26 ottobre 2016

SALA DOPO PISAPIA. I SAPERI DOPO LE PASSIONI?

Il pensiero generativo del Consiglio comunale


Quali dovrebbero essere i saperi di un Consigliere comunale per tenere appresso alla Milano che cambia? Milano è cambiata e cambierà ancora. Il “Rinascimento” milanese tante volte evocato da Letizia Moratti e mai realmente decollato – meglio comunque lei dell’amministratore di condominio Gabriele Albertini – sta prendendo corpo in un’atmosfera forse di ansia ma certo di grande attenzione.

01editoriale35fbDi questa attenzione sono tante le testimonianze, le ultime in ordine di tempo un trafiletto di Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera Milano centrato sul decoro urbano e un intervento di Marco Vitale a una manifestazione conviviale di APE, l’Associazione per il Progresso Economico, una vecchia istituzione milanese. Prendo spunto da lì.

Nel suo intervento Marco Vitale – economista di impresa e a suo tempo assessore al bilancio del Comune di Milano e conoscitore della città – ha collegato le difficoltà degli ultimi anni al continuo decadere del ruolo del Consiglio comunale, accelerato certamente dalle ultime leggi di riforma in materia di amministrazione locale: tutto il potere in capo al Sindaco eletto direttamente e alla Giunta da lui nominata.

Quest’assetto rispecchia una visione delle istituzioni tipica di una parte della sinistra, incarnata nello specifico da Franco Bassanini e dalle sue riforme, un politico prima PSI poi PCI, PDS e per finire DS, una visione molto vicina alla odierna di Matteo Renzi: un esecutivo molto sciolto rispetto agli organismi elettivi. I risultati non sono stati dei migliori e le ragioni le sottolinea Vitale nel suo intervento: ”A Milano, fortunatamente, sono molti i luoghi nei quali si produce nuovo pensiero. Ma sono sempre e comunque luoghi dove si agisce per categorie, per “arti e mestieri”, per gruppi separati. Qual è il luogo dove il pensiero prodotto dalla città può diventare progetto comune, progetto per e della Città? Nel Consiglio Comunale, una delle poche istanze democratiche del nostro ordinamento, che forse sopravvivrà allo smantellamento in atto di tutte le strutture e istanze democratiche.”.

Il discorso di Marco Vitale è anche venato da una sorta di nostalgia per quello che lui definirebbe forse il periodo “pericleo” di Milano: ”Era nel Consiglio che si ritrovavano molti dei cittadini migliori”. Furono consiglieri e talvolta assessori Giovan Battita Pirelli, l’ingegner Giuseppe Colombo – fondatore del Politecnico -, il conte Prinetti ma anche Turati. Grossa borghesia imprenditoriale, delle professioni, un po’ di nobiltà, politici di grande cultura e passione civile, comunque all’altezza del ruolo pubblico ricoperto perché forti di un bagaglio di saperi sufficiente.

Oggi le cose sono totalmente cambiate e dunque i “saperi” non sono solo altri e diversi e in particolare assai più vasti ma nessuno favoleggia più di possederli tutti almeno a partire dai primi dell’Ottocento e dopo la scomparsa di Thomas Young, fisico, matematico ed egittologo che si mormorava “sapesse tutto”. Oggi i saperi sono specialistici e, come dice Gavin Schmidt (1) in un suo recente saggio, il mondo del sapere soffre di un effetto centrifugo. Ogni sapere specialistico va per la sua strada generando altri sottosaperi specialistici in cascata e si pone il problema dunque di generare anche un movimento centripeto mirato alla soluzione di uno specifico problema in maniera interdisciplinare.

Ma non è ovviamente tutto, in particolare per chi voglia ricoprire il ruolo di Consigliere in Comune o ancor più il ruolo di Assessore e per finire Sindaco. O ci si limita a svolgere un ruolo riduttivo della politica, governare con l’obiettivo di conquistare consenso elettorale in funzione del potere, un consenso da “comizio”, e allora i saperi contano poco ma vale soprattutto la capacità affabulatoria, o si vuole realmente governare e allora i saperi sono indispensabili.

Quali? Quanti? Troppi per ciascuno, tali e tanti sono i problemi di una città, del suo presente e del suo futuro ma una soluzione nel passato era d’uso: i consulenti. Allora però il problema si sposta sulla scelta del consulente. Come sceglierlo? Amico? Un po’ poco. Me lo manda il Partito? Peggio che andar di notte. C’è bisogno di criteri di scelta: avere un’idea sul problema, le sue implicazioni, le soluzioni adottate da altri, le possibili future.

Che fare? Se ci fosse una burocrazia come Dio comanda ci sarebbe anche una sorta di ufficio studi dedicato a raccogliere, selezionare i dati disponibili e le informazioni sui temi in discussione e di metterli a disposizione del Consiglio per far sì che il lavoro dei consiglieri sia frutto di “saperi” non solo personali, presumibilmente e legittimamente insufficienti ma arricchiti di quel che serve per far bene il proprio lavoro, perché di lavoro si tratta. Un’attività centripeta, indispensabile.

Giuliano Pisapia ci ha dato una stagione di ritrovata passione politica, dopo di lui Giuseppe Sala ci dia la stagione dei saperi.

Luca Beltrami Gadola

(1) Gavin Schmidt – Perché la specializzazione non ha portato alla balcanizzazione della scienza? In Scienza Next Generation – il Saggiatore 2009 pp. 232

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti