21 ottobre 2015
CRISTINA PRETI E EMILIANO BEZZON
BREVA DI MORTE
Eclissi Editrice, 2015
pp 248, euro12,00
Con “Breva di morte“, edito da Eclissi, Emiliano Bezzon esordisce nel mondo del giallo, insieme a Cristina Preti. Entrambi lavorano nella pubblica amministrazione: lei come funzionario regionale a Firenze e lui come comandate della polizia locale di Varese.
Sin dalle prime pagine si percepisce la capacità di indagare oltre le apparenze, di cogliere dubbi e incertezze dietro alle parole. Allo stesso modo, gli autori costruiscono una storia che non è solo un incastro di eventi, generati da una rosa di personaggi interessanti, ma che dipinge l’aspetto falso della nostra società, nella quale l’immagine del lupo travestito da agnello è la più ricorrente.
Siamo nel comune di Valsolda, tra il lago di Lugano e i monti lariani, patria di Antonio Fogazzaro. È proprio dal pontile di Villa Fogazzaro, in una limpida giornata di metà maggio, che il prete del paesino trova un cadavere nelle acque immote del lago. Si tratta di una giovane donna, deturpata. “Di quanti avevano assistito al recupero del corpo, soltanto Daria Mastrangelo e il medico legale erano riusciti, almeno apparentemente, a mantenersi inflessibili davanti a quello strazio”.
Daria è il comandante della tenenza dei carabinieri di Menaggio. È pugliese, giovanissima, al suo primo incarico e in contrasto con il maschilismo imperante nell’Arma, ma determinata ad andare a fondo della vicenda, nonostante colleghi più autorevoli di lei vogliano chiudere il caso, basandosi su indizi un po’ troppo superficiali, senza soffermarsi sul movente.
Mentre il corpo della vittima giace nella cella frigorifera dell’ospedale di Como, in attesa che qualcuno lo riconosca, Daria inizia a indagare tra gli abitanti di Valsolda: montanari e gente di lago, quasi tutti frontalieri, discendenti per la maggior parte da famiglie di spalloni. Ma la ricerca del colpevole porterà Daria fuori dalla valle, dove il fatto è accaduto. In un susseguirsi di false piste e di nuovi personaggi, che entrano in scena, la storia ci trascina verso un inquietante epilogo.
Gli autori mettono in campo le loro esperienze, utilizzando uno stile ipnotico e incalzante. I dialoghi passano in primo piano, la tensione sale e, con un ritmo serrato, si giunge infine all’inaspettata conclusione.
Un giallo avvincente, in cui la rispettabilità contraffatta delle persone crolla di fronte all’unico elemento deflagrante: la verità.
Cristina Bellon
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero