14 settembre 2010

LA MEDITAZIONE DI MICHELANGELO TRA PIETRA E PAROLA


 

Matricola universitaria nel 1958, l’ultimo anno del Rettorato di Padre Agostino Gemelli in Università Cattolica, all’inizio di un’epoca di giovani laureati per lo più di prima generazione: Claudio Scarpati, allievo di Mario Apollonio e di Giuseppe Billanovich, arriva giovanissimo alla docenza universitaria e per decenni riesce ad affascinare platee di studenti con il suo stile sobrio e schivo, con la profondità e la finezza delle sue argomentazioni, con le traiettorie ermeneutiche innovative proposte nelle sue lezioni.

Un impegno da maestro, oltre che da storico delle idee e intellettuale raffinato, che ha saputo interpretare l’insegnamento come compito di grande responsabilità e dialogare con gli allievi, comunicando la passione per lo studio paziente, la convinzione nella funzione educativa e civile dell’esperienza letteraria, la tenacia nell’esplorazione filologica dei testi e la soddisfazione di un sodalizio culturale su temi vivi e vitali della letteratura italiana da Dante ai poeti metafisici, in un contesto accademico fertile, vissuto quotidianamente come luogo di libero confronto. La cifra del suo percorso intellettuale è stata e rimane l’inclinazione a collegare antico e moderno, a coniugare la tradizione classica con la nuova antropologia dell’umanesimo e a riconoscere in questo binomio le radici della cultura europea.

L’omaggio affettuoso degli allievi di ieri e di oggi ha accompagnato la conversazione di ringraziamento che il prof. Scarpati ha pronunciato in un’aula gremita della Sua Università su ‘Le rime spirituali di Michelangelo’, sull’attività poetica che non ha una collocazione laterale nell’opera del grande artista, ma che entra a pieno diritto nella nostra letteratura (*).

Nei frammenti i temi dell’amore, dell’arte e della morte si intrecciano, in un’appassionata ricerca in cui la meditazione sul tempo, la solitudine dell’artista davanti ai personaggi del dramma sacro a cui dà corpo, l’arditezza della forza indagatrice dell’arte come esperienza totale esprimono un’alta testimonianza di umanesimo cristiano. Negli ultimi anni i versi si fanno densi d’interrogativi sul futuro che si apre oltre il varco della morte, la poesia diventa tutt’uno con la preghiera e dal 1545 la Pietà diviene l’unico soggetto che Michelangelo osa trattare nella sua scultura.

E questa conversazione di Scarpati è quasi un viatico all’appuntamento del marzo prossimo al Castello sforzesco che avrà per tema ‘Sculture, disegni e rime attorno alla Pietà Rondanini’, il testamento di Michelangelo, opera a cui il Maestro lavorò per molti anni e a cui si dedicò fino alla morte, modificandone più volte la composizione. Opera ‘non finita’, come altre del medesimo soggetto, che sembra Michelangelo volesse creare per la propria tomba e che è carica dell’espressione drammatica generata dall’effetto stesso dell’incompiutezza e dallo schema inconsueto della Madre che in piedi sorregge il corpo morto del Figlio. Un omaggio di Milano al Genio del tardo Rinascimento e alla Pietà Rondanini, recentemente restaurata o meglio fatta oggetto di un’operazione di manutenzione straordinaria e pulitura, che secondo un sondaggio è ancora poco conosciuta ai milanesi e che rimane circondata da un’aura di mistero.

 

(*) Studi di letteratura italiana in onore di Claudio Scarpati, a cura di E. Bellini, M.T. Girardi, U. Motta, Vita e Pensiero, 2010 ; http://www.cattolicanews.it/3335.html

 

Rita Bramante



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