24 febbraio 2016

PD MILANESE: LA BATTAGLIA DI MILANO


La cronaca politica locale non ci dà scampo: quante saranno le liste collegate a quella del Pd “per Giuseppe Sala sindaco”? Onestamente il problema non ci cava il sonno ma per certi versi mette persino di buon umore: la compagnia di marionette Carlo Colla e Figli, dopo l’ultima replica al Piccolo Teatro del suo Macbeth in giugno, potrebbe mettere in cartellone un nuovo titolo “Il Pd alla battaglia di Milano”. Per i costumi femminili la scelta è ampia, basta che qualcosa spunti da sotto di qualcos’altro, per quelli maschili di rigore pantaloni a tubino (leggings da uomo, stile Renzi), giacca cosiddetta una taglia in meno e sciarpetta a strozzo. Il burattinaio chi è? Chissà.

01editoriale07FBLa battaglia di Milano anche se non ci toglie il sonno ci dà da pensare perché si tratta pur sempre del nostro travagliato futuro.

Come ho detto nel mio editoriale della settimana scorsa, una caratteristica delle liste collegate è che debbano aderire al programma del sindaco della lista principale. A oggi, stando ai rumors della stampa, per il centrosinistra potremmo avere: una lista Pd del sindaco, una lista Balzani, una lista civica/Limonta e una lista Lucia de Cesaris ma non è detto sia finita lì.

Qualcuno mi deve spiegare come si possa dar vita a una lista collegata prima ancora di sapere quale sarà il programma del Sindaco a meno che non si aderisca a scatola chiusa o non si pensi di concordarne uno. In entrambi i casi perché non dire ai propri simpatizzanti di votare direttamente la lista del sindaco?

Non siamo cretini e la risposta ce la diamo da soli, soprattutto quando abbiamo visto arrivare in scena D’Alema e Cofferati: è la battaglia di Milano tra correnti del Pd, tra fazioni diverse e tra persone. Bisogna contarsi per contare, per presentare il conto al sindaco quando dovrà comporre la sua Giunta e per mostrare alla direzione centrale del Partito quanto si conti localmente – e come dicono lorsignori “nel territorio” – per aver peso nelle prossime regionali o politiche e magari trovare qualche posticino tra commissioni con annesso gettone e consigli di amministrazione. Una volta alla bisogna c’erano anche le cooperative, pare che oggi non funzioni più.

Così va il mondo, l’ingenuità è un peccato veniale ma esiste e però tra i peccatori non annovera quel quasi 50% che al voto proprio non ci va, non apprezza la “battaglia di Milano” come non sta apprezzando la battaglia parlamentare sulle unioni civili, come non ha apprezzato la vicenda parlamentare sulle modifiche costituzionali: dietro le quinte c’è sempre qualcos’altro.

Il primo ingenuo sono io che continuo a pensare ai programmi, nella battaglia di Milano non sono tra le munizioni che servono: il loro ruolo è meramente evocativo e diversamente non potrebbe essere, visto che sono l’ennesimo ripetitivo elenco dei mali della città, i mali che ci portiamo appresso da anni, la cui soluzione è lenta, ondivaga, approssimativa.

Da qui alle amministrative siamo in rassegnata attesa dell’ennesima “leopoldina”, dell’ennesima “officina”, organizzata da chi dopo un lustro di governo della città ancora ha bisogno di sentire il “territorio” per capire il da farsi, per essere informato, per raccogliere ancora tutte le tessere possibili di un puzzle cui manca il disegno nel quale comporle ma manca anche la cornice che le conterrebbe.

Non tutto è perduto. Forse dopo che questi figli che hanno rottamato i padri si ripiegheranno definitivamente su se stessi nascerà un’alleanza tra nonni e nipoti: i primi percentualmente crescenti ma non eterni, i secondi percentualmente in calo o in spontaneo esilio. Non c’è tempo da perdere.

Luca Beltrami Gadola



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti