26 marzo 2009

LA SCUOLA DEL 5 E LA SCUOLA CHE EDUCA


Già da quest’anno, nelle scuole secondarie di primo e secondo grado si è ritornati alla valutazione della condotta come elemento che può determinare la bocciatura. Gli alunni di medie e superiori, che durante l’anno dovessero compiere gravi atti d’indisciplina, saranno passibili in sede di scrutinio di essere valutai dal Consiglio di Classe con un 5 in condotta. Tale valutazione determinerebbe l’automatica bocciatura.

Il quotidiano “Repubblica” (1/3/2009) segnala una vera e propria pioggia di 5 in condotta verificatasi agli scrutini intermedi. Questo dato è stato rilevato a livello nazionale; quasi 35.000 studenti non hanno raggiunto la sufficienza per il comportamento. 8.151 hanno la sola insufficienza in comportamento; i più indisciplinati sono gli studenti degli istituti professionali, seguono i tecnici. I più “buoni” risultano essere i liceali.

I dati vanno opportunamente analizzati ed esprimono un disagio che la semplice sanzione della bocciatura con il 5 in condotta non può affatto risolvere, ma solo aggravare. Perché gli studenti a scuola non si comportano in modo adeguato? A che cosa si devono i comportamenti inaccettabili spesso descritti dai quotidiani?

La scuola, in Italia, è da anni in crisi, a causa soprattutto della caduta d’interesse e di significato delle materie scolastiche e del venire meno della capacità di far acquisire agli studenti abilità e competenze di base. Le difficoltà riguardano anche il sempre più diffuso disorientamento e disagio di molti giovani nel trovare significati nel presente e nel progettare il futuro, così come nel capire e nel valorizzare il confronto e l’incontro con altre culture.

La scuola che abbiamo ereditato, che opera nella logica del cinque in condotta, è invece nata con la funzione di trasmettere il sapere, di conservare e di riprodurre gli equilibri sociali esistenti, con un impianto didattico ripetitivo e statico. La scuola nella società della globalizzazione deve, invece, cambiare impianto formativo in una prospettiva europea, per motivare gli alunni, per metterli in grado di trovare risposte alle proprie domande di senso. Perciò occorre partire dalla cultura giovanile di oggi, dalla loro base cognitiva, da ciò che essi apprendono, vedono, acquisiscono dal mondo circostante.

Chi opera nella scuola deve essere consapevole che esistono oggi due curricoli: quello formale e quello non formale, quello scolastico e quello esterno alla scuola. I nostri studenti, oggi, imparano più dall’esterno della scuola che dall’interno di essa. In un’epoca in cui gli studenti sono immersi in un ricchissimo, spesso caotico mondo d’informazioni, di proposte di valori e di comportamenti, di segni e di linguaggi, l’apprendimento scolastico non è che una delle possibilità di formazione delle giovani generazioni.

Proprio per questo, la scuola, oggi, ha una funzione importante; essa deve educare all’assunzione di responsabilità e alla formazione di una cittadinanza attiva, capace di dare valore all’incontro e alla relazione con gli altri. La scuola deve rinunciare alla logica trasmissiva tradizionale, deve invece fornire gli strumenti per apprendere ad apprendere, per costruire e per trasformare le mappe dei saperi rendendole continuamente coerenti con la rapida e imprevedibile evoluzione delle conoscenze, con la progettazione di proposte educative e didattiche coerenti con quello che è ritenuto compito fondamentale della scuola: “insegnare ad apprendere” e “insegnare a essere”.

Che rapporto c’è fra il modello educativo descritto e la scuola del cinque in condotta che sanziona, ma non previene? Discutiamone insieme.

Claudia Laffi



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