29 marzo 2010

PALAZZO MORANDO: NON CONVINCE LA MODA NEL MUSEO DI MILANO


Milano, 1 marzo 2010- ha inaugurato a Palazzo Morando Attendolo Bolognini un nuovo spazio espositivo voluto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano dedicato al costume, alla moda e all’immagine. “Il nuovo allestimento non si propone come museo della moda poiché sarebbe una contraddizione fissare negli schemi museali classici la moda che, al contrario, è continua evoluzione cambiamento, creatività” scrive nel comunicato stampa l’assessore alla Cultura. La visita ai nuovi spazi del piano terreno del palazzo è breve e accidentata: una qualunque esposizione commerciale avrebbe sicuramente fatto meglio per valorizzare i suoi prodotti scegliendo precise strategie di comunicazione senza abbandonarsi ai ridicoli artifizi che nulla hanno a che fare con la ricerca e la critica che questi luoghi richiedono.

La ricerca e la spiegazione di una ricerca sono gli obiettivi primari di queste sedi istituzionali che si prefiggono, oltre la conservazione, anche un uso della memoria come fonte di ricerca e d’ispirazione. Manichini sparsi qua e la (non protetti) presentono costumi sia al piano terreno che nelle sale del primo piano già complete del loro arredo, fanno più confusione che chiarezza sui ruoli e sui problemi che ogni epoca porta con sé. Questa intrusione, per molti aspetti inopportuna, pone molti quesiti: il museo di Milano ha concluso il suo ruolo d’essere centro della memoria della storia milanese? Dal 1934 (data della sua nascita) a oggi è stata costruita una tradizione che nessuno ha mai contestato o ritenuta inutile, tradizioni sviluppate attraverso attività di ricerca, mostre temporanee, incontri e arricchimenti continui di opere documentarie, per l’appunto, dell’ambiente culturale milanese.

Si pensa di mescolare moda e storia milanese in uno spazio che offre poche vie di crescita? Si pensa di offrire alla moda uno spazio prestigioso, per il momento esiguo, ma che poi potrà crescere verso via Bagutta che, tra breve, metterà a disposizione qualche centinaio di mq.? La moda merita ben altro e ben altro merita il Museo di Milano.Nel mese di maggio del 1983 eravamo presenti al Politecnico di Milano che aveva promosso un convegno di museologia e museografia per il nuovo Museo della Moda. Clelia Alberici, Alessandra Mottola, Gianni Versace, Grazietta Butazzi, Chiara Buss e moltissimi operatori e studiosi del settore avevano evidenziato non solo le potenzialità di una nuova istituzione dedicata alla moda ma anche le necessità di un lavoro interdisciplinare molto complesso che potesse garantire almeno tutti quei servizi già operativi al Victoria and Albert Museum di Londra e al Metropolitan di New York.

Anzi era parsa superata l’ipotesi di destinare Villa Scheibler alla moda perché troppo piccola a favore invece di palazzo Dugnani che poteva contare di 5500 mq. già edificati e altrettanti ipogei da realizzare. La vita politica della città aveva scelto altre priorità tanto che, nonostante fosse stata deliberata una commissione operativa per lo studio di una meta -progetto, non si fece più nulla in attesa di quei tempi migliori che non sono ancora arrivati. L’attesa non equivale a una rinuncia ed è quest’occasione che da lo spunto per sottolineare che queste piccole mostre fanno più male che bene perché allontanano il pubblico dai veri problemi. Se va esposto un costume che equivale a un documento cartaceo devono comunque essere prese tutte quelle precauzioni espositive che la museogafia conosce troppo bene e che non vanno ignorate. Esporre un tessile davanti a una sorgente luminosa significa ignorare i danni cui si va incontro. L’ignoranza non è tollerata perché non è concessa alle istituzioni serie che si sono fatte carico di responsabilità precise.

Vestiti fuori posto giustificano tanta veemenza?

A volte sono sufficienti alcuni indizi che a molti non sfuggono, per trovare le conferme di un degrado culturale strisciante che si nasconde anche dietro un tavolo che accoglie il pubblico caricato di oggetti, cuscini, coperte, come una piramide senza pensiero là, in quegli spazi sottratti al pensiero e alla parola del Museo di Milano, dove sono stati esposti anche i disegni dal campo di Grusen fatti da Lodovico Belgjoioso e di molti altri milanesi che del pensiero hanno fatto un’arma.

Qualcuno forse ha ragione: da questo punto di vista sembra una mostra di stracci.

 

Antonio Piva



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti