8 novembre 2011

Scrivono vari 09.11.2011


Scrive Paola Giuliani ad Arcipelago Milano – Prima di lanciare fango e dove arriva, arriva, non sarebbe il caso di informarsi e poi meditare tre minuti? Fare un fascio di Formigoni, Don Verzé, CL, CdO e chi più ne ha più ne metta … a che serve? Vediamo chi costruisce cose positive e lasciamoci tentare dal farne migliori!

Risponde Luca Beltrami Gadola – Gentile signora Giuliani, non credo di aver lanciato fango ma solo riportato fatti e notizie note e incontrovertibili. Da tempo mi occupo di quello che per me è un “problema”: l’invadenza e la prepotenza della Compagnia delle Opere e della struttura ideologica che la sostiene ossia Comunione e Liberazione. Così come è successo nella sanità lombarda non solo a mio giudizio ma anche secondo moltissimi clinici coi quali ho rapporti le scelte che vengono fatte non seguono il principio della competenza ma quello della appartenenza, la stessa cosa avviene in molti altri ambiti tra i quali gli incarichi professionali o la scelta degli appaltatori e fornitori di servizi.

Questo disgraziato costume l’ho combattuto e lo combatto senza distinzioni ideologiche. Le mie battaglie contro lo strapotere delle cooperative “rosse” mi sono costate molte inimicizie e ritorsioni fin tanto che ero titolare di una impresa di costruzioni. Anche di recente ho stigmatizzato operazioni immobiliari indegne dove vedevo alleati di ogni colore all’insegna del “business is business”.

La mia insofferenza per queste pratiche deriva anche dal fatto che le speranze di carriera e di lavoro di molti giovani vengono così frustrate. Perché non vogliamo capire che non è solo il poco lavoro che allontana i giovani ma anche il sapere che si vive in un Paese che si muove per bande? Per parte mia cerco di avere un ruolo pratico come consigliere di Aler per cercare di dare più case possibile a chi ne ha “realmente” bisogno. Non sto con le mani in mano.

 

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Marco Ponti – “Esternalità di club“: ma che belle parole, ma come siamo sapienti! Ricordiamo che il premio Nobel a cui forse allude il professor Ponti un certo Coase ideatore di un sedicente teorema sulle esternalità e sull’efficienza del privato basato niente di meno che sull’esistenza di Fari privati nell’Inghilterra di qualche secolo fa, è il nume ispiratore dei “certificati verdi”, che hanno prodotto in Italia i seguenti risultati: 1. Sotto il profilo ambientale: un disastro totale; 2. Sotto il profilo finanziario: hanno creato semplicemente un mercato di titoli speculativi; 3. Sotto il profilo fiscale: una quantità non precisata di truffe “carosello”. Fossi in Lei mi asterrei in certe sedi – Arcipelago Milano ad esempio – dal discettare di esternalità in relazione a Premi Nobel.

Quanto alla citata “esternalità di Club” in Milano -“i congestionatori sono i primi danneggiati dalla congestione” – credo che, chiunque abbia un lavoro serio che lo faccia alzare al mattino presto, possa verificare quanto pm 10 respiri la gente che si muove con i mezzi pubblici o meglio ancora i pochi eroici cittadini in bici, mentre ogni automobilista solipsista, solo dentro la propria scatoletta, inquina e “smadonna” a ogni semaforo, a ogni tram o filobus che intralcia il suo cammino. Le auto rallentano il percorso dei mezzi di superficie che sarebbe molto più rapido e meno inquinante se ci fossero meno auto per strada. Vien da chiedersi perchè non copiare? Basta andare in dieci grandi città nord europee Amsterdam, Berlino, Copenaghen da clima ben più rigido del nostro e copiare, semplicemente copiare! Difficile eh? Si lo ammetto, è difficile e allora continuiamo così, a pancia piena e a polmoni intasati a fare a gara a chi la sa di più di premi Nobel a che c’ha la definizione più “cool” che dice tanto a quelli che sanno poco.

 

Scrive Anna Gerometta a Marco Ponti – Condivido pienamente l’analisi sulla rilevanza del problema della sosta e dell’indisciplina degli automobilisti. È ora che il Comune, attraverso i vigili, si occupi della repressione delle numerosissime forme di malcostume che affliggono molti automobilisti milanesi (parcheggio in doppia fila, mancanza di rispetto per i pedoni, sosta a motore acceso) e utilizzi anche la tariffazione della sosta (anche dei residenti) come metodo di decongestionamento e reperimento dei fondi per la riqualificazione della città. Tuttavia una cosa non esclude l’altra. Individuare e attuare interventi isolati non è più sufficiente a Milano mentre ben più efficace è un piano di azioni coordinate verso lo stesso obiettivo: meno inquinamento e più vivibilità.

 

Risponde Luca Gibillini a Guido Marinotti – Tralascio il tema, corretto della frivolezza e del sottoscritto proponente anche se, credo e spero, in conclusione converremo che il tema è ben poco frivolo e molto attuale per essenzialmente tre ragioni. La memoria, innanzitutto: mia nonna, anziana e saggia come la ricordo, non era una donna colta. Viveva nelle case popolari di Via Borsi ed era una ragazza del ’96. Partigiana e aveva avuto due fratelli morti a Caporetto. Lei mi ripeteva sempre: senza memoria non c’è futuro. E io sono, oggi, d’accordo con lei. Una piazza fondamentale di Milano ha un nome piuttosto che un altro, mi sembra giusto e importante che nel tempo, come dice Baumann, dell’istante fotografato nell’oggi, si provi a ricordare a chi e perché è dedicata questa piazza. Luigi Cadorna, fu un carnefice. Non è una discussione in campo, non è di destra né di sinistra, è un fatto storico. In Parlamento arrivò a dire che Caporetto non fu colpa sua, ma degli Italiani, popolo vile e arrendevole. Ma non mi soffermerò sulla sua figura, né su Caporetto, simbolo della disfatta di un popolo. Mi interessa di più che in una città come Milano, ogni tanto, tra una discussione su una escort e un evento di Moda Milano, qualcuno, anche solo per una provocazione, provi a guardare su Wikipedia chi fu Cadorna, cosa combinò sulla pelle di migliaia di italiani e come a volte i simboli della nostra città stridano con l’anima della nostra città.

L’oggi. Lo sappiamo tutti ormai, il governo taglia e taglia soprattutto agli enti locali. La sottrazione di risorse ai Comuni porta con se il rischio serio di dover ridurre o eliminare i servizi essenziali alle persone e limitare il tentativo di sviluppo di un welfare metropolitano. Ma c’è una cosa che mi tormenta: possibile che tra tutti capitoli di spesa che il governo riduce ce n’è uno solo che invece aumenta seppur di poco e non viene mai messo in discussione? E’ il capitolo spese militari. Negli ultimi due anni abbiamo, cittadini italiani, speso 27 mld di Euro in missioni (non sempre) di pace. In più quasi il 4% del Pil Italiano è in spese militari o di difesa. A me sembra evidente che ridurre le spese militari a beneficio degli investimenti sui nostri cittadini debba essere razionalmente e urgentemente messo in conto. Cadorna è simbolo di guerra, chiunque legga di storia non può fare a meno di ammetterlo. Il simbolo di una città che mette in discussione la guerra e prova a dire che se vogliamo uscire da una profonda crisi dobbiamo investire nei nostri cittadini e non in armi e armamenti.

Il domani. Il piazzale è un simbolo, dicevamo. Di simboli, la nostra cultura si nutre, lo sappiamo da Aristotele in poi. Secondo me i milanesi, oggi, dovrebbero potere e volere, anche nei simboli, partecipare alla costruzione del nuovo millennio. Penso che oggi, una piazza come Cadorna, dedicata a Falcone e Borsellino, per fare un esempio, sarebbe un grande simbolo di legalità, di lotta alla criminalità organizzata, di pace. Soprattutto se saranno i cittadini milanesi a deciderlo.

E’ la priorità assoluta di questa città? No, ne sono consapevole. Ma la politica delle priorità inizia a essere un gravissimo problema nel nostro paese. Passiamo il tempo ad affrontare una alla volta le emergenze, non pensiamo mai al domani, a come costruire una società che non oggi, ma dopodomani sia in grado di camminare sulle sue gambe. La politica delle priorità è anche quella che continua a dire ai cittadini che dei diritti e della cultura non dobbiamo occuparci. Perchè prima viene il lavoro (la priorità) e poi il divertimento o la cultura. Questa è la ragione per cui in Italia il diritto sacrosanto dell’unione civile non è riconosciuto. Perché non è una priorità. Questa è la ragione per cui in Italia sulla cultura si più non investire, perché con la cultura non si mangia. Questa è la ragione per cui ogni giorno la precarietà è sempre di più la condizione normale per milioni di giovani, perché la priorità è lavorare, il diritto al futuro, non lo è.

 

Replica Pietro Cafiero a Gregorio Praderio -Rispondo sia alla lettera che all’articolo di Gregorio Praderio. Sulle osservazioni diciamo la stessa cosa: la prassi prevede che si accolgano osservazioni che non vadano a incidere profondamente sull’assetto e sulle previsioni del piano. Altrimenti il piano stesso va ripubblicato. Credo che nel caso del PGT di Milano questa strada sia difficilmente praticabile visti i tempi stretti. A meno di non ricorrere ad altri bizantinismi, che però hanno poco a che vedere con l’urbanistica.

Su indici e indifferenziazione funzionale rimango della mia idea (suvvia, le mancate bonifiche sono un problema grave, ma non centrano con il mix funzionale), anche se trovo ragionevoli e molto interessanti le proposte fatte da Praderio nell’articolo di commento al presunto “documento segreto” (che in realtà è una bozza di una trentina di pagine scritta da colleghi del PIM).

Quanto alla “capacità predittiva” della Giunta Pisapia, so perfettamente che il Decreto Sviluppo era quello di questa estate. Mi sono permesso l’ironia di quel commento, perché sarebbe stato sufficiente scriverlo nel “Documento politico di indirizzo per il governo del territorio”, visto che lo stesso documento è stato redatto non a luglio ma in queste settimane e quindi dopo l’uscita (ahimè) di altri Decreti Sviluppo.

 

 



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