3 febbraio 2016

PISAPIA DA “ENDORSEMENT” A “TESTIMONIAL”


Nell’editoriale del precedente numero di ArcipelagoMilano Luca Beltrami Gadola e sia Eleonora Poli inducono a riflettere sullo svolgimento di queste primarie milanesi, che saranno forse le più belle d’Italia, ma non certo adeguate alle aspettative della sua comunità. Luca Beltrami Gadola, muovendo dalla sua “antica” cultura politica, invoca l’esigenza di politica, tradotta in un sindaco politico, antica tradizione di Milano, che purtroppo a molti è sconosciuta, e per ancor di più, troppo lontana nel tempo e forse rimpianta.

08merlo04FBNel nostro Paese, la crisi della politica che ha smarrisce le sue coordinate, è viepiù accentuata dalla combinazione di fattori entrambi perniciosi, e principalmente dalla strumentale ossessione per la geopolitica sopraffattrice della politica delle cose che realmente aggravata dal livello culturale della gran parte della sua classe politica che ne impedisce la visione di una società nel suo insieme di esigenze, e che a causa di ciò è costretta a ricercare la propria legittimazione: nella ricerca di relazioni di scambi sia materiale e sia ideologici, gestito in un contesto di carenze conoscitive delle dinamiche sociali, economiche, civili e funzionali, che ormai da tempo sono consolidate nelle diverse società del globo; un provincialismo costantemente mascherato dall’autoreferenziale presunzione di diversità positiva.

Dinamiche che nei fatti comportano la forte riduzione delle prerogative centralistiche degli Stati Nazione, per trasferirli alle dinamiche territoriali che il progressivo inurbamento impone, per la quale la capacità di visione politica s’impone, sia nella proposizione e sia soprattutto nell’esercizio del governo. Ma, sotto questo punto di vista, il nostro Paese sconta un notevole ritardo, che per l’offerta della politica si riverbera in una profonda crisi di “capitale umano” da promuovere e da proporre, e per mascherare ricorre alla proposizione di “Podestà” empatici o da renderli tale in modo artificiale, piuttosto che impegnarsi in una paziente e lungimirante “costruzione” di “Borgomastri”. A Milano nel 2016, ci si trova in questa situazione, e l’invocazione del politico è purtroppo tardiva e forse anche fuorviante rispetto alle scelte da fare; però è ancor far credere che si possa costruirlo in laboratorio o in salotto, proponendo una scenografia che non è all’ordine del giorno: va bene che Milano sia la capitale del “prêt à porter” ma così si esagera.

A Milano il “politico” carismatico non c’è, né a sinistra né a destra, perché la città da oltre un quarto di secolo ha annichilito la propria vocazione culturale all’autonomia, e in attesa di provare a ricostruirla è più che mai opportuno farsene una ragione; è una rinuncia che viene da lontano, e che nel corso dell’ultimo quinquennio, purtroppo, si è tutt’altro che affievolita. Provare a “immaginare” la Milano del 2021 e proiettata verso il 2026, è stato disincentivato se non proprio bandito, e le conseguenze sono la carenza di una politica di progetto della Milano futura: quella di città metropolitana, quella di città accogliente, per attrarre e conservare il capitale umano, propellente per le attività della nuova economia e delle nuove produzioni, quella di città globale che amplia il proprio ruolo di centralità per moda e design elaborando il successo di Expo, del quale, neghittosamente e ideologicamente si cerca di prendere le distanze, vecchio vizio salottiero di una borghesia radicale che ama rimirarsi l’ombelico.

Il rifiuto alla visione, è stato il mantra che Pisapia ha imposto alla sua amministrazione in questi cinque anni, e la contraddittorietà politico amministrativa con cui si stanno concludendo ne sono purtroppo l’evidenza.

Eleonora Poli, ha articolato attorno alle primarie una riflessione che se si fosse avuto il coraggio di farla prima di indire le primarie, avrebbe aiutato quanto meno a elevare il confronto tra i candidati, soprattutto perché le stesse primarie hanno finito per imboccare il percorso tortuoso di una politica fatta di assertività, geopolitiche, da amarcord, di infarcitura di pregiudizi, per lo più gratuiti, declinate in un turbinio di autoreferenziale illuminismo presuntuoso, caratterizzato anche da una strumentale fissità moralistica che trascende nel paranoide. Abbiamo sbagliato nel 2010 e stiamo sbagliando nel 2016 s’interroga la Poli, “Anche nel 2010 avevamo almeno due candidati molto diversi tra loro; eppure le differenze non erano mai profonde quanto oggi, 2016”.

Se si ripercorrono con sguardo indagatore anche quegli anni, qualche parallelismo si trova, le pressioni soft su Onida per la rinuncia, ci sono state, ma non potevano essere così sguaiate come quelle fatte per Majorino, a un Presidente Emerito non si poteva offrire la poltrona di vice sindaco, sarebbe stato una “diminutio”. Ma le differenze tra il 2011 e il 2016, non sta solo nel profilo delle candidature o nella loro genesi, bensì nei bisogni della città che è cambiata sia nei confronti del sistema Paese, e sia in rapporto con l’Europa e con il Mondo. La Milano del 2011 “stagnava” nel contado “Piazza Duomo – Arcore” e aveva puntato tutto, insieme al Governo Prodi sulla “iattura” Expo, dopo cinque anni, anche e soprattutto grazie a Expo si posiziona in uno scenario assai diverso e più complesso, quello di diventare a tutti gli effetti una di città globale; ma a non pochi sfugge che le coordinate per poterci stare e competere, richiedono un coraggio visionario, di andare ben oltre al romanticismo del volontariato delle “officine”, per puntare sulle “fabbriche dei saperi” anche perché quelle officine hanno procurato più disillusioni che speranze.

Gli indubbi meriti di Pisapia e della sua squadra di amministratori non basta più, occorre aumentare i giri del motore, la continuità non è un fatto nominalistico, non è la promozione del secondo pilota, significa mettere le mani nel motore, farlo con tutte le esperienze utili da consolidare proponendosi obiettivi e tempi. Se non si ha il politico, occorre ricorrere a chi sia più affidabile nel guidare la squadra del fare, che farsi ammaliare da suggestioni posticce.

 

Beppe Merlo

 



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