22 febbraio 2010

IL PASTICCIO DELLE SUPERIORI


Dunque questo “riordino” delle superiori s’ha da fare, ora, subito. Poco importa che i regolamenti siano poco più che abbozzati, che i programmi siano ancora in fieri, ma promessi … entro settembre, che per gli Istituti tecnici e professionali non vi sia alcuna certezza, ma solo un consistente taglio di ore, che le famiglie non conoscano ancora le caratteristiche delle scuole a cui dovranno iscrivere i loro figli. E non conta neppure che i Collegi dei docenti e i Consigli d’istituto non abbiano ancora potuto decidere quali insegnamenti introdurre o potenziare, visto che la geografia scompare, il diritto non compare, l’educazione alla cittadinanza è del tutto dimenticata. Spostata la scadenza delle iscrizioni a fine marzo, le scuole avranno poco tempo per la formazione delle classi e la definizione dell’organico e gli uffici scolastici provinciali e regionali incontreranno molte difficoltà per fare in tempo le nomine, ma che importa? Una “riforma epocale” non può aspettare, soffermandosi su simili minuzie. Bisogna avviare e avvieremo!

Infatti sono in gioco, a quanto pare, la credibilità del governo, l’immagine decisionista del ministro Gelmini e soprattutto il bilancio dello Stato che conta sui tagli di ore previsti dal riordino in questione per ridurre le spese per la scuola di 1650 milioni di euro per il 2010, 2538 milioni per il 2011 e 3188 per il 2012!

Ecco, nessuna delle ragioni che spingono alla fretta ha una valenza didattica, formativa. La finalità di tale accelerazione è tutta politica: portare a regime, e quindi rendere praticamente irreversibile, il riordino della secondaria superiore prima della conclusione della legislatura in corso. Intento legittimo, naturalmente: ma qualche volta sarebbe anche bello poter constatare che l’interesse della scuola, dei suoi utenti e di chi vi lavora non venga sempre posposto ad altre priorità, di bilancio, d’immagine sui media, di visibilità politica.

Il riordino, almeno in teoria, è un’operazione molto complessa: attualmente gli istituti tecnici sono divisi in 10 settori e 39 indirizzi e col riordino si passa a 2 settori e 11 indirizzi; gli istituti professionali passano da 5 settori d’istruzione professionale, con 27 indirizzi a 2 macrosettori con 6 indirizzi; i licei, infine, aumentano da 4 a 6.

Ciò sulla carta, perché in realtà la modifica è molto meno radicale di quanto sembri: per gli istituti tecnici e professionali è prevista la suddivisione dell’orario curricolare in due aree, una d’istruzione generale e una d’indirizzo, che nel biennio comprende circa un terzo delle ore a disposizione e nel triennio arriva al 55%: in questa parte dell’orario, per iniziativa delle singole realtà scolastiche, si riprodurranno, necessariamente, quasi tutte le attuali suddivisioni che vengono formalmente soppresse. Per questo ordinamento scolastico, invece, la novità fondamentale sembra consistere nella drastica riduzione di ore settimanali, da 36 a 32. Non si sa ancora come questa diminuzione sarà applicata e a scapito di quali insegnamenti (e anche di quanta occupazione) andranno i tagli di ore. Tutte queste operazioni dovrebbero essere organizzate e gestite da un “Comitato tecnico-scientifico, con composizione paritetica di docenti ed esperti, finalizzato a rafforzare il raccordo sinergico tra gli obiettivi educativi della scuola, le innovazioni della ricerca scientifica e tecnologica, le esigenze del territorio e i fabbisogni professionali espressi dal mondo produttivo.”. I Comitati, però, non sono stati ancora formati e non è per nulla chiaro chi siano e in che ambito verranno scelti questi esperti; del tutto fumoso, inoltre, e foriero di gravi conflitti di competenze il rapporto che ci dovrà essere tra questo comitato, da cui saranno escluse famiglie e studenti, e gli organi attualmente preposti alla direzione della scuola (Dirigente scolastico, Collegio docenti, Consiglio d’istituto).

Il quadro cambia in maniera significativa nei Regolamenti che riguardano i licei. Qui la preoccupazione principale del ministro sembra essere stata quella di rassicurare che s’intende “coniugare tradizione e innovazione”. Nei fatti, però, prevale la tradizione, fatta passare per innovazione: l’insegnamento della lingua inglese nei cinque anni del liceo classico, che sembra una novità, è invece ormai un dato diffuso e consolidato in migliaia di scuole; l’indirizzo tecnologico del liceo scientifico (“che consentirà l’approfondimento della conoscenza di concetti, principi e teorie scientifiche e di processi tecnologici”, dice il ministero: e che altro mai dovrebbe fare?) già esiste e ha già visto in questi anni decine di migliaia d’iscritti; il liceo delle scienze umane prende il posto, cambiando però il nome, del liceo sociopsicopedagogico. Unica novità effettiva è il liceo musicale e coreutico: ma è una novità fortemente negativa perché riduce grandemente la qualità degli obiettivi d’insegnamento delle attuali istituzioni musicali.

Siamo dunque in presenza dell’ennesimo caso di gattopardismo scolastico? Per i licei pare proprio di sì: le modeste modifiche di orario non incidono e la disponibilità teorica della flessibilità del 20% dell’orario è vanificata dalla mancanza di risorse economiche. Per gli istituti tecnici e professionali forse ci sarà, in alcune situazioni, una maggiore possibilità di coordinamento tra offerta formativa e domanda del mercato del lavoro (si spera che ciò costituisca un freno alla dispersione scolastica), ma ciò difficilmente compenserà la grave perdita di ore d’insegnamento e di formazione rivolta a questa parte della popolazione giovanile, che viene penalizzata anche dall’incongrua riduzione di un anno dell’obbligo scolastico.

Vincenzo Viola



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