19 giugno 2012

REDDITO, TEMPO E LAVORO: LE NUOVE RAGIONI


“Il pensiero femminista ha messo in discussione il contratto sociale che si basa sul paradigma del maschio adulto indipendente. Che indipendente non è, perché dipende, come tutti, da una massa enorme di lavoro informale e invisibile garantito (prevalentemente) dalle donne. Questo punto di vista: siamo tutti/e interdipendenti interroga in modo radicale gli scopi del lavoro per il mercato, i suoi tempi e i suoi modi, come emerge dall’esperienza delle donne al lavoro”. Di questo si discute all’Agorà del lavoro a Milano.

Il lavoro domestico di manutenzione e quello di cura di minori, anziani e malati, quello relazionale di cui tutti hanno bisogno occupano statisticamente più tempo di quello impiegato nel mercato per ricevere un reddito e sono fatti gratis. Sarebbe ora che tutta questa attività necessaria per vivere entrasse a far parte di un nuovo contratto sociale in cui risultasse visibile e corrisposta, non solo perché determina la qualità della società intera ma perché ormai travalica la divisione di compiti tra uomini e donne, così come la necessità di sostenerla con un reddito per ciascuno. Tenere assieme le responsabilità e le pratiche della vita relazionale privata e di quella pubblica apre il pensiero a riconoscere un nuovo paradigma nel lavoro e nel sostentamento individuale. Un reddito minimo che permetta l’esistenza; un lavoro che garantisca l’appartenenza sociale, almeno a mezzo tempo; un tempo che permetta di relazionarsi a chi ha bisogno, per la tua soddisfazione affettiva; forse oggi tutto converge in questo senso.

Il lavoro, parzializzato e svuotato di valore se non eliminato, può solo riprendere valore da un lato nei servizi appunto, nel trasferire valore a ogni lavoro che conta per la vita e le persone perché tratta di necessità e piaceri relazionali (i servizi, sia pubblici che privati, oggi sono sotto l’attenzione e la richiesta di soddisfazione da parte della popolazione). Dall’altro proprio nella ripulsa dell’alienazione e dalla ricerca di ridare significato a quello che si fa nel mondo della produzione. Perché le forze produttive hanno ormai mostrato d’essere anche forze distruttive delle risorse del pianeta e della sua vivibilità. Se il lavoro diviene solo uomo fatto macchina, quasi uguale al viceversa, è proprio il reddito minimo garantito l’argomento che ridà tempo, una misura al consumo ed entrambi umanizzazione agli stili di vita. La riscoperta del legame sociale che il lavoro comporta per ciascuno, del valore che questo legame sta a significare per tutti, emerge inoltre proprio con la precarietà e la scomparsa del vincolo e dell’opportunità, ri-motiva a costruire vincoli e opportunità di lavoro e a normarli socialmente.

Partendo dalla organizzazione presente del lavoro: si può diminuire di un poco il tempo del lavoro normato, così che sia da riferimento politico generale, proprio all’incontrario della strategia oggi imposta dal grande padronato. Mezz’ora in meno per tutti o un’ora in meno, con lo scopo chiaramente espresso di dedicarlo al lavoro necessario della manutenzione e della assistenza relazionale che tutti abbisogna. Il tempo che viene lasciato libero si può pretendere venga vincolato a nuove assunzioni. Si può creare un’agenzia di impiego che non permetta la disoccupazione e costringa, si costringa a scegliere un lavoro a mezzo tempo, un lavoro sia garantito che obbligatorio per parte della propria giornata così da generare a ciascuno un reddito e un legame sociale, un lavoro socialmente utile. Reddito aggiuntivo, come in parte è già in atto in molti comuni e regioni, può essere ulteriormente esteso nei molti casi che ne necessitano prelevandolo da redditi che vengano considerati e dichiarati “eccedenti la media del paese”.

Questo indirizzo è presente già in molti paesi d’Europa: il denaro pubblico viene impiegato in una miriade di investimenti sia sulla formazione dei cittadini che sul rendere sostenibile la loro esistenza e i loro progetti. È una risorsa dimensionata e la cui distribuzione richiede una elaborazione accurata di voci e riscontri, un progetto politico e amministrativo su cui misurare le forze e che può evolversi nel tempo.

È ben visibile d’altronde la necessità di arrivare a una redistribuzione di reddito e risorse data l’intensa occupazione di macchine e sistemi elettronici che sostituiscono grandi numeri di lavoratori, la produzione deve avere destinatari e acquirenti e dunque stipendiati o percettori di reddito. Ma anche rispetto alle scelte produttive, un’economia in crisi si apre di più sia alle scelte dei consumatori che alla loro iniziativa di auto soddisfazione. Da molte parti ormai giunge l’aspettativa che la cooperazione possa divenire un nuovo modello organizzativo: dalla piccola cooperativa, al sistema di cooperative, al controllo dell’equilibrio cooperativistico mondiale.

L’attuale realtà è talmente deflagrante che permette di mobilitare nuove iniziative parziali, possono convergere se non si smette di visualizzare l’interesse che ne abbiamo tutti quanti.

Il prossimo appuntamento dell’Agorà del lavoro è lunedì 25 giugno alle 18,30 in viale d’Annunzio n. 15.

 

Antonella Nappi

 



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