16 marzo 2010

Scrivono Vari 15032010


Scrive Pietro Cafiero rispondendo a Gregorio Praderio – Io per natura sono portato a rispettare le idee di tutti, anche quando non le condivido. Però, per educazione e formazione, non mi permetto di definire “superficiale e disinformato” ciò che non mi trova concorde. Detto questo, chiariamo alcune cose. Gli articoli di Arcipelago non sono articoli tecnici, fatti per gli addetti ai lavori. Sono rivolti a un pubblico più ampio. Di qui alcune semplificazioni. Necessarie. Questo dovrebbe essere evidente. E neppure questa risposta alle critiche di Gregorio Praderio sarà troppo tecnica. Per gli stessi motivi. Poi possiamo discutere dei contenuti.

Ma bisognerebbe farlo nel modo corretto. Attribuendo i virgolettati (magari senza modificarli) ai giusti paragrafi. Lo “straccio d’idea” non è riferito ai piani prebellici (Beruto, Pavia Masera, Albertini), che –ribadisco- non sono Piani Regolatori così come li intendiamo comunemente. E che comunque non ho criticato, come la lettera di Praderio –qui sì, disinformando- sembra far intendere.

La mia lettura critica è rivolta al piano del ’53, praticamente mai attuato a causa delle sue (troppe) varianti. E prosegue con la variante generale del ’73. Ribadisco: piani con così tante varianti, che ne stravolgono, l’impianto iniziale, non portano avanti nessuna idea di città. Possiamo giustificare –come ho detto- queste varianti a causa di mille motivi contingenti, ma i fatti rimangono tali. Poi possiamo giocare con le parole, ma una variante generale (quella del ’76), per quanto diversa è sempre una variante. Non un nuovo piano.

Ed è verissimo che il comune abbia accettato –subìto- la vicenda della Bicocca – Pirelli senza fiatare. Gli anni passano (e cosa centra?), ma i numeri che cambiano, introducono nuova residenza a discapito del “Centro Tecnologico Polifunzionale e Integrato”, svelando così il vero volto di quell’operazione. E anch’io potrei continuare a lungo…

Confermo che nel “dramma” (ma non attacchiamoci a una scelta lessicale) ci viviamo da tempo e che certe dinamiche appartengono al nostro DNA. E se qualcuno ha voglia, si vada a ripescare in archivio quanto ha scritto Alberto Mioni (“Alcune costanti genetiche dello stile milanese”) in uno dei primi numeri di Arcipelago. E…sì, la città va avanti da sola. Spesso le infrastrutture arrivano dopo. Quando arrivano. Per concludere una domanda. Se le mie sono considerazioni qualunquiste, il “famoso detto secondo cui al peggio non c’è mai fine” è un postulato di assoluto rigore scientifico?

P.S. Confermo l’invito ad andare oltre lo sterile dibattito sul PGT.



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