabile con i propri cittadini e di recuperare almeno una parte di una credibilità che è stata ormai ampiamente erosa. A parole tutti sono disposti a investire in comunicazione e partecipazione, ma un’analisi dei siti Internet istituzionali delle amministrazioni locali lombarde, curata dall’associazione Partecipazione Democratica, rivela come spesso ci si fermi a una comunicazione unidirezionale e come l’effettiva possibilità di interloquire con l’istituzione locale rimanga spesso una buona intenzione.

Non mancano, però, eccezioni degne di nota, a partire da due esperienze raccontate nell’incontro di mercoledì scorso, quelle dei comuni di Rho e Canegrate, in provincia di Milano. Con modalità e strumenti diversi, le due amministrazioni hanno coinvolto i cittadini nella definizione di politiche concrete d’intervento sulla propria realtà locale, impegnandosi a utilizzare in tal senso una quota del proprio bilancio annuale. Uno sforzo, a quanto è stato raccontato, che ha dato buoni frutti in termini di coinvolgimento dei cittadini e di buona immagine dell’amministrazione. Il cammino della possibile legge regionale sulla partecipazione è ancora agli inizi, da parte della maggioranza che sostiene Maroni non c’è grande entusiasmo, ma il cammino pare inevitabile.

Fabio Pizzul



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