13 marzo 2013

HUGO CHÀVEZ: CAUDILLO O RIVOLUZIONARIO?


Nel gennaio del 1999, quando Hugo Chávez Frías aveva da poco vinto le sue prime elezioni presidenziali, Gabriel García Márquez intervistò nel corso d’un viaggio aereo dall’Avana a Caracas il neo-eletto presidente di quella che sarebbe presto diventata la Repubblica Bolivariana del Venezuela.

Da quell’intervista nacque un articolo che terminava con questa frase “Mentre (Chávez n.d.r.) s’allontanava accompagnato dalla sua scorta di militari carichi di medaglie e amici della prima ora, mi colpì l’impressione d’aver viaggiato e intrattenuto una piacevole conversazione con due uomini contrapposti. Uno al quale un ineluttabile destino offriva l’opportunità di salvare il suo paese. E, l’altro, un illusionista che poteva passare alla storia come un despota tra tanti”.

Quale di questi due Chávez individuati dall’autore di ‘Cent’anni di solitudine‘ è quello che, da ieri, il Venezuela piange sconfortato, proclamando addirittura una settimana di lutto nazionale? Nessuno dei due. O, forse, entrambi. Questa incredibile dualità del personaggio è stata davvero ben individuata da Màrquez che peraltro non lo conosceva e non aveva avuto modo di saggiare la sua controversa esperienza politica.

Perché, se è indubbio che una sorta di “illusionismo rivoluzionario” è stato parte essenziale d’un regime che, per quanto convalidato da almeno quattro prove elettorali, ha in sé molto della tirannia, vero è che Chávez ha, a suo modo, profondamente cambiato in questo quindicennio il Venezuela, risvegliandone le parti più povere e neglette, in un paese che era e rimane poverissimo sia nelle città sia nelle campagne.

Ma chi è stato realmente questo personaggio tanto controverso che ha retto il Venezuela, paese sempre più complesso socialmente, per oltre quindici anni? Cosa lascia Hugo Chávez Frías, fondatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela? Innanzitutto, un culto para-religioso: un culto della personalità con una visione dei fatti e della storia alterati, non di rado, fino al grottesco. Pensiamo alle parate militari, alla sua vita di eccessi, fino al mistero irrisolto sulla sua salute negli ultimi anni.

Ci lascia una parvenza di rivoluzione, effettivamente avvenuta nel corso del quindicennio di governo: un paese indubbiamente più ricco e meno diseguale, grazie a un boom petrolifero senza precedenti e a una politica che ha indubbiamente apportato grandi benefici ai settori più diseredati della società.

Tale miglioramento delle condizioni di vita del paese è, però, strettamente connesso con lo sfruttamento del petrolio, bene da cui il paese è sempre più dipendente economicamente, avendo tralasciato, in quanto decisamente meno redditizi, settori quali, ad esempio, l’agricoltura. Ci lascia infine, il presidente bolivariano, un regime di fatto (di fatto, nel senso di non vincolato da regole costituzionali) il cui destino appare quanto mai nebbioso anche in un’ottica di rapporti internazionali.

Chávez era, infatti, nel Venezuela che oggi lo seppellisce con gli onori che si riservano ai padri della Patria, l’unica vera fonte del potere e ci si chiede come gestiranno il potere coloro che verranno dopo di lui. Lo vedremo presto, nelle prossime settimane, se si andrà a nuove elezioni o se i suoi più stretti collaboratori, in un’ottica quasi di “successione monarchica”, prenderanno il potere.

E, infine, una riflessione a lungo, lunghissimo raggio spazio-temporale: che qualche elemento della personalità di questo personaggio che nel bene e nel male ha avuto un grande ruolo nella politica internazionale sia giunto sino da noi in Italia?

 

Ilaria Li Vigni

 



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