6 luglio 2016

LA LIBERTÀ FEMMINILE: UN PARAMETRO DELLA CONVIVENZA CIVILE

Il bilancio di cinque anni della Commissione Pari Opportunità


Finita la campagna elettorale, ora che Milano ha una nuova Amministrazione, è possibile avere una maggiore lucidità e obiettività per fare un bilancio dei cinque anni passati. Sarebbe opportuno, quindi, che le donne della nostra città si esprimessero in proposito per mettere a fuoco, in particolare, luci e ombre, conquiste e mancanze in relazione a quella parte del programma di Pisapia che, con una certa enfasi, si intitolava: “La città delle donne”.

05sonego25FBEssendo stata la presidente della commissione Pari Opportunità, (senza portafoglio e, quindi, senza un soldo!) penso di dovere, per prima, provare a fare un bilancio del mio lavoro e della politica complessiva dell’Amministrazione per quanto ha riguardato non solo la metà della popolazione milanese ma anche la convivenza tra uomini e donne, donne “native” e donne migranti, donne diverse per età, cultura, ceto sociale. Molto diverse tra loro, sì, ma ancora considerate complementari alla storia e alla vita dell’uomo nonostante l’emancipazione raggiunta in taluni settori e, direi, nonostante anche il 50/50 della giunta Pisapia.

Da subito ho pensato che, come presidente della commissione Pari Opportunità e come votata soprattutto dalle donne, non dovevo considerarmi una “rappresentante delle donne” e che il mio compito era quello di aprire spazi fisici e politici dove le donne di Milano potessero esprimere la loro soggettività politica, i loro progetti, desideri, bisogni. Da questo pensiero prese forma la decisione di promuovere, periodicamente, delle assemblee delle donne nello spazio più prestigioso di Palazzo Marino: la sala Alessi.

In cinque anni ne sono state convocate nove, sempre affollatissime, in cui hanno preso la parola le donne più diverse. Innanzitutto quelle a cui, nel primo incontro, venne chiesto di esprimere la propria visione di una Milano ‘come la volevano le donne che la abitavano‘. Le risposte riguardarono essenzialmente alcuni ambiti: lavoro- salute – spazi – salute e ambiente. Nacquero, così, i ‘tavoli delle donne’: gruppi di persone che spesso non si conoscevano, che cominciarono a riunirsi, settimanalmente, in spazi pubblici presenti nello stabile dei gruppi consiliari, per chiarirsi i problemi che avevano a cuore e per costruire dei progetti al riguardo.

Fu così che il ‘tavolo spazi’ iniziò a discutere sull’assenza, a Milano, di una Casa delle Donne e a decidere che la si voleva e che, per richiederla, bisognava costruire un progetto. E che per costruire il progetto era utile conoscere come si erano costituite le numerosissime Case delle Donne italiane, europee e non solo. Il ‘tavolo salute’ lavorò con grande impegno per costruire una mappa delle diverse tipologie di Consultori presenti nelle Zone della città, delle loro trasformazioni, e del bisogno di denunciare lo svuotamento di una conquista delle donne degli anni ’70, da parte di una Regione che li aveva, progressivamente, trasformati in generici ‘centri per la famiglia’.

Alcune componenti del tavolo salute scoprirono di volersi interessare della salute come benessere complessivo in rapporto a una città che salvaguardasse gli spazi di ‘natura’ ancora presenti. Prese vita, così, il gruppo delle “Giardiniere” che in cinque anni non hanno smesso di riunirsi, studiare, progettare, coinvolgere esperti, politici, istituzioni culturali, amministratori, associazioni per scongiurare la cementificazione e per il riutilizzo sociale di un luogo “rinaturalizzato” nel corso del tempo come l’ex Piazza d’Armi a Baggio.

La salute come diritto dei cittadini e delle cittadine è stato il tema affrontato dal ‘tavolo salute – ambiente’ che non ha mai smesso di sottolineare come al sindaco di una città spetti, per legge, il compito di tutelare la salute dei suoi abitanti. Il ‘tavolo lavoro’ é quello che, dopo un periodo di grande attività e impegno, si è arenato sia perché si è accorto di non avere alcun potere di contrattualità in rapporto all’amministrazione per quanto riguardava la mancanza o la qualità del lavoro delle donne che soprattutto perché, di fronte a una proposta fatta per il coinvolgimento di un assessorato nella costruzione di un bilancio di genere (presente nel programma di Pisapia), si è trovato di fronte al muro di gomma di una assessora che, dopo una prima disponibilità, si è sottratta al confronto.

L’esito più evidente dei tavoli (oltre alla preziosa partecipazione esercitata) è stata la realizzazione della Casa delle Donne diventata, fin dalla sua nascita, un centro straordinario di attività e coinvolgimento delle donne le più diverse, che hanno dato vita a una grande varietà di gruppi di lavoro. Ma la sala Alessi ha coinvolto anche le donne delle molte comunità di non ‘native’ presenti a Milano con tutta la loro ricchezza di scuole, associazioni, cooperative, imprese. E poi le associazioni che si prendono cura da molti anni delle donne che vogliono uscire dalla violenza domestica in particolare la antesignana Casa delle Donne Maltrattate, la Toponomastica Femminile e i progetti di co-housing di donne di età diverse.

Fino all’ultima assemblea: “Donne in poesia a Milano” quando in sala Alessi sono risuonate le parole preziose, distillate, precise che le poete ci hanno restituito nel loro valore in un’epoca in cui le parole vengono spesso abusate e usate per mistificare e distorcere la realtà. Una assemblea ‘gratuita’ senza la prospettiva di costruire od ottenere alcunché. Un dono a tutte e tutti noi perché riscoprire il ritmo e il senso della parola ci aiuta a guardare al nostro affaccendarci con distacco e ironia ridando, anche alla politica, una misura e il limite dovuto.

La costanza e la passione che sono state caratteristiche di questa ‘partecipazione attiva’ hanno testimoniato che ci sono energie e potenzialità da coltivare per una Amministrazione che abbia a cuore la convivenza e la realizzazione di una vera democrazia.

In un tempo in cui quello che Bourdieu ha chiamato “il dominio maschile”, sempre più traballante, si esprime in forme di violenza che non sembra finire, chi governa la città dovrebbe assumere come compito importante quello di riconoscere e valorizzare la soggettività politica delle donne investendo, anche economicamente, in progetti dove si esprimano il valore della libertà femminile quale parametro della convivenza civile.

La nuova Amministrazione, che vede una presenza consistente di donne in consiglio e un po’ meno in giunta, dovrà, con le sue scelte, dimostrare se questo parametro diventerà la misura della sua politica.

 

Anita Sonego

 



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