12 luglio 2017

“NELLE SCARPE DEGLI ALTRI”. COMUNITÀ EDUCATIVE E SENTINELLE SOCIALI

Insegnare la “condizione umana”


Il modello dell’Empaty Museum di Londra, che ha aperto i battenti un paio di anni fa, ha catalizzato l’attenzione internazionale e invita a guardare il mondo con gli occhi degli altri: prima di giudicare qualcuno prova a camminare un miglio con le sue scarpe. Questo museo è una sorta di empathy shoe shop, uno spazio dove letteralmente provare a camminare almeno per un miglio con i mocassini di un altro: oltre le scarpe, un auricolare per ascoltare la storia di vita del proprietario di quelle scarpe, un migrante, un rifugiato, un senzatetto o una vittima di violenza. Centinaia di storie.

Il progetto si ispira al pensiero dello scrittore Roman Krnaric, che afferma che soltanto pochi usano il proprio potenziale empatico, dote che può migliorare non solo la vita dei singoli, ma anche l’intera società. L’empatia, infatti, non è soltanto un dono naturale, una capacità insita nel DNA umano, come attestano le ricerche nel campo delle neuroscienze sociali, ma una competenza da allenare e apprendere.

Milano risponde in questi giorni alla chiamata di Londra e lancia con il supporto dell’Assessorato alle Politiche sociali, la FEM, Federazione Empatia Milano. Il Comitato etico promotore dell’iniziativa aggrega esperti e studiosi di diversa formazione (filosofi, psicoanalisti, storici dell’arte), convinti della necessità di diffondere la cultura dell’empatia, della tolleranza e del rispetto, contro un individualismo sempre crescente. Un messaggio concreto di incoraggiamento dell’etica del dialogo, dell’incontro e dell’inclusione.

La pedagogia dell’empatia è un must anche della scuola danese, dove viene insegnata per un’ora alla settimana a bambini e ragazzi: la klassens tid è l’“ora di classe”, espressione che si può tradurre come “ora di empatia”, uno spazio in cui ai giovani studenti è proposto di parlare dei propri problemi individuali e di gruppo, incoraggiandoli ad esprimere emozioni e sentimenti, favorendo l’ascolto reciproco e cercando di far emergere un comune senso di solidarietà.

Durante queste lezioni guidate da un insegnante coach si ricerca una particolare atmosfera, chiamata hygee, che si qualifica e distingue per alcune caratteristiche di benessere collettivo e che si può sperimentare quando si è in pace con se stessi e con gli altri, disponibili a guardarsi negli occhi e a comprendersi, anche nella propria fragilità.

La convinzione è che non basta parlare di benessere e di empatia, ma che bisogna creare occasioni laboratoriali dove allenare e far crescere fin da piccoli l’attenzione e il rispetto per gli altri, dove ascoltare i sentimenti altrui, comprenderli e condividerli, senza pregiudizi. Ritenere di non avere pregiudizi è infatti il più comune dei pregiudizi, come afferma lo scrittore e filosofo colombiano Nicolas Gomez Davila.

Una buona road map per ogni comunità educativa ha il dovere oggi di non trascurare il ruolo di sentinella sociale e di insegnare la condizione umana, assicurando e valorizzando la diversità. La scuola non deve rinunciare al suo ruolo di bussola e ancora etica e deve attivarsi con l’obiettivo di sviluppare l’etica della solidarietà e della comprensione in funzione di un vero umanesimo (1).

Tutti i giovani hanno bisogno di una guida nel processo di identificazione, empatia e proiezione, per far crescere un atteggiamento di apertura, simpatia e generosità all’interno di una palestra di apprendistato sociale e prosocialità.

Empatia, arte e bellezza come cura: anche il World Happines report 2017conferma che lo stile di vita e di relazione è determinante per il benessere dell’umanità.

Rita Bramante

(1) E. Morin, Sette lezioni sul pensiero globale, Raffaello Cortina, 2016



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti