13 luglio 2016

FIERA MILANO, EXPO E MAFIA: DIGHE DI CARTA

La repressione non basta. A quando una vera prevenzione?


Quando su quattro colonne compare un titolo “Undici arresti a Milano per mafia” si scatena la bagarre e per qualche giorno non si parla d’altro. Vale la pena di raccogliere i ritagli di giornale con le intercettazioni, le cronache, le ricostruzioni dei fatti e le interviste. A futura memoria di chi si smentisce da sé. In ogni caso tra un po’, finite le dichiarazioni dei vari interessati, arrestati esclusi ovviamente, tutte sulla linea del “quel che dovevo fare l’ho fatto” oppure ”ma io non ne sapevo nulla”, anche su questa vicenda calerà il solito velo.

01editoriale26FBA botta calda forse qualche commento vale comunque la pena di farlo, dopo aver riconosciuto a forze dell’ordine e magistratura inquirente grande capacità di repressione. I complimenti di alcuni politici sono un po’ pelosi. Ora bisogna parlare anche di prevenzione.

Nelle dichiarazioni rese alla stampa molti hanno citato i codici etici e i patti di integrità anticorruzione. I patti di integrità sono serviti a poco perché si limitano a introdurre sanzioni per i casi nei quali la corruzione viene scoperta, sanzioni essenzialmente di carattere economico, e con scarso o nessun effetto di prevenzione del reato. Quanto ai codici etici, sono puri pezzi di carta di nessuna efficacia, malgrado le migliori intenzioni. Di passaggio ricordo che uno dei codici etici ritenuti migliori era quello di Parmalat. Gli impegni cartacei di chi si dispone a delinquere fanno sorridere.

Per rimanere ai codici etici in realtà ne bastava uno solo, già c’era, il settimo comandamento: non rubare. E non lo cito a caso ma per tutti i cattolici praticanti, molti tra i politici, che dovrebbero andarsi a leggere ogni tanto il Catechismo della Chiesa Cattolica in particolare dal precetto 2401 al 2414 con particolare riguardo al precetto 2409. Troveranno tutto quel che serve anche calato nella realtà di oggi. Per i laici non saprei citare nulla di altrettanto sintetico ma non mancano certo autorevoli maestri nel campo dell’onestà.

Mi piacerebbe pensare che ora si sia arrivati alla conclusione che è il momento di pensare alla prevenzione.

Quando il legislatore in passato ha dettato le norme sulla spesa del denaro pubblico, aveva in mente due obiettivi principali: ottenere che la spesa pubblica fosse efficace, ottenesse il massimo dei risultati possibili in un sano equilibrio tra costi e ricavi e per finire consentisse ai fornitori dello Stato di competere in concorrenza tra loro. Impedire che si sviluppasse corruzione e ancor peggio che vi fossero infiltrazioni da parte della malavita organizzata non era uno degli obbiettivi.  Oggi appare uno dei principali.

Nel perseguire quei due obbiettivi il legislatore, soprattutto in materia di lavori pubblici, ha dettato e continua a dettare – vedi Nuovo codice degli appalti – norme troppo complesse, veri labirinti giuridico normativi, che complicano la vita a tutti ma che non scongiurano né la corruzione né le infiltrazioni mafiose. Provate a chiedere a un membro di una commissione legislativa cosa in realtà sa del mondo e della realtà dei settori nei quali voi operate e avrete delle sorprese. Sgradevoli.

Per contrastare questi fenomeni bisogna prima di tutto guardare a quel che è successo, ai processi di mafia e corruzione conclusi e a quelli in corso, per capire bene quali siano stati gli anelli deboli delle norme e dei regolamenti, quali i luoghi amministrativi, quali le circostanze che hanno favorito la degenerazione nell’illegalità.  Un lavoro di ricerca lungo e costoso che non può essere fatto solo da magistrati o organismi inquirenti ma soprattutto da esperti che conoscano bene tutta la “filiera” dell’attività amministrativa e imprenditoriale. Bisogna creare “studi di settore” analoghi a quelli che fa il fisco ma finalizzati al contrasto di corruzione e infiltrazioni mafiose. Questo minuzioso lavoro consentirà di “rivisitare” in maniera mirata leggi e regolamenti.

Altra questione riguarda la trasparenza degli atti. Non mi dilungherò qui su quest’argomento, perché vale molte considerazioni, in particolare sui “fantocci” di trasparenza dei quali ci si riempie la bocca, come per la “partecipazione”. La trasparenza ci deve essere durante tutto il processo di spesa del pubblico denaro, finalizzata “realmente” a consentire il controllo da parte dei cittadini e il controllo da parte dei concorrenti: il controllo “sociale”: una vera arma senza costo di grande efficacia.

Molte altre cose ci sarebbero da dire per completare li quadro: forse prima di tutto trovare il modo di coordinare legislatori, organismi inquirenti, forze dell’ordine, ricercatori, esperti di settore e chiunque abbia ruolo o competenza nella lotta contro mafia e corruzione perché come si dice “uniti si vince”. O forse almeno si lotta meglio.

 

Luca Beltrami Gadola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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