8 maggio 2012

teatro


 

EFFETTO LUCIFERO

drammaturgia Dario Merlini – regia Andrea Lapi, Dario Merlini, Umberto Terruso

con Stefano Cordella, Daniele Crasti, Massimiliano Mastroeni, Dario Merlini, Dario Sansalone, Fabio Zulli; co-produzione Teatro Filodrammatici e Òyes.

Progetto vincitore del Premio Giovani Realtà del teatro 2010, Testo finalista al Premio Riccione-Tondelli 2011.

 

Negli anni settanta all’Università di Stanford il professor Zimbardo sottopone alcuni studenti a un esperimento: li suddivide in modo arbitrario in “guardie” e “carcerati” e fa loro simulare la vita carceraria per due settimane. In pochissimo tempo, i ragazzi, senza nessuna precedente predisposizione alla violenza, assumono così seriamente i loro ruoli da costringere il professore a interrompere l’esperimento per salvaguardare la loro incolumità fisica.

Da questa ricerca di Zimbardo sull’origine della violenza, che porterà il professore a teorizzare l’approccio “situazionale”, prende le mosse il lavoro coordinato drammaturgicamente da Dario Merlini, il quale ha tirato le fila di due anni di studi e improvvisazioni del gruppo Òyes, scrivendo un testo che è stato anche finalista al Premio Riccione.

Sei uomini trovano rifugio in un’abitazione isolata. I padroni di casa, che non si vedono mai, mettono loro a disposizione sei tute, tre marroni e tre blu. In quelle marroni c’è una chiave per aprire una cassetta con dentro le indicazioni per governare la casa fino al ritorno dei proprietari, in quelle blu invece no. Questa differenza arbitraria genera fin da subito conflitti che si ripetono ogni volta che i padroni danno nuove disposizioni o gli uomini in blu cercano di opporsi all’ordine delle cose che va via via costruendosi.

L’ambientazione in un luogo non definito e quasi post-nucleare, tipica e un po’ abusata negli ultimi cinquant’anni di teatro post-beckettiano, estrapola la vicenda da un contesto realistico e permette di concentrarsi sulle dinamiche interne. I rapporti fra i personaggi sono molto interessanti e ben costruiti, così come emergono bene le dinamiche della violenza, del sospetto e della paura, senza indugiare troppo nella psicologia, che rimane il punto di partenza e di arrivo del lavoro, ma non “inquina” la vita scenica dei personaggi che non vengono schiacciati dal peso simbolico di ciò che rappresentano.

Quel che manca, forse, è un po’ di sviluppo interno, perché i sei vengono presentati già nella prima scena come inclini alla violenza e in leggero conflitto fra di loro e quello che fanno le tute è soltanto “creare le squadre”. Sarebbe stato ancora più forte, forse, iniziare con rapporti amichevoli e concilianti, per far vivere meglio il processo che porta alla violenza. L’impressione è che, forse anche per il tipo di lavoro che parte dalle improvvisazioni degli attori, si siano costruite variazioni sul tema che, seppur molto interessanti e ben fatte, avrebbero bisogno di un arco di sviluppo più definito per portare lo spettatore dentro alla vicenda.

D’altro canto il pregio di un lavoro di questo tipo è che gli attori, che hanno contribuito alla creazione del loro personaggio, sono tutti estremamente credibili e riescono a mettere in mostra le loro qualità singole senza andare a discapito di un progetto che condividono, difendono e di cui si sentono parte.

Un testo ben scritto, con un linguaggio scarno, efficace e con spunti ironici, una messa in scena movimentata e con buone trovate e una recitazione convincente danno vita uno spettacolo di sicuro impatto sul pubblico.

 

Teatro Filodrammatici dal 2 al 13 maggio.

 

 

In scena

Al Teatro Out Off dal 10 maggio al 3 giugno L’Adalgisa di Carlo Emilio Gadda, regia di Lorenzo Loris.

All’Elfo Puccini dall’8 maggio al 3 giugno Rosso, di John Logan, regia di Francesco Frongia.

Al Piccolo Teatro Grassi fino al 27 maggio Pro patria di Ascanio Celestini.

Al Teatro I fino al 14 maggio Incendi di Wajdi Mouawad, regia di Renzo Martinelli.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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