15 marzo 2011

IL COMUNE E LE BUONE PRATICHE PER LA RIPRESA


Si è scritto e documentato di come l’economia milanese sia in declino, sia rispetto alle città comparabili in Europa (Amsterdam, Lione, Monaco, Barcellona), sia rispetto al resto d’Italia, dove Milano ha visto diminuire il suo contributo alla formazione della ricchezza nazionale progressivamente negli ultimi anni. Una statistica europea dice che il 46% degli europei ritiene che “non si dovrebbe avviare un’impresa se c’è il rischio che possa fallire” (rispetto al 25% dei cittadini statunitensi). (cfr Libro Verde, L’imprendi-torialità in Europa, Commissione delle Comunità europee)

Dice Severgnini che in Italia esiste la voglia di vincere, ma tale è la paura di perdere, che ci si accontenta del pareggio. Questo ovviamente non solo è insufficiente per il progresso economico e per sostenere la competizione globale, ma è anche noioso e demotivante, per chi vive una siffatta realtà. Questo quadro delineato non è ormai percepito nei numeri o nelle opinioni di pochi esegeti, o nelle aule delle università, è percepibile nelle strade e nei bar, tra la “gente”, come direbbe qualcuno dei tanti populisti in auge. Molti chiedono un cambiamento, una svolta, poter giocare in una squadra che non miri al pareggio ma giochi per la vittoria: offrire questo cambiamento, innescarlo, è un compito della politica.

Analizziamo dunque brevemente le cause di questo declino, non solo materiale ma anche ideale, e concentriamoci poi più concretamente su un progetto e sulle proposte che il Comune di Milano può mettere in gioco per invertire questa tendenza. Un sintomo evidente del declino economico è rappresentato dalla perdita di considerazione e valore sociale del merito e del coraggio intellettuale e imprenditoriale: non è un esempio sociale chi con coraggio porta avanti un progetto, qualsiasi esso sia, ma chi furbescamente ottiene favori o elude i controlli e le procedure.

E’ sempre più spesso un carattere imprescindibile della maggioranza di chi ha posizioni di rilievo (AD, politici o dirigenti …) il conformismo, l’attenzione ai minuetti di potere, il perseguimento dell’obiettivo primario di mantenere lo status quo (il “pareggio”, appunto) e non la visione strategica, la capacità di creare valore, il coraggio di proporre innovazione anche in contrasto al pensiero prevalente. Ormai quasi assuefatti leggiamo di continuo di favori comprati o concessi, di indagini e processi, quasi mai conclusi, ma sempre interrotti per prescrizioni o altre leggi o leggine (ancora “pareggi”). Leggiamo di continuo di forme di ribellismo infastidito verso lo status quo senza mai elevare questo movimento da ribellione a rivoluzione … mancando anche in questo caso un ordine di grandezza … .

Cosa può fare un’amministrazione che voglia cambiare questo trend? Due cose. Per prima cosa deve dare esempio di etica del lavoro, contro privilegi reali o supposti deve prediligere sempre i diritti, non concedere o cedere mai ai favori, diventare un rifugio trasparente per i cittadini. Un luogo in cui non si deve questuare, come i villani di manzoniana memoria al palazzo del signorotto, oppure passare ore in coda, ma nel caso ci sia una coda, deve esserci anche la certezza che nessuno, per nessun motivo, salti quella coda. In secondo luogo servirebbe un’amministrazione comunale che fornisse una protezione, che riducesse quella paura di perdere, di fallire, che incide molto sulle dinamiche economiche, come mostra lo studio europeo sopra citato. Un’amministrazione comunale che svolgesse il ruolo di facilitatore, di “agenzia” per chi si affacci a una nuova esperienza imprenditoriale o professionale.

Tre sono le maggiori paure, gli ostacoli, che fanno prevalere “la paura di perdere, di fallire” sulla voglia di intraprendere a chi si avvicini alla decisione: la burocrazia, i costi (l’accesso alle risorse economiche, agli spazi fisici, ecc), la solitudine, intesa come mancanza di aggregazione di risorse ed esperienze. La nostra ricerca europea mostra che è per il 69% degli intervistati l’ostacolo principale per la costituzione di un’impresa è la complessità delle procedure amministrative e per il 76% l’assenza di capitali disponibili.

Un Comune “agente” del cambiamento e del dinamismo economico dovrebbe rassicurare e accompagnare nell’iter burocratico, eliminando il timore di incappare in cavilli, in meandri inaccessibili e iter autorizzativi oscuri e senza tempi certi. Il Comune, come partner che aiuta negli adempimenti burocratici, dovrebbe assegnare un impiegato, con nome cognome telefono ed e-mail, a ciascuna istanza e il quel non ti dica alla fine di una coda: “manca il codice fiscale alla pagina 4 ripassi con il documento compilato”, ma ti dica, “manca il codice fiscale, me lo invii per e-mail e compilo io la nostra pratica ….”. Un aiuto dal Comune negli adempimenti burocratici significa affrontare insieme al “nostro agente” gli aspetti procedurali e autorizzativi, fiscali, giuslavoristici etc.

Un Comune che mette a disposizione le sue strutture al fine di agevolare il reperimento delle risorse finanziarie, sia attraverso l’accesso a fondi agevolati, qualora ne esistano, sia nazionali sia europei, sia al microcredito, o al credito ordinario, attraverso un supporto operativo e amministrativo. Un Comune che non solo si attiva per il reperimento dei finanziamenti, ma che agevola la realizzazione di nuove idee mettendo a disposizione locali attingendo dal notevole e talvolta non utilizzato patrimonio immobiliare. Il reperimento di un luogo ove esercitare la propria attività è spesso la voce di costo più gravosa, dunque l’accesso ad aree idonee a prezzi politici, ma con contratti flessibili, è un grande esempio di Comune facilitatore.

Infine la possibilità di aggregare esperienze e condividere costi/idee/energie in luoghi virtuali e/o reali per chi sta compiendo lo stesso percorso permetterebbe di ottenere economie di scala, migliore accesso alle informazioni e maggiore visibilità sul mercato. L’eliminazione di quella solitudine che demotiva chi si avvicina a prendere un rischio intellettuale o imprenditoriale. Si pensi, solo a titolo di esempio a dei giovani dentisti (o stilisti, o avvocati, o artigiani, o parrucchieri etc.) che non abbiano ancora clienti (dunque incassi) essendo giovani o nuovi al mestiere e che vogliano intraprendere un’attività professionale, magari fornendo prestazioni a prezzi concorrenziali: potrebbero trovare nel comune il partner per i locali da condividere, i finanziamenti da reperire per i macchinari necessari e infine un'”associazione” tra pari che permetterebbe di ripartire i costi fissi (pubblicità, amministrazione, acquisti, ecc.).

Un Comune che desse aiuto a un giovane ristoratore (anche immigrato, ma non solo) nell’esperire le pratiche burocratiche presso i diversi uffici competenti e permettesse l’aggregazione di “nuovi chefs” in locali comuni di proprietà demaniale, magari a rotazione periodica, permetterebbe di testare le qualità di ciascuno limitando “quel rischio fallimento” che blocca le iniziative. Sarebbe così difficile realizzare un servizio come immaginato? Non proprio, basterebbe un censimento delle aree disponibili per la locazione, una piattaforma informatica semplice per accentrare le informazioni e gestire le pratiche (un sito …), un team di persone che valuti i business plan, ove vi siano, mutuati dall’università e dalle professioni e infine la valorizzazione delle tante risorse della macchina comunale.

Un’economia più vivace con dinamiche e prospettive per il futuro è ricchezza di tutti. Il ruolo della politica è di permettere di aspirare a un mondo migliore. Ovviamente il rischio sarebbe che queste iniziative si mutino in un nuovo “frigorifero di privilegi” ossia che i concessionari di queste facilitazioni diventino pochi raccomandati (parenti, amici, compagni di partito o di associazione e così via) che sfruttano il bene pubblico per vantaggi privati. Qui la politica deve fare bene il proprio mestiere e vigilare, così come i “pari” devono vigilare che ciò non accada. Memento: se non si accetta qualche rischio non si riesce a vincere, ma al limite a pareggiare.

Edoardo Ugolini



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