9 novembre 2010

GAY O DELL’INGEGNERE A UNA DIMENSIONE


Sono uno studente di ingegneria e mercoledì mi sono trovato in aula al Politecnico dopo l’affermazione di Berlusconi su i gay: mi sono stupito che la maggioranza delle persone informate sui fatti, che non avessero letto la notizia per caso in metrò venendo in università, fosse fondamentalmente d’accordo con le idee del premier. I commenti passavano dal più estremo “i froci sono contro natura” al più moderato e qualunquista “magari ha sbagliato il contesto, ma in fondo ha ragione”. Ma cosa significa “in fondo ha ragione”? Che sotto sotto è giusto discriminare i gay? Che loro sono persone di serie B? Trovo che ci sia una discrepanza enorme tra quello che studiamo e questa mentalità, degna del peggior bar di paese, del “culattoni a debita distanza”.

Mi spiego meglio: studiamo al Politecnico per essere ingegneri, persone che operano concretamente nel mondo in maniera pratica, per migliorarlo secondo gli effettivi bisogni della società, sia essa o meno costituita anche dai gay. Come possiamo dunque ricoprire questo compito senza un’etica? So che questa parola, etica appunto, ormai è molto di moda e viene spesso usata a sproposito e in maniera banale ma guardiamo ai precedenti: nel ’41, inizio della “soluzione finale”, furono gli ebrei a essere discriminati e furono proprio degli ingegneri a costruire gli “impianti” in cui veniva “smaltita la merce umana”.

La forza degli ingegneri è l’azione pratica e con una visione cosmopolita della società e olistica del mondo, che ci porti a esprimere al massimo le nostre capacità pragmatiche, potremmo addirittura essere quei filosofi che vede Dewey come veri motori del cambiamento e del progresso, ma per farlo dovremmo appunto pensare alla direzione da dare a questo futuro e smettere di essere le classiche “teste quadre”. Se questa definizione di ingegnere può sembrare esagerata, pensate allora a Giulio Natta, Nobel per la chimica e personalità più importante che il Politecnico abbia avuto, e a quanto la sua ricerca (polimerizzazione dell’etilene in presenza di composti alchilati di alluminio o, più volgarmente, la plastica) abbia cambiato profondamente le nostre abitudini di vita. Saranno quindi degli ingegneri con pregiudizi verso i gay a occuparsi un domani di bioetica e di ecologia?

Questo è un discorso che spesso viene dato come per scontato, come se la sola tessera universitaria valesse come segno di maturità e buon senso. Purtroppo non è affatto così, non ci è evidentemente stato ancora insegnato ad avere una coscienza civile, eppure troverete sempre qualcuno che vi dirà che siete stupidi se non studiate, ma ben pochi che vi diranno che siete altrettanto stupidi se non pensate.

Che questo possa essere anche un problema globale italiano e non solo dell’università è pur vero, addirittura si potrebbe dire che le proprie idee sono fatti di ciascuno e che quindi non c’è nessun problema da risolvere; insomma si possono trovare infinte scuse, ma non fare nulla significherebbe soltanto darla vinta alla mediocrità e a quel punto converrebbe allora cambiare la grande scritta che troneggia in piazza Leonardo in: “Politecnico di Milano, Fabbrica di uomini a una sola dimensione”.

 

Alberto Cingolani

 



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