26 gennaio 2010

I DECIBEL DELLA MORATTI


Ho letto in questi giorni notizie assai carine ma inquietanti a proposito del nostro sindaco, Letizia Moratti.

La prima riguarda i Beatles e in particolare un ex dei Beatles, il celeberrimo Paul McCartney. Pare (il dubbio è lecito: che non ci sia sotto qualche storia d’ingaggi e di contratti?) che abbia purtroppo rinunciato a esibirsi a Milano, perchè allo stadio Meazza sarebbe stato costretto a suonare rispettando il famigerato limite acustico di 78 decibel. Purtroppo senza ironia: “purtroppo” è il segno della nostra povertà, cioè della povertà di Milano, che non ha un altro luogo per celebrare i suoi ambiziosi eventi canori tranne il malandato tempio del calcio.

La signora Moratti s’è detta dispiaciuta: avrebbe ascoltato Paul McCartney dal prato di San Siro, dalla prima fila. Poi ha aggiunto, se i giornali hanno riferito correttamente: “Le limitazioni di decibel, che non hanno alcun riscontro in altre città, nascono dalle proteste di comitati di pochissimi cittadini, che tra l’altro prendono pure i biglietti quando gli vengono dati gratis, vanno ai concerti per poi lamentarsi dei decibel continuamente”. Infine ha ricordato i gravi danni che avrebbe subito così il turismo culturale…

Mentre la città soffoca d’inquinamento atmosferico e di polveri sottili che aggrediscono i nostri polmoni, l’inquinamento acustico di qualche nottata è ben poca cosa. Ne soffro anch’io, abitando a San Siro, ma non mi pare la questione più grave. Si sopporta tutto. Si sopporta Antonacci, come si fa a maltrattare Paul.

Le questioni più gravi mi sembrano altre, la prima riguarda il senso alto che il nostro sindaco manifesta verso l’espressione dei suoi concittadini, certo una minoranza che proprio in quanto minoranza meriterebbe ancora più rispetto e attenzione… Se si crede nella democrazia… Per la Moratti sono profittatori, ipocriti, maldicenti, incarogniti o almeno dispettosi.

Seconda questione. La Moratti (oddio, ci ha già offerto ampie dimostrazioni) non conosce una regola fondamentale della politica, quella che prevede la trattativa. Si tenesse davvero tutti i suoi concerti e tutti i suoi decibel. Ma che cosa offre in cambio? Propone un’alternativa alla sofferenza acustica? Mi pare proprio di no. Non esiste un progetto, tra i tanti che agitano e travagliano Milano, che tocca la questione: sia che si disputi la finale della Coppa dei Campioni, sia che si debbano celebrare le Comunioni, sia che arrivi Paul McCartney si va sempre a finire lì, nel prato di San Siro zollato e rizollato, un’alternativa non è prevista neppure come ipotesi di scuola, un “parco della musica” per la grande Milano, un “auditorium” a cielo aperto, qualcosa insomma che lasci il calcio al calcio. Ma proviamo a credere che alternativa non vi sia e soprattutto non vi debba essere. Vi dovrebbe essere almeno attenzione al “luogo”, allo stadio e a ciò che gli si stende attorno e cioè al piazzale, dedicato tra l’altro ad Angelo Moratti, l’uomo che ha tramite il figliolo dato un cognome e qualche fortuna al nostro sindaco. Non mi pare che esista qualche disegno per questo luogo (non-luogo, come direbbe Marc Augè) di inquietante degrado. Basterebbe traversarlo da un capo all’altro in qualsiasi mattinata e magari avvicinarsi al fantasma del palazzo dello sport, travolto da una lontanissima nevicata (1985, se ricordo bene). Nulla, se non rottami, cavalletti, nastri bicolori memoria di qualche lavoro passato, sporcizia. Alla maniera di Milano. La Moratti parla di turismo culturale: per il turismo culturale si potrebbe magari tentare qualche cosa di più, dagli spazi verdi a un bar decente dove rifocillarsi. Qualcosa di più per compensare quanti soffrono d’inquinamento acustico per renderlo più sopportabile, qualcosa di più per l’intera città. Mi risulta che le uniche ipotesi in corso riguardino la lottizzazione delle aree degli ippodromi: con l’idea insomma di cancellare quanto potrebbe invece rappresentare una risorsa “culturale” per quanti vengono da turisti a Milano e per quanti vivono a Milano.

Accenno appena allo stato della viabilità. Un concerto significa l’immobilità per un quartiere. Non è bello. Ma pazienza. Pazienza se a ogni partita di calcio il tram fa capolinea da un’altra parte e occorre trasbordare su un autobus, perchè il tram in piazzale Angelo Moratti passa troppo vicino alla nuova cancellata e ai nuovi cancelli: ma chi è l’artista che ha combinato il disastro? Con la conseguenza che nelle ore di maggior afflusso allo stadio, il servizio pubblico più efficiente (il vecchio tram) viene dirottato. Piccolo intralcio, si dirà. Tanto vanno tutti in macchina. Sì, perchè non esiste nessun piano della viabilità e del trasporto pubblico, niente. Si va in macchina e il caos è formidabile, uno spettacolo nello spettacolo, peggio con i concerti ovviamente, più affollati delle partite di calcio e soprattutto interminabili…Ma questa è civiltà urbana, secondo la Moratti. Qualche specialista potrebbe tentare un conto economico del caos e dell’abbandono: quanto si spende per l’uno e quanto non s’incassa per l’altro. Non si capisce che lo stadio, gli stadi (cioè gli ippodromi), il verde, persino la (gloriosa) storia del Milan e dell’Inter sono una risorsa per Milano, una risorsa che evidentemente non intercetta gli interessi dei nostri palazzinari.

Un’altra notizia e un’ultima considerazione. Leggo che il nostro sindaco s’è recato a colazione dal presidente del Consiglio ad Arcore e che l’argomento di conversazione tra i due sia stato, tra l’altro, il Pgt, il piano di governo del territorio. Pare che Berlusconi, viste dieci slides, abbia condiviso e abbia ordinato: “Va approvato rapidamente”. Che il sindaco di Milano chieda conforto al presidente del Consiglio credo sia un fatto che segnali vistosamente la debolezza del primo cittadino, incapace malgrado la forte maggioranza di governare. Mi sembra il solito bambino che in lite con il compagno di scuola minacci: “Lo dico al mio papà”. La Moratti lo ha detto. Lascio stare la questione relativa alla lesione dell’autonomia del consiglio comunale. La Lega sarebbe dovuta insorgere contro il centralismo.

Un post scriptum per l’assessore competente, Masseroli, quello del tunnel. Leggo che a proposito della risistemazione dello Scalo Farini avrebbe esclamato: “Il 65% a verde è troppo. L’accordo con le ferrovie prevede case e uffici, un po’ di verde va bene, ma non 430 mila metri quadri, più del parco Sempione”. “Un po’ di verde…”. Mi sembra anche questa una bella prova della cultura di chi ci amministra, cioè un modesto contabile conto terzi del calcestruzzo.

Oreste Pivetta



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