9 luglio 2012

LA MILANO DI PISAPIA – PERICLE E IL MODELLO ARANCIONE


“A Milano faremo così” parafrasando Pericle nel suo discorso agli Ateniesi, Roberto Vecchioni suggerì alla folla arancione riunita in piazza Duomo per la chiusura di campagna elettorale l’immagine della “Milano di Pisapia” come di una città di diritti e dei doveri e comunque di una città nella quale la politica, la democrazia e la partecipazione sarebbero state “diverse” dal resto del paese che la circonda.

L’Atene di Pericle visse per oltre un decennio l’ebbrezza della libertà, del potersi dare le proprie regole, di scegliere e giudicare i propri leader, decidendo dopo consultazioni fra cittadini effettuate in concitate assemblee sempre molte ricche di interventi, circondata da genti che avevano altri modi e altre politiche.

Gli Spartani, a due – tre giorni di marcia dall’Acropoli, avrebbero tolto agli Ateniesi volentieri quella libertà politica e li avrebbero voluti di nuovo sotto la tutela dei pochi aristocratici, se non di un tiranno, mentre più lontano, ma con risorse e poteri sterminati la corte del gran Re Persiano periodicamente tentava l’invasione, per imporre proprie leggi e costumi.

Con Formigoni e quel che resta dei partiti nella parte degli Spartani e il governo Monti nel ruolo dei Persiani la metafora della Milano di Pisapia come l’Atene di Pericle rende ancora la sensazione dell’unicità dell’esperienza politica arancione milanese.

A un anno data delle parole di Vecchioni orizzonti e scelte degli altri protagonisti della politica italiana non si muovono certo nella direzione indicata da Milano, tanto è vero che la coalizione “larga” che comprende tanto la borghesia tendenzialmente centrista quantola Federazionedella Sinistra non sembra essere la prima opzione per nessuno fuori da Milano.

Proprio per non ripetere l’errore degli Ateniesi che si illusero di poter sostenere la propria diversità contro tutti senza mettere in conto che le divisioni interne ne minassero la forza, il Sindaco di Milano ha effettuato in questi giorni una sorta di “tagliando politico” basato sui risultati conseguiti nel primo anno di amministrazione e sulla delineazione di alcuni obiettivi per il prossimo futuro.

Lo ha fatto, non a caso, dopo la sofferta approvazione (sul piano fisico, più che su quello politico) di un bilancio del quale si è politicamente orgogliosi (mantenere i servizi, avviare investimenti per miliardi e al contempo rispettare vincoli ed effetti della crisi crescenti e diversi giorno per giorno non è impresa di poco conto!) perché tra comunicazione e dibattito d’aula, svolto in condizioni pessime per l’ostruzionismo privo di senso politico che l’opposizione impone sempre e comunque a Milano, avevano fatto capolino alcuni problemi da non sottovalutare. Si sono rivisti anche vecchissimi elementi di vecchia politica nelle richieste di intervento a favore dei venditori di angurie contro il ritiro di qualche emendamento, cui ogni tanto manzonianamente qualche “sventurata rispose…”

Se la linea  “keynesiana” e “municipalista” è chiaramente quella di una Giunta di orientamento di “Sinistra-Centro” (definizione dell’assessore Tabacci) non si può certo ignorare come la simpatia verso la linea “Montiana”, francamente impossibile da omologare culturalmente e politicamente alla sinistra, sono presenti nella coalizione milanese. E lo sono per adesione politica e culturale, come per l’assessore Tabacci e alcuni esponenti del Pd come Michele Salvati, oppure per eccesso di entusiasmo per le soluzioni di emergenza quando non per attacchi da “sindrome di Stoccolma” per altri.

Si tratta di tendenza dalla cui composizione e giusto “mix” è nato proprio il “movimento arancione”, che è riuscito a renderle elementi diversi di un tutto omogeneo, ragione per cui non ci sarebbe necessariamente da allarmarsi: il dibattito all’interno delle Giunta è stato aperto e trasparente, così come la sua conclusione, che è stato tutto tranne che un compromesso e ha generato il bilancio di sviluppo e risanamento approvato. Ma l’influenza di partiti e movimenti che hanno posizioni diverse sul piano nazionale, ancora sottotraccia, non può non fare sentire i suoi effetti anche a Milano e ricondurre il tutto, complice anche qualche grave errore commesso in questa occasione dalla Giunta, ha richiesto del tempo e qualche passaggio in più.

Il Sindaco ha chiesto e ottenuto una esplicita conferma da parte della Giunta (cui seguirà analoga operazione con i consiglieri comunali) della condivisione del progetto politico che è oggi la valorizzazione di quanto realizzato nel primo anno di mandato (dal bilancio, all’avvio della città sostenibile con Area C, al PGT fino al ripristino di regole etiche e civiche nella conduzione della cosa pubblica) ma è anche la fissazione di obiettivi qualificanti precisi e a breve.

Sulla realizzazione di alcune istanze relative ai diritti civili (registro coppie di fatto, luoghi di culto), sulla scelta per la città metropolitana come semplificazione e rinnovamento istituzionale, sull’Expo dei contenuti, sugli investimenti sulla città, si delineano i contorni già definiti del progetto di città che impegnerà l’amministrazione fino alla fine della legislatura.

La condivisione politica di questo impegno e l’assicurazione che le priorità personali e politiche di tutti i membri della Giunta sono nel progetto Milano è la condizione, condivisa da tutti, per preservare un valore politico autonomo dell’esperienza milanese. Se questa condivisione si manterrà e anzi si allargherà, resistendo a spinte centrifughe o personalistiche che sarebbe sciocco negare esistano, sarà possibile spendere politicamente l’esperienza milanese in aiuto al dibattito nazionale.

Nei giorni scorsi Giuliano Pisapia e Marco Doria hanno notificato questa intenzione ai partiti e ai protagonisti del dibattito nazionale, confermando l’indisponibilità a partecipare a “collage” di sigle e persone ma confermando il proprio interesse a collaborare con un processo che, con la massima partecipazione possibile, costruisca una ipotesi politica di centro-sinistra che tenga insieme partiti, associazioni e cittadini su un progetto e non aderendo a qualche disegno un po’ velleitario fatto in laboratori senza partecipazione collettiva.

Così come il confronto e la verifica politica dell’amministrazione Pisapia avviene in tutte le forme possibili con la città e i cittadini e non certo con “vertici” e ceto politico ormai privo di legittimazione, anche la costruzione di un credibile progetto per l’Italia (e per l’Europa, prima o poi bisognerà cominciare a pensarci) passa attraverso un percorso di ascolto, confronto e condivisione che non può essere delegato ad altri.

Senza dimenticarsi che l’Atene di Pericle resistette qualche lustro e poi arrivarono i Trenta tiranni: porre ordine solo a casa propria, dopo un po’ non basta più.

 

Franco D’Alfonso

 

 



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