28 giugno 2016

LA LEGGE COSTITUZIONALE E IL REFERENDUM

Un testo complesso sottoposto al giudizio dei cittadini


Ad ottobre si terrà il referendum costituzionale con cui verrà deciso se approvare o respingere la legge Boschi, cioè la riforma della Costituzione voluta dal governo Renzi.  Si tratta di un testo lungo e complesso che modificherà in maniera sostanziale il funzionamento dello stato. L’Italia cesserà di essere un Paese dove vige il “bicameralismo perfetto”, cioè la parità di ruolo e competenze tra le due camere, saranno modificati i rapporti tra stato e regioni e tutta un’altra serie di modifiche quali l’elezione del Presidente della Repubblica e l’istituto del referendum.

06livigni24FBLa parte centrale è quella relativa al Senato, che, tra le altre cose, non dovrà più dare fiducia al Governo e non si occuperà più di gran parte delle leggi, di competenza esclusiva della Camera. Coloro che criticano la riforma dicono che tale cambiamento rischia di dare troppo potere al governo (qualcuno parla addirittura di “svolta autoritaria”), poiché soltanto la Camera potrà determinare la caduta di un Governo.

Molti, però, respingono le critiche di “autoritarismo”, limitandosi a notare che i veri problemi che la riforma potrebbe causare nascono più che altro dall’unione della riforma del Senato con la nuova legge elettorale, il cosiddetto “italicum“ che prevede un significativo premio di maggioranza alla Camera che viene assegnato al secondo turno delle elezioni.

In tal modo la legge potrebbe finire con l’assegnare il premio a una forza politica con una bassissima rappresentanza nel paese, che controllando la Camera potrebbe legiferare in completa autonomia.

Sulla maggior parte delle leggi sarà unicamente la Camera a decidere, eliminando così la cosiddetta “navetta”, cioè il passaggio della stessa legge tra Camera e Senato che oggi spesso capita, in quanto i due rami del Parlamento debbono approvare leggi che abbiano esattamente lo stesso testo. La “navetta” è un prodotto del “bicameralismo perfetto”, istituzione che ha solo l’Italia in tutta Europa. Il nuovo Senato sarà formato da 100 componenti, di cui 74 Consiglieri Regionali, 21 Sindaci e 5 nominati dal presidente della Repubblica (gli ultimi avranno un mandato della durata di 7 anni).

Ancora non è stato deciso il metodo con cui saranno eletti i 74 consiglieri regionali e i 21 sindaci, servirà, quindi, una legge che regoli esattamente la loro elezione. Su questo ultimo punto ci sono stati aspri scontri politici, anche e soprattutto per la formulazione vaga della riforma. Si dice che i senatori saranno eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi».

In altre parole, la legge ordinaria potrebbe stabilire che in occasione delle elezioni regionali sarà necessario indicare sulla scheda la propria preferenza per il consigliere regionale che l’assemblea dovrà eleggere come suo rappresentante al Senato. La riforma prevede una forte riduzione delle competenze delle Regioni e, in teoria, maggiore chiarezza sui ruoli di Stato ed Enti locali. La parte della Costituzione che regola questi rapporti, attuale Titolo V, riformata nel 2001, è da molti considerata poco chiara e causa di moltissimi contenziosi.

I promotori del sì al referendum dicono che con la riforma si “taglieranno le poltrone” e si “risparmieranno soldi”. La ragione di tali affermazioni è che con il nuovo testo saranno abolite definitivamente le Province (che, quindi, non saranno più nel testo della Costituzione) e il CNEL e i senatori saranno ridotti di numero, da 320 a 100, e non percepiranno uno stipendio. Al di là dell’aspetto strettamente economico, su cui occorrerà compiere valutazioni successive, si ritiene che la Legge costituzionale potrebbe effettivamente semplificare e snellire il nostro sistema legislativo, che, da tempo, soffre di elefantiasi ed eccesso di burocrazia, e che, pertanto, appare lontano dagli interessi dei cittadini. La parola passa, quindi, agli elettori.

 

Ilaria Li Vigni



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