2 marzo 2010

I LOVE VIA PADOVA


Ci voleva il morto ammazzato e la rivolta di via Padova per rendere evidente che a Milano il Comune arranca nel definire e applicare una coerente politica di controllo e cura del territorio in particolare nei quartieri multietnici. Palazzo Marino annaspa sulla terapia da applicare per governare l’integrazione e il rispetto delle regole. Eppure da tempo sono evidenti i segnali che la questione extracomunitari non può essere gestita esclusivamente come un problema di sicurezza, che pure esiste. Cominciamo dai numeri: sono 148 le nazioni presenti in città e i cittadini stranieri regolari sono circa 200.mila a cui vanno aggiunti i clandestini e gli irregolari per i quali non esiste una stima precisa ma che certamente sono diverse decine di migliaia.

Le 10 nazionalità prevalenti risultano i filippini (15,8%), gli egiziani (13%), i cinesi (8,4), i peruviani (7,8%), gli ecuadoregni (6,7%), gli Sri Lanka (6,1), i romeni (5,3), i marocchini (3,7), gli albanesi (2,5%), gli ucraini (2,2%).Gran parte delle nuove attività commerciali che si aprono a Milano vedono protagonisti cittadini stranieri e anche nel settore anagrafico la città riesce a restare giovane grazie alle nuove nascite di cittadini stranieri. Contestualmente è cambiato anche il mix sociale ed etnico di molti quartieri di Milano e al primo posto per la presenza di stranieri non casualmente ci sta la zona Loreto, dove si trova via Padova, con quasi 20mila presenze registrate. Dopo Loreto seguono in ordine di presenze etniche Villa Pizzone, Buenos Aires Venezia, Selinunte, Lodi Corvetto, Giambellino, Dergano con insediamenti mediamente superiore alle cinquemila persone.

Complessivamente sono 88 i quartieri milanesi che in varia misura hanno insediamenti stranieri. Ogni quartiere ha caratteristiche sociali, economiche e urbanistiche differenziate ma in nessuno di questi territori è mai stata sviluppata una politica d’integrazione pensata e gestita dal Comune. Palazzo Marino ha sostanzialmente lasciato il compito di farsi carico del problema integrazione alle scuole, alle associazioni religiose e laiche. E il mondo della scuola, le associazioni e le parrocchie si sono date da fare nonostante i mezzi limitati come dimostra la straordinaria fioritura di esperienze di via Padova e dintorni con il Parco Trotter, la Casa del Sole, la comunità islamica.E paradossalmente la situazione in via Padova si è mantenuta negli argini grazie al buon senso dei residenti italiani e stranieri che, nonostante le teste calde che invocavano rastrellamenti, ha tenuto i nervi saldi e ha cercato di costruire un clima di dialogo.

 Ma per quanto può reggere la convivenza multietnica sulla buona volontà dei singoli se manca una regia pubblica.

E’ urgente chiamare l’amministrazione comunale alle proprie responsabilità e attivare interventi che, richiamandosi alle tradizioni del riformismo milanese protagonista dell’integrazione delle grandi ondate migratorie degli anni 50 e 60, governi costruisca la nuova Milano multietnica.La decisione del Sindaco di incontrare le associazioni di via Padova e dintorni è un segnale nuovo ma una rondine non fa primavera.

Che fare, dunque?  

E’ indispensabile selezionare e rendere compatibile la presenza multietnica partendo da nuove regole nelle assegnazioni delle case popolari, oggi conferite in modo casuale.

Dobbiamo trovare il modo di responsabilizzare le comunità etniche dando a loro il modo di farsi rappresentare e, in attesa del diritto di voto amministrativo, si cominci dalle scuole dove per la prima volta le famiglie straniere incontrano e si confrontano con le famiglie milanesi.

Valorizziamo il successo nel mondo del lavoro e della cultura  attivando un Forum degli  uomini e delle donne  straniere che si sono affermati in città che possa servire al Sindaco per ascoltare e valutare gli interventi da concordare  con le comunità etniche. 

Queste sono alcune idee per aprire un confronto sono come possiamo insieme costruire la Milano del futuro prossimo dove la differenza tra cittadini sarà basata sul loro rispetto delle regole e non sul colore della pelle.

 

Carlo Montalbetti



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