19 gennaio 2016

COMITATI, NON UMILIATE IL GIARDINO DEI GIUSTI


Il progetto di sistemazione del Giardino dei Giusti, al Monte Stella, è motivato dal successo di questa iniziativa. Partita in sordina da un gruppo di intellettuali per onorare i “giusti” che si sono opposti a qualsiasi barbarie, il giardino è cresciuto nel tempo, albero dopo albero, ognuno dei quali piantati da personaggi come la vedova di Sacharaov e Ivan Havel, fratello di Vaclav, Franz Muller (unico superstite della Rosa Bianca), il figlio di Solzenicin. Quindi il Giardino dei Giusti ha creato verde, tanto verde; ha piantato alberi, tanti alberi. Gli alberi sono alberi, d’accordo, ma quelli del Giardino dei Giusti sono anche simboli, raccontano storie incredibili, ripercorrono gli orrori e gli atti di luminoso eroismo nascoste nelle pieghe di quegli orrori.

12carra02FBL’iniziativa di anno in anno si è conquistata uno spazio simbolico e morale enorme nella città di Milano, e come tale è stato giustamente riconosciuto dalle autorità cittadine. Le scuole e tanta gente comune ha cominciato a frequentarne ritrovi e cerimonie. Al punto che un bel giorno il suo ideatore, lo scrittore e giornalista Gabriele Nissim (suo l’ultimo splendido libro “La lettera a Hitler”, in cui racconta la storia di Armin Wegner) ha voluto semplificare la vita a tutta questa gente proponendo un progetto di sistemazione dell’area per questi raduni. Il progetto è limitato a circa 1500 metri quadrati (un coriandolo nel bel parco Monte Stella). Dopo una prima versione del progetto giudicata da alcuni troppo invasiva, ne è stata proposta una seconda versione più inserita nel contesto verde e “naturale” della montagna di detriti genialmente ideata dall’architetto Bottoni nel dopoguerra.

Da allora comitati di quartieri e politici in cerca di una nuova battaglia da combattere si sono scagliati contro il progetto, stracciandosi le vesti per la “deturpazione” e artificializzazione di quello che di colpo è diventato una sorta di oasi naturale assoluta, secondo i noti canoni delle proteste ambientaliste. Il Monte Stella è diventato agli occhi dei vari comitati una sorta di Parco Yellowstone, e il Giardino dei Giusti così sistemato una orrenda cementificazione di stampo ligrestiano. Un’infamia, una bestemmia verso il delicato progetto del Bottoni. Fatta salva, beninteso, la nobiltà dell’idea del Giardino dei Giusti (anche se non è mancato, nella strana coalizione del Consiglio di Zona 8 cha va da Fratelli d’Italia a Rifondazione Comunista, chi ha tirato in ballo gli oscuri poteri della “lobby ebraica”).

Ma in realtà di cosa stiamo parlando? Agli occhi di chi se l’è studiata e immaginata in loco, invero un’opera ragionevolmente inserita in quell’ambiente, funzionale, bella e apprezzabilmente sobria. Ma il punto di vista molto personale di giornalista e consigliere nazionale di Italia Nostra – lo riconosco – vale quel che vale, e non intendo elevarlo come altri han fatto a metro di giudizio assoluto. Così come vale quel che vale riportare il giudizio positivo di molti architetti e progettisti a cui si oppongono altri architetti (dio ci scampi dalle baruffe degli architetti!).

Il Monte Stella, polmone verde importantissimo per una intera zona di Milano, non ne avrà disdoro come non lo ha avuto finora ospitando il famoso “Giardino”. Anzi, ne trarrà un valore di evocazione ancora più alto. Così almeno la pensa la Soprintendenza di Milano delle Belle Arti e del Paesaggio, che a metà dello scorso giugno ha condotto un sopralluogo dell’area per valutare il nuovo progetto voluto dai responsabili del Giardino per tener conto delle critiche avanzate.

Premesso che il Parco non è sottoposto a vincolo (anche se almeno un vincolo storico a questo punto, e anche grazie al Giardino dei Giusti, se lo sarebbe guadagnato), il progetto ha quindi passato l’esame della Soprintendenza. Il progetto, infatti, per usare le parole dell’ente del MIBACT, “si concretizza prevalentemente nella sistemazione a terra delle aree verdi e di sosta” riducendo di molto le opere architettoniche che il primo progetto prevedeva. In sostanza rimangono tutti gli alberi, le poche opere in altezza si riducono, le parti in pietra “saranno del tipo ‘inerbito’, con uso di materiale simile a quello utilizzato per le scarpate”. Insomma, mimesi assoluta, toni smorzati, progettazione in punta di piedi.

Il sopralluogo della Soprintendenza si chiude con il riconoscimento che il nuovo progetto mette in risalto “un luogo deputato alla memoria coerente con il significato storico del Monte Stella”. Macerie materiali di cui il Monte è fatto, e macerie della storia, da cui spuntano felicemente – per nostra fortuna – “alberi” di resistenza e dignità che tanto hanno già insegnato e ispirato a chi in questi anni ha partecipato alle celebrazioni del “Giardino”.

Tutto questo non è bastato a far rientrare la protesta, che anzi si è andata radicalizzando, fino a sfociare in un ricorso al TAR in discussione in questi giorni, per fermare di nuovo tutto. La morale della vicenda l’ha tirata lo stesso Gabriele Nissim in uno dei suoi ultimi interventi: “Nessuno di loro si è mai preoccupato di comprendere lo scopo morale, soprattutto educativo, di tutto il progetto; non una sola parola sul senso generale della qualificazione del giardino; nessuna sensibilità sull’importanza che il Giardino dei Giusti ha acquisito sul piano internazionale, come riferimento per decine di Giardini in Europa e nel mondo; nessuna attenzione all’impegno per la prevenzione dei genocidi e la valorizzazione di coloro che difendono la vita e la dignità umana nelle situazioni estreme”.

Migliaia di giovani in questi anni hanno trovato nel Giardino dei Giusti un’oasi della memoria, imparando a riflettere su cose molto lontane da quelle normalmente offerte dalla – chiamiamola così – industria culturale. Le memoria, l’orrore dei totalitarismi, la religione della libertà, il martirio laico e religioso. Un luogo che unisce uno spicchio di verde della nostra città al Giardino dei Giusti dello Yad Vashem di Gerusalemme, al Giardino di Erevan, in Armenia, e a tanti altri.

Forse – come ha spiegato con sottile ironia durante una delle ultime presentazioni del libro “La lettera a Hitler” lo psicanalista Haim Baharier, “tutto questo polverone sul Giardino è un bene. Anche da questo ne sorgerà un dialogo; prima o poi il tutto si tradurrà in un bene”. E così speriamo che sia. Per la buona figura di tutti.

 

Luca Carra

 



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