12 luglio 2017
Virginia Bramati
TUTTA COLPA DELLA MIA IMPAZIENZA (e di un fiore appena sbocciato)
Firenze: Giunti 2017
pag. 239, euro 14,90
Un’estate emozionante, che ha il sapore di pesche mature e il profumo di fiori sbocciati. Ma dove, insieme alla gioia, trovano posto anche la paura e il dolore, e le verità nascoste degli abitanti di Terzi sull’Adda, un’immaginaria “cittadina di cinquemila abitanti adagiata nella ubertosa campagna lombarda”.
La protagonista è la giovane Agnese Treves, nata a cresciuta a Milano, che si trova inaspettatamente a vivere in una grande casa nella campagna brianzola. Qui il fiume sembra scivolare via sereno, le anatre si rincorrono sul filo dell’acqua di un intenso colore blu, il gelsomino fiorito ricopre le recinzioni delle stalle e delle vecchie centraline della Sip, la malva tinge l’orto di lilla e il grande albero fiorito s’impone al centro del cortile di pietra chiara. Basta lasciarsi trasportare dalle parole per vedere con gli occhi di Agnese la natura che esplode. Merito della capacità dell’autrice milanese, Virginia Bramati, che sa evocare con grande enfasi il risveglio della natura.
Agnese è un’impaziente, e lo si capisce dal suo primo vagito. Nasce con più di due mesi di anticipo sul termine previsto, sa già leggere alla scuola materna, scrive in corsivo e recita le tabelline fino al 7 quando inizia a frequentare le elementari. La sua precocità ed esuberanza non possono però attenuare la ferocia della vita, che avidamente toglie ciò che ha generosamente offerto. Così Agnese si trova ad affrontare la perdita della madre, guardando il mondo da una diversa prospettiva, senza essere di peso per un padre disperato per la scomparsa della moglie.
Anche l’amico Adelchi ha perso tragicamente qualcuno di fondamentale, che dava per scontato sarebbe appartenuto al suo quotidiano ancora per molti anni. Il condividere insieme all’amico quel doloroso momento, l’incredulità di scoprire che nessuno dei due avrebbe potuto rivedere il proprio caro e nemmeno averlo accanto, lo stare spalla a spalla con le mani che si toccano nella terra morbida, può diventare un momento di grande conforto, anche quando tutto sembra perduto.
Tra i campi di trifoglio, l’orto con i suoi filari perfetti, l’odore della terra bagnata che si mischia ai profumi degli ortaggi e delle erbe aromatiche, Agnese imparerà l’arte della pazienza. Capire cioè il piacere della lentezza, della conquista di un obiettivo a lungo termine, come il miracolo della trasformazione di un minuscolo seme in una pianta fiorita. Seguendo le istruzioni della madre defunta, Agnese semina la “Impatiens”, la pianta i cui fiori rosa hanno il potere di curare le ferite dell’anima e insegnare l’ascolto e l’armonia.
Durante quell’estate, mentre gli esami di maturità si avvicinano, non sono solo i fiori di “Impatiens” a crescere, ma anche quel misterioso sentimento che si chiama amore. Perché la felicità può germogliare anche su un terreno arido o in una notte di temporale, quando la luce salta. E mentre i rami del grande tiglio sbattono sul tetto, ci si può trovare tra le braccia di un uomo e sentire la sua voce colma di dolcezza.
Nella cornice di una campagna rigogliosa, non mancano le riflessioni sul senso del tempo, che tutto trasforma, anche il dolore per la perdita di una madre tanto amata. E in uno sfondo giallo, si può scoprire che le cose non sono come appaiono, e che perfino la morte di un noto personaggio del paese, archiviata come incidente a causa di maltempo, può nascondere un mistero da risolvere.
Cristina Bellon
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon