23 dicembre 2015

CRISI AMBIENTALI: CITTÀ METROPOLITANA SE CI SEI BATTI UN COLPO


Il 2015 riguardo all’anno precedente che aveva inflitto a Milano, grazie all’esondante Seveso e non solo, ben otto allagamenti di cui due gravi (7 luglio e 15 novembre) si è pentito e ha assicurato una prolungata siccità con conseguente elevato inquinamento atmosferico: l’altra faccia della medaglia. Ma se sulla prima emergenza può solo Giove pluvio, esclusa un’improbabile de-cementificazione forzata dell’area compresa tra Senago e Niguarda nonché altrettanto difficili dirottamenti idraulici in vasche volano, scolmatori, laminatori, ecc. sulla seconda interviene la Città Metropolitana.

07ballabio45FBPrima c’era la Provincia, con le sue regolari alternanze politiche e altrettanto costanti impotenze operative. Ora c’è la nuova “Città” ma in caso di inquinamento atmosferico alle stelle la situazione purtroppo non è cambiata di una virgola. Così dopo vani scongiuri al soprannominato Giove (ma anche Eolo andrebbe bene) dopo 14 giorni di allarme scatta il “protocollo antismog” ovvero il divieto per i mezzi euro3 diesel e la riduzione di un grado dei termostati degli impianti di riscaldamento: ma è solo una raccomandazione. Tocca ai sindaci del variegato hinterland adottare tali misure (e del caso controllarne l’applicazione) ma non ne sono obbligati.

Infatti “le risposte arrivano alla spicciolata e in modo disordinato”. Che fare allora? È semplice: una “cabina di regia” che “scriverà un elenco di quali Comuni applicheranno le misure antismog” a cominciare dallo straordinario Comune di Milano che “regala il biglietto a chi accompagna i figli a scuola con i mezzi” (Anna Scavuzzo, Consigliere metropolitano delegato all’ambiente, La Repubblica 11/12/2015). Passiamo dunque dall’emergenza alla prevenzione: mosse precauzionali avverso possibili azioni penali come si erano avviate fin dal lontano 2009 nei confronti dei rappresentanti legali delle maggiori istituzioni interessate: Regione, Provincia e Comune di Milano (vedi “Inquinamento uno e trino” su ArcipelagoMilano del 22/12/2009).

Simmetricamente resta la questione del rischio alluvioni. L’area metropolitana, sotto il profilo del regime delle acque di superficie, si configura come un imbuto delimitato ai lati dai tratti sub-lacuali dei due maggiori fiumi che si avvicinano nella strettoia tra Pavia e Lodi, e a nord dai monti del triangolo lariano. In mezzo Olona, Seveso e Lambro nonché una pletora di rogge e torrenti, canali e scolmatori, più lo storico sistema a conche dei Navigli. Ma chi governa questa vasta e intricata rete, tenuto conto che il suo regime non può essere isolato dal contesto del suolo emerso, tenuto a verde oppure edificato o comunque impermeabilizzato? Non basta una necessaria ma non sufficiente autorità deputata al regime delle acque, bensì occorre governare il territorio con una visione d’insieme: il contrario di quanto avvenuto con la frammentazione e de-regolazione degli ultimi decenni.

Purtroppo è ormai tardi, la percentuale di impermeabilizzazione del suolo nell’area metropolitana è prossima, o ha già oltrepassato, la soglia di sostenibilità. Eppure negli anni ’70 un’acuta e preveggente intellettuale milanese, Laura Conti (medico, proto-ecologista e consigliere regionale del PCI), aveva ammonito del rischio e proposto una misura allora ancora efficace: la salvaguardia a verde di ampie “fasce di rispetto” lungo gli alvei dei corsi d’acqua. Un’urbanistica alla rovescia che avrebbe dovuto partire dalla naturalità dei bacini fluviali quale variabile indipendente, invece che da asfalto e cemento. Cassandra ovviamente non è stata ascoltata. Si arriva solo ora a legiferare sul “consumo di suolo”, per altro a scoppio ritardato, incentivandone l’uso nel triennio residuo; ma è un chiudere la stalla quando i buoi sono quasi tutti scappati.

Sarebbe allora necessario un livello di governo metropolitano dotato di autonomia e autorevolezza sufficienti a fornire ai Comuni un minimo denominatore di razionalità e adeguatezza, almeno riguardo l’uso di risorse fondamentali quali il suolo, l’acqua e l’aria. E invece la forma istituzionale è arrivata tardi, spezzata nella strategica parte nord, debole sul piano amministrativo e insicura su quello politico. Un vaso di coccio tra vasi di acciaio inossidabile quali Regione e Comune capoluogo. Vittima di una legge improvvisata ed elusiva, rassegnata nel presente e in fuga verso aleatorie “elezioni dirette” e “piani strategici” da rinviarsi in un incerto futuro (come emerso plasticamente nella sconsolante seduta del Consiglio metropolitano del 3 dicembre avente per oggetto la propria medesima situazione, assente peraltro il Sindaco “doppio brodo”). L’imminente campagna elettorale saprà andare oltre l’etichetta, per ora applicata a un pacco vuoto?

 

Valentino Ballabio



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