18 gennaio 2011

CONSUMARE MUSICA DA INCOMPETENTI


L’intervista a Luigi Corbani che si può ascoltare in questo numero di Arcipelago è una boccata d’aria nella drammatica situazione che ci viene costantemente descritta dai mezzi di informazione, ma che possiamo riscontrare direttamente (si pensi a quanto accade alla Scala, con l’intervento di Barenboim alla prima del 7 dicembre davanti al Presidente della Repubblica e con lo sciopero che ha fatto rinviare il debutto di Mario Martone nei Pagliacci e nella Cavalleria Rusticana) dalla nostra postazione di ascoltatori attenti e appassionati di musica.

Corbani, che ricordiamo vicesindaco e assessore alla cultura del Comune di Milano negli anni ottanta, è uno di quelle rare persone che, concluso un incarico pubblico, anziché continuare a vivere o vivacchiare di politica, si è dedicato a creare una nuova “cosa privata di interesse pubblico” mettendosi personalmente e totalmente in gioco e investendo in essa tutta la sua esperienza di amministratore e di uomo di cultura. Nel 1993 ha fondato nientedimeno che un’orchestra sinfonica privata (inizialmente fu un’orchestra giovanile) che in capo a pochi anni ha assunto un rilievo di primo piano diventando una delle migliori orchestre italiane. L’orchestra Verdi preparata da grandi direttori (Riccardo Chailly, Gianandrea Noseda, ma persino – in incognito – Carlo Maria Giulini), dopo anni difficilissimi durante i quali era persino sembrato che dovesse non farcela più, oggi ha una sede propria – l’Auditorium di largo Mahler – e una stagione ricchissima, di grande qualità, che abbraccia diversi generi musicali per un pubblico vasto e variegato.

Sentir dire a una persona così ben informata che – almeno a Milano – esiste un consistente pubblico per la musica colta, che sono in costante aumento i giovani attratti e interessati ai concerti e all’opera, che un’offerta qualificata e una buona attività di promozione possono far raggiungere grandi risultati, fa sperare in tempi migliori nel momento in cui sembra che siano soprattutto i Grandi Fratelli ad attrarre le grandi masse dei cittadini e fra loro proprio i più giovani. Fermo restando che anche nel campo della produzione culturale e artistica un po’ di concorrenza non nuoce, è certo che se le istituzioni musicali milanesi si parlassero un po’ di più e coordinassero minimamente i loro programmi (per esempio senza celebrare tutte insieme i centenari e i bicentenari di nascite e di morti, fino a farci odiare gli innocenti celebrati) potremmo districarci meglio nell’offerta musicale cittadina e magari avere un programma complessivo dell’intera stagione musicale.

Ma l’intervista tocca un altro argomento, certamente più significativo della situazione in cui vivono oggi i ragazzi, e non solo i più giovani; sentono musica in continuazione, notte e giorno, insieme o da soli, con le cuffie o in discoteca ma anche in automobile e in qualsiasi bar, e presto – temo – anche per le strade, sui treni, in metropolitana, in aereo … ovunque. Senza che vi sia la minima educazione all’ascolto, senza una parvenza di cultura musicale che permetta loro di discernere fra musica e musica, di capire il senso di ciò che ascoltano. Di più, quale cultura musicale hanno coloro che impongono al pubblico musiche diffuse in modo così ossessivo? Come potranno difendersi le masse di adolescenti che si trovano nell’impossibilità di esercitare qualsivoglia critica, costrette ad accettare di tutto, condizionate dall’ossessione di ritmi sparati a volume altissimo e dalle potenti operazioni di marketing che li precedono?

Non avviene così per le arti figurative, né tantomeno per la letteratura, il cinema o il teatro; l’offerta è molto meno aggressiva, gli ambienti assai meno bombardati, la scuola aiuta molto di più. Magari non bene come si vorrebbe ma un po’ di storia dell’arte viene insegnata; ci sono i cineforum che attraggono molto i ragazzi, le scuole di teatro, di mimo, di danza, che aiutano a capire qualcosa di queste arti. Ma della musica cosa si insegna? Quando va bene si insegna a suonare uno strumento ma chi non va avanti nel suo approfondimento non saprà mai nulla di storia della musica, delle forme e dell’estetica musicale, per non parlare di armonia o di contrappunto (come dire la grammatica e la sintassi della lingua che parliamo). Nulla. Non capiranno neppure che differenza passa fra la musica cosiddetta colta e quella cosiddetta leggera, tanto che molti ragazzi chiamano la prima “antica” e la seconda “moderna”!

E’ possibile lasciare che il mondo si riempia di musica in ogni luogo e in ogni momento, senza dare ai fruitori la possibilità di capire cosa ascoltano e sopratutto senza pretendere che chi la sceglie per noi abbia – come ormai s’usa anche per chi vende frutta e verdura – una sorta di patentino che garantisca un minimo di competenza? Perché altro è mettere un disco in vendita e pubblicizzarlo (siamo nel pieno della migliore libertà di mercato) altro è obbligarti a sentirlo mentre fai gli acquisti al centro commerciale o quando entri in un bar per dissetarti.

Per concludere, preso atto che dalla musica sembra non ci si possa più difendere, sopratutto da quella mediocre, facciamo qualche cosa almeno per rinforzare le difese e lo spirito critico dei più giovani e pretendiamo un po’ di professionalità da parte di chi è nelle condizioni – ahimè – di imporcela.

Paolo Viola

 

 



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