19 luglio 2016

LA BONIFICA DELLA “GOCCIA” ALLA BOVISA, UNA SENTENZA CHE RIAPRE UN PROBLEMA

Goccia e scali ferrioviari e PGT nell'agenda urbanistica milanese


Il Consiglio di Stato ha dato ragione ai ricorrenti del Comitato La Goccia e ha sospeso i lavori della cosiddetta bonifica del primo lotto di Bovisa, in vista della sentenza definitiva che sarà pronunciato in ottobre. Riassumiamo brevemente la vicenda. Il Comune di Milano, utilizzando fondi statali assegnati dal Ministero dell’Ambiente aveva avviato, nel 2015, i lavori della cosiddetta bonifica di un primo lotto della Goccia. Diciamo cosiddetta perché il Codice dell’ambiente stabilisce in forma chiarissima che, in caso di presenza nel suolo di inquinanti con concentrazioni superiori a determinati valori tabellari, non si debba più procedere alla diretta e generalmente invasiva e costosissima rimozione degli stessi (come era previsto dalla disgraziatissima legge previgente), bensì si debba attivare l’analisi di rischio per accertare se e in che misura detti inquinanti, in relazione alle caratteristiche fisiche del sito (idrogeologia ed altro) e alle destinazioni d’uso previste, siano effettivamente pericolosi e dunque da rimuovere.
imageIl Comune di Milano ha invece deciso arbitrariamente di disapplicare il Codice dell’ambiente e di procedere direttamente alla rimozione di tutte le sostanze presenti nel sottosuolo, previo abbattimento, ovviamente, del ricco e pregiato patrimonio arboreo presente sul lotto di intervento. E questo nonostante i dati disponibili non evidenzino alcun inquinamento della falda acquifera dovuto alle sostanze presenti nel sottosuolo. Tanto sono soldi dello Stato! E poi sull’area è prevista la realizzazione dell’edificio ZEN del Politecnico … . Ora è giusto chiedere al Comune una totale inversione di rotta.
Non solo il rispetto delle leggi ambientali, a partire da quella fondamentale, ma soprattutto una metodica corretta di progettazione urbanistica e di coinvolgimento vero e non strumentale della cittadinanza. Dunque innanzitutto una dichiarazione chiara e complessiva degli intenti progettuali urbanistici da parte del Comune, da sottoporre in modo trasparente alla valutazione ed eventualmente anche alla consultazione formale dei cittadini, prima di compiere qualunque altro atto irreversibile su qualsiasi altra parte dell’area. La vicenda di Bovisa è un caso emblematico dell’anti urbanistica praticata sistematicamente dall’amministrazione comunale appena uscita di scena.
Indici di edificazione mostruosi; distruzione di un patrimonio arboreo rilevantissimo (di consistenza non molto inferiore a quella del Parco Sempione); mancanza di ogni quadro di riferimento territoriale di area vasta, che avrebbe immediatamente evidenziato il valore inestimabile delle aree della “goccia” di Bovisa unitamente a quelle dello scalo Farini, in quanto possono permettere la creazione del Central Park milanese (o addirittura di qualcosa meglio del Central Park, grazie alla connessione con i sistemi verdi della cintura); previsione di un nuovo grande polo del Politecnico, definita non si sa da chi e perché, vista la totale (e illegale) mancanza nel PGT di un Piano dei servizi con contenuti progettuali e non meramente analitici; e infine un procedere a passi singoli e irreversibili occultando (o peggio ancora non avendo) l’idea dello stato finale di progetto da raggiungere.
Bovisa fa parte del piccolo gruppo di aree non ancora trasformate di Milano, assieme agli scali ferroviari, alle caserme e a poco altro. La fortunosa e fortunata bocciatura in extremis, da parte del Consiglio comunale, della delibera sul riuso degli scali ferroviari fa sì che l’argomento dovrà essere presto riproposto all’attenzione della cittadinanza e a quella delle forze politiche. Quel che è importante è evitare di affrontare la questione come se si trattasse della compravendita di un carico di patate: un po’ meno o un po’ più di metri quadri edificabili, un po’ più o un po’ meno di edilizia sociale, di verde, di oneri e di investimenti, in particolare sulla rete del ferro.
Non sono queste le questioni, o per lo meno non sono queste le questioni fondamentali. La delibera bocciata sugli scali aveva un significato di portata ben più strategica: rilanciava e rendeva irreversibile l’idea di una Milano densa fortemente concentrata e sostanzialmente monocentrica, sostenuta dal potenziamento del ferro, vero farmaco, dunque medicina, ma potenzialmente anche veleno. Ma di questo tema centrale non si è mai discusso: lo si è occultato, come a Bovisa si è occultato lo stato finale di progetto.
Invece lo schema territoriale strategico deve essere un oggetto ben chiaro e condiviso non solo entro la cinta daziaria, ma nell’intera area metropolitana. Così è ormai in tutte le grandi aree metropolitane, segnatamente europee, che traggono forza e competitività proprio dall’avere elaborato un progetto territoriale complessivo condiviso a livello di area vasta. Questa è la sfida che sta davanti al nuovo sindaco: sottoponga al vaglio determinante dell’area metropolitana le scelte fondamentali per il futuro di Milano, che non possono appartenere solo ai residenti del capoluogo.

Giuseppe Boatti

 



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