5 ottobre 2016

MANGIA CON LORO

Scuole, mense e genitori contro


Schiscetta” è un termine milanese che sa di fabbrica, di pausa pranzo in cantiere, che profuma di pasta al sugo, cotoletta e fatica. Gavetta o gamella è la traduzione italiana, ma la versione contemporanea della scodella per il cibo degli operai e dei soldati è il lunchbox, il contenitore portato da casa negli uffici. E di schiscetta, da qualche settimana si sente parlare anche nelle scuole.

04cingoli32fbQuesta storia comincia a Torino, dove il Tribunale qualche mese fa ha dato ragione a delle famiglie che rivendicavano il diritto a portare il cibo da casa per i loro figli, in alternativa alla mensa scolastica. I genitori promotori della protesta, criticano soprattutto il rapporto qualità prezzo: “mio figlio non mangia niente”, “torna a casa affamato”, “la qualità è bassissima”.

La sentenza piemontese ha avuto un effetto domino e pure a Milano qualche famiglia ha dotato il proprio figlio di schiscetta (a volte panino). Ma entrare in una grande comunità, come una scuola, con del cibo che viene da fuori, non è scontato, esistono parametri e regole di sicurezza igienica da rispettare, così i bambini con il lunchbox hanno dovuto consumare il pasto da soli, non in mensa con gli altri. Questi sono i fatti. La conseguente polemica non pare destinata a placarsi, almeno per il momento.

È un problema complesso e appassionante quello della corretta alimentazione dei figli. Da anni esistono a Milano, come in molte città, le Commissioni mensa, composte da genitori che si battono per migliorare la qualità del cibo nelle scuole. Nel tempo, diverse cose sono cambiate grazie alle azioni congiunte di queste commissioni, altre sono ancora da mettere a punto, comunque, secondo molti, la madre di tutte le battaglie è quella sulle “materie prime”. Negli approvvigionamenti di Milano Ristorazione (la società partecipata del Comune), anni fa si è visto passare di tutto, dalle mozzarelle tedesche, al pesce del Sud Africa, dall’olio d’oliva in bottiglie di plastica, alla pasta di scarsissima qualità. Tutti prodotti che sono stati sostituiti anche grazie all’intervento delle commissioni mensa.

Sulla qualità dei prodotti, si gioca quindi la possibilità per i genitori di incidere davvero nell’alimentazione dei figli a scuola. Ma chi sosterrà questa battaglia se in tanti cominceranno a scegliere la strada della schiscetta? E quante famiglie decideranno di abbandonare la mensa? Forse non molte in realtà. Strozzati come sono dal lavoro, gli orari, la centrifuga di vita che conosciamo bene, non so quanti genitori riuscirebbero a preparare tutti i giorni pasti completi per la pausa pranzo dei figli.

In ogni caso, la mensa è una conquista sociale e andrebbe difesa, migliorandola sempre. Per farlo ci vogliono azioni comuni, mentre la scelta della schiscetta sembra andare nella direzione opposta, quella della “libertà individuale”, in questo caso di abbandonare un servizio che non soddisfi. Una comunità forte, invece, dovrebbe valorizzare la socialità e non alimentare le differenze tra bambini.

I bambini, ecco. Nello scontro tra alcuni genitori e le istituzioni, i protagonisti vengono lasciati sullo sfondo. Eppure il momento della mensa è un grande rituale educativo, a quell’ora non ci si nutre soltanto, ma si impara a condividere e a conoscersi.

Chiunque abbia fatto parte delle Commissioni, avrà notato che i gusti dei bambini cambiano nel corso degli anni. Se in prima elementare vengono apprezzati quasi soltanto la pizza e gli spaghetti al pomodoro (per fare un esempio), quando si arriva in quinta molti ragazzini cominciano ad assaggiare tutti i piatti, in pratica i loro gusti si evolvono. E questa è un’esperienza di crescita, un’avventura collettiva.

Essere parte del gruppo, i bambini desiderano questo, ci tengono alla propria storia, ma cominciano fin da piccoli a costruirsi un’identità al di fuori del nucleo familiare. Abituarli ad assaggiare i cibi nuovi in mensa e a mangiare comunque, anche in giornate non proprio riuscite dal punto di vista gastronomico (ce ne sono, eccome), significa renderli persone più adattabili alle situazioni, aperte alle culture, disponibili alla scoperta. L’alternativa “schiscetta”, invece, sa di chiusura a riccio nel nucleo protettivo della famiglia. Sa di sconfitta, un sapore un po’ amaro.

Lorenza Cingoli



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