5 febbraio 2014
NEBRASKA
di Alexander Payne [USA, 2013, 110′]
con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb
“Papà ti sarebbe piaciuto da giovane avere una fattoria?” ” Non me lo ricordo, e poi adesso non ha nessuna importanza.”
È sul filo della dimenticanza, ma anche della ostinata determinazione a raggiungere una destinazione finale (simbolica e reale) che il film di Alexander Payne, in concorso all’ultimo Festival di Cannes, racconta la storia di Woody Grant (Bruce Dern, classe 1936), un vecchio semi alcolizzato e scorbutico convinto di aver vinto alla lotteria un milione di dollari.
Woody vuole raggiungere Lincoln, nel Nebraska per ritirare il suo premio. Il Nebraska, terra arsa, arida, spoglia, di grandi pianure da raccontare in bianco e nero perché solo il chiaroscuro dà ragione alle facce iperrealiste di una umanità ai margini: giovani obesi, vecchi rimbecilliti da televisione e birra, donne che con un minimo buon senso cercano di tenere insieme vite senza scopo.
Il figlio David, interpretato da Will Forte, asseconda il capriccio del padre e lo accompagna in questo viaggio apparentemente assurdo e quanto mai paradossale: raggiungere qualcosa che di fatto non esiste. È questo non scopo che in realtà sottende tutti gli scopi possibili, e David coglie così l’occasione per vivere quel padre da vicino, le sue ragioni, e la destinazione finale, in fondo quella vera e unica: la morte a cui tutti in qualche modo alla fine ci prepariamo.
Il film la racconta nei piccoli gesti stanchi e crepuscolari del padre, nelle pieghe del suo volto scavato, nelle camicie stropicciate e nei confusi ricordi. E ancora nei vecchi conoscenti, nella meschinità dei parenti e amici mossi solo dalla mortifera pretesa di mettere le mani sulla presunta vincita.
Nebraska mette in scena anche la grande illusione del grande sogno americano, di una America però spettrale, vinta dalla morsa della crisi e dalla fatica di trovare una ragione per continuare. David sta in tutto questo scenario come il figlio prezioso e umano che cerca, e trova alla fine del viaggio proprio nel suo vecchio padre incerto e senza direzione, una eredità più’ preziosa del denaro: le ragioni della propria vita.
Il colpo di scena finale, la grande parata, è la certezza che la vita fino alla fine, ci regala delle inaspettate sorprese.
Il film é candidato a numerosi Osca, regia, film, sceneggiatura originale, attrice non protagonista, ma noi tifiamo per Bruce Dern, indimenticato protagonista in gioventù con Nicholson de ‘Il Re dei Giardini di Marvin‘, e con questo film premiato con la Palma d’oro a Cannes come migliore interprete.
Senza la sua faccia, la sua camminata, il suo sguardo perso ma terribilmente diretto, e i suoi gesti precisi e minimali, il film non sarebbe lo stesso.
Elvira Madigan
questa rubrica è a cura di Anonimi Milanesi