19 gennaio 2016

QUALI “ELICHE” PER PROVARE A FAR VOLARE MILANO


Nel vuoto assoluto di confronto politico per l’assenza di contradditorio e soprattutto di immaginazione, la politica milanese sembra rimbalzare solo all’interno del rodeo della sua sinistra, dove al confronto tra le progettualità si antepone il pregiudizio sugli interpreti sia di chi non lascia il passo a una superiore “nobiltà intellettuale” e sia di chi non sembra dotato di quei quarti di nobiltà ideologica che dovrebbe contraddistinguere la stirpe dei compagni DOCG, maturata nelle fucine del  secolo passato. Ciò cui aspirano i milanesi, quello che dovrebbe servire a questa città per essere competitiva, come impostare la nuova città metropolitana passa in sott’ordine, dimmi con chi hai collaborato e ti dirò chi sei.

05merlo02FBPer uscire da un corto circuito, una miscela intrisa di muffa e di visioni ombelicali, per i milanesi è fondamentale poter per scegliere tra un Podestà gradevole al palato o un Borgomastro affidabile, e per poterlo fare è più che mai utile che i candidati indichino su quali eliche puntano per far decollare la Città.

Per i milanesi, urbani e ariosi, al di là di ogni emotività o suggestione, è ormai evidente che non si decolla più con la sola elica del buon governo, non è più sufficiente, così come con la  saltuarietà o la strumentalità di relazioni con le pietre angolari dello sviluppo nella società della conoscenza: le Istituzioni per la Formazione” e l’Associazionismo Economico e Sociale, se si vuole protagonisti attivi in una ambiziosa visione per andare oltre i limiti del contado.

Le tre eliche, fondamentali se integrate e sincronizzate, da sole non sono più sufficienti a generare quello sviluppo territoriale delle comunità locali dalle quali non si può prescindere per ricostruire relazioni fiduciarie tra governanti e governati.

Il potenziale costruttivo delle comunità locali, è una realtà non disconoscibile e con la quale si deve fare i conti, specie in un contesto consolidato, in cui le istituzioni non possono più, come una volta, venir percepite o auspicate con criteri meramente o strumentalmente ideologici, perché la società è profondamente cambiata. “E un indispensabile compito della politica assumere l’onere e l’onore di creare le condizioni per le quali imprenditori e ricercatori possano ancora credere nelle potenzialità del proprio territorio e non abbandonarlo”, e il rendere funzionale la quarta elica, diventa fondamentale per l’equilibrio dell’intero sistema.

Ad azionare la quarta elica, in primis, non possono che essere tutte quelle persone interessate ad attivarsi sia a fini civici e sia a fini economici, che sapranno cogliere che lo sviluppo della competitività in un sistema globale non può più risiedere esclusivamente nelle infrastrutture, comunque irrinunciabile prerequisito, ma che le stesse sono costrette a trasformarsi per poter mettere in moto le irrinunciabili condizioni abilitanti di un territorio, rappresentate dalla proattività delle risorse umane che il territorio è in grado di generare e dal capitale sociale che si riesce a sviluppare per promuovere innovazione sociale e sviluppo territoriale.

È del tutto evidente che al di là degli appelli all’identità, che anche nell’attuale esperienza milanese ha nei fatti lasciato il tempo che ha trovato, ciò che deve emergere è la primaria  esigenza di trasformare in chiave moderna il modo di declinare la governance. Dopo gli anni dell’ideologia focalizzati sul “cosa”, si è passati alla suggestione empatica del “chi”, ora la domanda è sul “come”, per una trasformazione di cui i cittadini sentono l’esigenza, per abbattere lo “smog burocratico” che nega efficienza e validità democratica al sistema istituzionale.

In un’area più vasta e contrastata, rispetto a quella della Milano nella “cintura daziaria”, qualsiasi proiezione evolutiva, della qualità della vita, in termini di: risparmio energetico, fluidificazione indirizzata della mobilità pubblica e privata, riorganizzazione integrata delle reti dei servizi, sicurezza civile, deve poter offrire aspettative di soddisfazione, per le quali non sarà più sufficiente evocare partecipazione o l’ascolto, ancor più se la sollecitazione  proviene dall’assolutismo della micro politica degli interessi parziali, ancor più se in contrasto con quelli generali. La prevenzione, in una moderna democrazia è affidata all’ informazione della comunità, un’informazione che sia assunta come caratteristica distintiva di una moderna governance democratica, soprattutto in quelle realtà dove la conoscenza e la comunicazione sono caratteri distintivi della dinamica sociale e culturale.

Il nuovo ancoraggio di una comunità democratica, oggi, è rappresentato dalla capacità di generare inclusione, muovendo dal principio, che le situazioni con cui ci si deve confrontare sono diverse dal passato, e per le quali è prioritario, rispetto all’ascolto delle aspettative degli individui, la loro educazione, finalizzata alla sollecitazione di una partecipazione consapevole, che continua ad essere relegata in fondo alle liste delle preoccupazioni e delle cose da fare, purtroppo anche da parte dell’attuale amministrazione.

Occorre quindi un cambio di passo, la priorità per la Milano Metropolitana è rappresentata: dalla conoscenza del territorio e del funzionamento delle sue amministrazioni, dalla consapevolezza della necessità di tools e strumenti innovativi per poter realizzare i programmi, nonché la metabolizzazione civica da perseguire per supportare la specificità della visione di Milano, nell’ambito del sistema nazionale, la cui rivendicazione non può più essere sacrificata né al “bon ton” tra istituzioni né all’accettazione della concezione neo centralista che da decenni connota, non solo la prassi dei governi ma anche la cultura della sinistra minoritaria, che se privata di riferimenti antagonisti, non riesce a proporsi.

Se vi è convergenza con queste considerazioni, appare del tutto evidente che le premesse, per i candidati alle primarie non possono che essere diverse, ed è del tutto evidente che: genetica e cultura della gestione e dell’organizzazione, composizione della squadra nel segno di una continuità da far evolvere, sono tutt’altro che aspetti dialettici, bensì precisi caratteri identificativi per il Borgomastro che non deve improvvisare nulla.

 

Beppe Merlo

 

 



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